La scuola è una colata di cemento armato. Spenta e grigia, ma non lugubre. Ci accolgono un centinaio di facce diverse a rappresentare la mista composizione del Brasile.
Tutti in divisa guardano come siamo vestite…Quanto è bianca e bionda Francesca? E chi è quella tipa con gli occhiali??
Nei corridoi l’atmosfera è un po’ cupa, ma ci sono piccoli particolari che riportano colore e allegria, come il cartellone dei compleanni con tutti i nomi dei ragazzi da festeggiare questo mese. C’è stato un disguido, e la preside non era a conoscenza del nostro arrivo. Non c’è un’aula disponibile… per un attimo si scatena il panico.
Ma in fin dei conti ci troviamo in Brasile, “tudo vai dar certo” (tutto si sistemerà) uno spazio si trova sempre con un “jeitinho” (seguendo l’abilità brasiliana di cavarsela sempre, in un modo o nell’altro).
E così compare un’aula, si prepara il classico buffet e siamo pronti a incontrare i professori. Intimiditi gli insegnanti mi scioccano: corpi stanchi, martoriati, privi di linfa vitale, dallo sguardo spento. A un occhio inesperto e straniero può sembrare assurdo. Queste persone sono quelle che dovrebbero incanalare i ragazzi verso un futuro ricco di curiosità, fornendo loro gli strumenti per affrontare la vita.
Si comincia a chiacchierare in gruppo e il quadro diventa chiaro.
Le storie che hanno da raccontare sono durissime. Abusi intrafamiliari ed extrafamiliari, minacce, droga, solitudine, impotenza, violenza da parte della polizia, omicidi, e per alunni trafficanti di droga che in classe seminano il terrore e dettano legge.
Una paga da fame e quasi nessuna prospettiva di miglioramento. Questo è il loro mondo. Il loro quotidiano.
Ma questi stessi insegnanti si sono interessati molto al corso avviato dal progetto La Strada delle Bambine, per la prevenzione e la lotta allo sfruttamento sessuale di bambini adolescenti.
Sono coraggiosi, vogliono partecipare al cambiamento, al miglioramento della vita dei loro ragazzi perché, malgrado gli occhi stanchi, li amano e ci tengono a offrire loro una prospettiva differente. È la cooperazione di cui ha bisogno il Brasile in questo momento: formazione partecipata. L’attenzione particolare che ricevono le favelas della zona sud di Rio de Janeiro, con la realizzazione dei tipici centri di animazione per i ragazzi, non bastano. C’è bisogno di collaborare anche con queste persone e accompagnarle e sostenerle affinchè i giovani possano sentire voci di positività, ottimismo e alternative possibili. Loro ce la stanno mettendo tutta.
Chi, come quegli insegnanti, andrebbe a vivere nel distretto di Duque de Caxias, dimenticato dallo Stato e lontano dalle luci della zona sud di Rio de Janeiro? Non per un mese di volontariato, non per sporadiche visite durante il servizio civile, non un paio d’anni ma… per una vita??!
Il Brasile ha ancora bisogno di aiuto, nonostante la testarda volontà del governo di trasmettere esclusivamente un’immagine di grande e prospera potenza economico-politica.
Sono ormai pochissimi i fondi erogati in quanto la situazione del Paese viene classificata come “non prioritaria”.
Ma il Brasile ha ancora bisogno di aiuto, nonostante gli enti finanziatori la pensino diversamente.
Sarah Reggianini,
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile
martedì 7 settembre 2010
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