Il 6 gennaio 1992, alle 7 del mattino, la popolazione del paesino di San Carlos Minas, nel nord della provincia di Cordoba, era stata svegliata dai frenetici rintocchi di campana di padre Raul!
Il fiume che circondava il pueblo stava avanzando inesorabile sul centro abitato, e in pochi minuti si era materializzata quella che oggi è ricordata come una delle peggiori inondazioni della storia argentina.
Il bilancio fu all’epoca di 30 morti, case spazzate via dalla furia dell’acqua, popolazione abbarbicata sui tetti, un metro e mezzo di fango nelle abitazioni rimaste in piedi. Il paese era completamente isolato, senza luce né possibilità di comunicare con l’esterno.
E ancora oggi colpisce ascoltare questi racconti, frammenti di vita di persone trasformate per sempre da tragiche esperienze. Sono passati 18 anni dall’inondazione di San Carlos Minas, e la ricostruzione del paesino rappresenta un esempio vivente di come, la partecipazione di un’intera comunità, possa restituire dignità alle persone, aiutandole anche ad uscire rafforzate da quella che altrimenti rimarrebbe solo un’esperienza devastante.
Il nostro partner nel progetto Habitando, Ave, ci ha portato a vedere l’intervento fatto in questo paesino dove, partendo da zero, ha ricostruito 18 case aiutando altrettante famiglie a recuperare una nuova vita. Oggi queste famiglie, che avevano partecipato attivamente al processo di ricostruzione, si sono allargate; hanno migliorato le rispettive abitazioni ampliandole e costruendo nuove stanze. Ne è nato un bel quartiere che rappresenta un esempio di impegno importante.
Durante la visita abbiamo visto ripassare momenti intensi negli occhi di queste persone. Così come quelli raccontati più tardi da Gladis, madre di dodici figli - il più grande di 26 anni e la più piccola di 3 - che vive con il marito nel paese di Unquillo, pochi chilometri fuori dalla città di Cordoba.
Gladis è un’altra beneficiaria di un intervento di Ave che, tre anni fa, ha costruito, in collaborazione con questa amministrazione comunale, 15 nuove case per altrettante famiglie che vivevano in gravi condizioni di indigenza in zone estremamente povere.
La nuova casa ha dato a Gladis la possibilità di uscire da una situazione di grande povertà, di offrire ai suoi figli la possibilità di dormire in un luogo pulito e non più in condizioni igieniche proibitive.
Parlando con lei, di fianco alla nuova abitazione in cui adesso vive, ci si riempie di energia, ci si rende conto di come sia possibile capovolgere la propria esistenza e diventare protagonisti di un cambiamento importante.
Questo dà nuova forza a tutti. Ci fa sentire tutt’un tratto protagonisti a nostra volta, ci aiuta a identificare l’importanza del compito che siamo chiamati a svolgere per favorire un reale cambiamento della realtà di questo Paese, per aiutare molte altre persone come Gladis, grazie a queste nuove politiche di edilizia centrate sulla formazione e l’autocostruzione, a rivendicare una reale opportunità a vivere in maniera dignitosa.
Così, inevitabile, il pensiero corre per un attimo alla nostra Italia, agli attimi terribili della catastrofe dell’Aquila, e delle frane di Messina, che tanto hanno colpito il nostro Paese in quest’ultimo anno, alle necessità abitative di molte famiglie nei quartieri periferici di città come Napoli, Palermo, Milano, Roma e tante altre.
Costruire con protagonismo della popolazione, a partire dal coinvolgimento attivo di ogni singolo abitante. Queste le linee guida del Progetto Habitando che potrebbe adottare anche l’Italia nelle sue politiche di edilizia popolare, nei suoi interventi di emergenza, di ricostruzione.
E probabilmente da queste esperienze argentine, di un popolo che molta storia condivide con noi, potremmo trarre un esempio, una possibilità di risposta diversa e nuova, che possa garantire risultati di pari qualità ma con più risultati anche a livello di integrazione sociale. Perché c’è sempre da imparare …
Nicola Bellin, Capoprogetto Habitando
lunedì 11 gennaio 2010
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