mercoledì 13 gennaio 2010

HAITI DA SOLA NON CE LA FARÀ

“Mesi fa ad Haiti era crollata una scuola e i bambini sono morti a centinaia, semplicemente perché i soccorsi non sono stati capaci di intervenire nei tempi e nei modi necessari. Immaginate cosa succederà ora? Parliamo di un Paese che vive da decenni in uno stato di emergenza cronica!
La grande debolezza degli haitiani, nel non poter rispondere a una crisi come questa, rende necessario davvero uno sforzo fuori dal comune a livello internazionale, per i soccorsi prima, per la ricostruzione poi, anche per le Organizzazione come le nostre che devono poter ripensare a un proprio ruolo. Perché lì manca tutto. Tutto”.

Martino Vinci, 42 anni, originario di Martina Franca (Taranto), responsabile per ProgettoMondo dell’area CentroAmerica, ha alle spalle una notte trascorsa al telefono. Per ora soltanto lui è riuscito a sentire, e per pochi minuti, il nostro cooperante a Port au Prince, e ad assicurarsi che è sano e salvo. Ma ora, dice, “dove alloggeranno centinaia di migliaia di sfollati? Ad Haiti – ricorda infatti - non ci sono strutture, e anche gli edifici che non sono crollati saranno certamente inagibili o potrebbero crollare nelle prossime ore con le scosse di assestamento.
Mancheranno allora tutti i servizi. Non ci sarà combustibile, né luce, gas e acqua. Come sarà possibile vivere in questo modo? Sarà il caos”.
Marino Vinci, cooperante con molta esperienza, si confessa molto scosso. “Forse per la prima volta – dice - sento particolarmente vicina questa tragedia. Forse per l'estrema vulnerabilità che continuo a cogliere in quel Paese”.
Il nostro rappresentante in Centroamerica nutre molti timori anche rispetto alla risposta che a questo punto potrà dare la comunità internazionale: “Ad Haiti non c'è davvero nessuno”, dice. “E sarà estremamente difficile capire anche in futuro a chi appoggiarsi nel post terremoto”.
Secondo Vinci, pur se la presenza della Missione Nazione Uniti costituisce un oggettivo vantaggio oggi per il Paese - non fosse altro perché sono i più attrezzati per intervenire- le immagini del crollo del loro Quartier generale e le notizie dei tanti Caschi blu morti o dispersi, fanno comprendere come la situazione fosse, e resti, assolutamente fragile.
“Era stato già difficile recuperare un pò di normalità in quest’ultimo anno, dopo la recrudescenza degli allarmi sicurezza, l’ondata di nuovi sequestri, l’invivibilità dei quartieri”. Si ritiene che dopo la cacciata di Aristide, alcune frange abbiano infatti ricominciato a riorganizzarsi in associazioni a delinquere legate al narcotraffico e alle estorsioni. Figuriamoci ora – riflette quasi a voce alta Martino Vinci - in queste circostanze aumentano esponenzialmente gli sbandati e quelli senza scrupoli, per non parlare dei problemi di ordine pubblico e di sciacallaggio”.

“Chissà – conclude il rappresentante di ProgettoMondo Mlal ad Haiti - che quest’ennesima catastrofe non sia almeno l’occasione per smuovere l’opinione pubblica riguardo alla questione Haiti, e per dare un nuovo ruolo alla cooperazione internazionale. Perché – spiega Vinci - a differenza di quando passano gli uragani e fanno piazza pulita nelle grandi aree rurali, questa volta a essere colpita è stata la capitale. Dove tutti hanno interessi, conoscenze, rapporti. Se questa volta non sono stati colpiti i centri di produzione, e quindi le capacità di risposta alimentare, è stato però colpito il centro del sistema nervoso del Paese. Un terremoto di queste dimensioni nella capitale porta infatti necessariamente disordine ed incertezza per il futuro, per la situazione economica generale del Paese. Chissà che tutto ciò non richiami magari la diaspora, oggi sono infatti 4 milioni gli haitiani che vivono all’estero…” .

E cosa fare allora? In queste prime ore, devono lavorare solo i soccorsi. Noi come Aiuto allo sviluppo abbiamo innanzitutto il dovere di informare – dice Vinci-. Di osservare attentamente l'evoluzione per capire come sarà più utile intervenire in fase di ricostruzione”.
Mentre non si hanno purtroppo ancora notizie dalle altre zone del Paese colpite dal sisma. Ad ora non sappiamo cosa ne sia di tutti gli insediamenti informali costruiti sulle pendici della catena montuosa che segue la costa, proprio verso la zona dell'epicentro, né se sia ancora in piedi il nuovo Centro di produzione agricola costruito con il Progetto “Piatto di Sicurezza” a Leogane, 50 chilometri ad est dall’epicentro. Sperando che almeno possa essere stato allestito come primo rifugio per le famiglie della zona che hanno perso la loro casa, si continua a lavorare per promuovere un primo intervento di emergenza a sostegno di quanto ci indicheranno i nostri partner ad Haiti.

Per chi fosse interessato ad aderire da subito alla sottoscrizione straordinaria, versamenti su:
Banca Popolare Etica IBAN IT 07 J 05018 12101 000000511320

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