Immaginare il futuro del proprio quartiere. Risolverne problemi e conflitti interni. E farlo a partire da un plastico, un semplice modellino che potrebbe rappresentare l'inizio della svolta, per lo meno quella abitativa. Siamo a Cajazeiras, un comune a pochi chilometri da Salvador de Bahia, in Brasile, dove le abitazioni abusive che sono state costruite intorno ai palazzoni nati tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80 per essere destinati a funzionari pubblici e classe sociale media-bassa, hanno dato vita nel tempo a una vera e propria favela.
Oggi Cajazeiras conta 600 mila abitanti. In molti sono arrivati dalla città di Salvador e, non riuscendo a ottenere una casa, hanno occupato il suolo intorno al complesso di palazzi, generando conflitti interni tra chi vive nelle strutture cosiddette “formali” e chi in quelle “informali” spesso improvvisate.
Mancano scuole, strutture sanitarie e tutte le infrastrutture necessarie a una comunità di migliaia di abitanti. Servizi carenti già prima del crescere esponenziale delle abitazioni abusive, e che nel tempo lo sono diventati sempre di più.
Alcuni giovani ragazzi del progetto sociale “Casa Do Sol”, nato nella zona nel 1997 per offrire un punto di riferimento e di formazione permanente agli abitanti della favela e sostenuto da ProgettoMondo Mlal, hanno quindi realizzato un plastico di come vorrebbero diventasse il comune in cui vivono. Un modellino presentato di recente alla Facoltà di architettura dell'Università di Firenze, intenzionata a chiedere all'Unione Europea i finanziamenti necessari a intervenire concretamente sull'assetto urbanistico di Cajazeiras.
Altair Honorato Pachelo, detto Tatà, è uno dei 27 educatori di Casa Do Sol. È venuto in Europa per partecipare a un convegno sulle periferie a Zurigo e incontrare poi docenti e studenti dell'Università di Firenze, cui presentare, oltre al plastico, anche le attività e la storia dello spazio in cui lavora.
Fondata dal missionario della diocesi di Bolzano, padre Luis Linter, e dalla volontaria laica Pina Rabbiosi, Casa Do Sol è stata pensata per dialogare con la comunità del luogo, prima di tutto individuando e formando leader all'interno di essa, per poi dare vita a uno spazio centrale per famiglie e bambini.
“Lavoriamo con un degrado umano spesso avanzato – spiega Tatà -. Il nostro intento è di aiutare queste persone e riscattarle umanamente, oltre che dal punto di vista economico e sociale. Ma loro devono essere motivate a intraprendere questo percorso”.
Le 600 persone che frequentano la Casa sono quindi selezionate, oltre che per il disagio economico che le affligge, proprio in base alla loro intenzione o meno di intraprendere un iter formativo permanente. Genitori accanto ai figli, bambini o adolescenti che siano.
“La cosa più bella è vedere come adesso i piccoli che sono diventati maggiorenni vogliano diventare loro stesso educatori per contribuire alla formazione dei nuovi arrivi. Lavoriamo attingendo all'energia che ciascuno può mettere in campo per la comunità di cui fa parte, in un processo in divenire, sempre attento a ripensare metodologie e approcci”.
Tatà è venuto in Italia anche per mettere nero su bianco la nuova convenzione stipulata con ProgettoMondo Mlal, che ne promuove e sostiene gli intenti attraverso il progetto “Casa Encantada” e il programma di sostegno a distanza strutturato e sistematico, che nasce dall'incontro e la visita del luogo.
“Casa Encantada, oltre a far visitare la nostra realtà a persone che molto spesso decidono poi di sostenerci, mette a disposizione anche i propri spazi per i nostri incontri di formazione, e acquista il pane sfornato dalle nostre cucine”, conclude Tatà, che in questi giorni proseguirà la sua permanenza in Italia proprio per incontrare chi già sostiene il progetto sociale per il quale lui è sceso in campo ormai da anni.
Chiara Bazzanella
Ufficio Comunicazione
ProgettoMondo Mlal
lunedì 19 luglio 2010
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