mercoledì 15 settembre 2010

In Brasile, dove la bellezza nasce dal niente

Un nuovo racconto su alcune delle realtà incontrate a Rio de Janeiro da chi, ad agosto, ha partecipato al progetto Kamlalaf del Comune di Piacenza. A scriverlo è Federica Lugani, che ha viaggiato in Brasile con ProgettoMondo Mlal.

Sono tornata dal Brasile ormai da un po’ …e non posso fare a meno di ricordare. Riguardo i video che ho girato tra Salvador de Bahia e Rio de Janeiro, cerco musiche brasiliane, leggo libri che indirettamente ne parlano, ringrazio il cielo che siamo figli della globalizzazione, e tramite internet, ricerco il contatto con un altro mondo lontano migliaia di km, che ha saputo darmi tanta ricchezza da farmi ammettere: ebbene sì, sono vittima anch’io della famosa saudades!
Sono stata in Brasile insieme ad altri giovani della mia età, grazie al progetto Kamlalaf del Comune di Piacenza,e al gruppo locale ProgettoMondo Mlal di Piacenza che vi ha partecipato, dandoci così l’opportunità di vivere un viaggio di vero turismo responsabile.
Dopo dieci giorni a Salvador de Bahia, ci siamo spostati a Rio de Janeiro. Qui, grazie alla guida di Francesca Menegon, cooperante Mlal, e di Sarah Reggianini, del servizio civile, abbiamo conosciuto iniziative stupende, progetti sociali ammirevoli. Tra questi, il lavoro dell’associazione “Raizes in movimento” della favela “Complexo do Alemao”, un’associazione di giovani impegnata a incentivare l’economia locale della favela attraverso l’utilizzo della pubblicità, della grafica. Michael, uno dei ragazzi di Raizes, è fotografo. Grazie a una borsa di studio ha potuto partecipare a un corso ma, nonostante le opportunità in più ricevute, dice : “io sono nato in favela e desidero rimanere qui”. È risaputo, il cambiamento migliore viene da dentro, e i ragazzi ne sono fortemente consapevoli. Stupisce comunque il loro forte senso di appartenenza, e il desiderio di dedicare la propria arte a un bene comune. Vivere a “Complexo do Alemao” non sembra infatti così facile. La favela si districa lungo una montagna, i trafficanti tengono tutto sotto controllo, mancano diversi servizi, ma il governo sembra non esser mai sceso fin quaggiù, per sentire di cosa abbia veramente bisogno la gente. Non a caso, David, altro responsabile di Raizes, si lamenta per i recenti interventi del Pac, un programma di intervento del governo, perché sembrano imposti dall’alto, senza il coinvolgimento della popolazione. “Stanno costruendo per esempio – ci dice- una teleferica che metterà in comunicazione due punti della città, ma manterrà isolate le favelas in mezzo, e non è un servizio utile alla pari dell’acqua o della luce, che ogni tanto fatica ancora ad arrivare alla popolazione”.

Un altro esempio di come l’intraprendenza dal basso possa arrivare laddove i governi ancora sonnecchiano, è il centro culturale “A historia que eu conto”, situato in un’altra favela di Rio, chiamata Villa Alianza. Qui una vecchia scuola abbandonata è stata spontaneamente occupata qualche anno fa da un gruppo di abitanti, per divenire ben presto il fulcro dell’attività culturale della zona. Il centro infatti, ha una biblioteca, laboratori di graffiti, stampa su maglietta, teatro e danza hip-hop. Dopo aver iniziato in maniera autonoma, ora, come Raizes, il centro gode dell’appoggio di diverse ong locali, tra queste c’è anche FASE, con cui ProgettoMondo Mlal ha collaborato per “Dereichos direitos”, un progetto rivolto ai giovani delle favelas, di cui Piacenza stessa ha avuto un assaggio nel marzo del 2009, quando furono ospiti del Tavolo per la Pace due giovani musicisti brasiliani della band Grupo Zamboo.
Ancora una volta rimaniamo stupiti di come possa nascere la bellezza dal niente, grazie all’intraprendenza e alla lungimiranza delle persone. E i frutti poi, sono tanti. Uno dei ragazzi responsabili del gruppo di teatro, ci mostra infatti alcune delle produzioni del gruppo. Alla consegna, “racconta che cosa vorresti fare da grande, qual è il tuo sogno”, una ragazzina risponde: “io vorrei fare la differenza”. Non può che commuoverci una tale promessa di speranza.

E non c’è due senza tre. Un’altra stupenda realtà incontrata a Rio, è quella del circo sociale “Crescer e Viver”. Un tendone situato nelle prossimità di un quartiere periferico di Rio ospita i tanti ragazzi che per tre pomeriggi alla settimana partecipano alle “officine”, i laboratori gratuiti di arte circense. Hanno tutte le età, e già da piccoli si divertono a fare salti, capriole, acrobazie sul trapezio o sull’anello, a girare in monociclo e roteare le palline. Il circo però, anche qui è solo un pretesto per fare educazione, come ci spiegano i responsabili Junior Perim e Vinicius Daumas. Uno un ex-ammazzapolli, l’altro un pagliaccio, che incontrandosi hanno dato vita a un grande progetto artistico ed educativo. Attraverso il circo, infatti, i ragazzi ricevono preziosi insegnamenti dai ragazzi più grandi, come il valore della costanza e dell’impegno. Soddisfano il loro bisogno di riconoscimento da parte della comunità grazie agli spettacoli messi in scena, si sentono capaci e portatori di una grande arte, ma soprattutto di un grande entusiasmo per la vita. “Noi non vogliamo – dice Vinicius - che la gente venga a vedere i nostri spettacoli perché ci sono i “poverini” delle favelas che fanno le acrobazie. Vogliamo che la gente venga perché sappiamo offrire uno spettacolo di grande qualità artistica”. La consapevolezza è tanta, e si capisce perché “Crescer e viver” stia facendo molta strada. Gli spettacoli dei giovani più grandi, sono portati in scena non solo in Brasile, ma anche in Europa, e i temi trattati sono i più disparati, dalla vita dell’artista ad alcuni aspetti della quotidianità di Rio, come le predicazioni del ”profeta della gentileza”. Per questi giovani, da poco è stata anche aperta una vera e propria scuola per diventare operatori dell’arte circense, per poter essere anche più competitivi sul mercato del circo. Educazione, lavoro e intervento sociale, sono tanti quindi gli obiettivi di “Crescer e Viver”, un altro esempio che ci ha arricchito, dimostrandoci come l’arte in Brasile, sappia sempre rivolgersi alla realtà sociale intorno, e come sia forte qui, il monito di un noto poeta: “l’artista deve sempre stare dove sta il popolo”.

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