Miriadi di pedoni, motorini di piccola cilindrata e ciclisti. E nessuna luce, nessun catarifrangente, né giubbetti di sicurezza per essere più visibili. Sulle strade di Marrakech, specie di notte, manca il senso del pericolo. La gente sfreccia, spesso vestita di nero e, se in motorino, senza casco. E, per chi non è abituato, dalla visione notturna alle allucinazioni, anche collettive, il passo è breve: le sagome di viandanti iniziano a materializzarsi e moltiplicarsi per poi rarefarsi a distanze ravvicinate, con la continua ansia di dover sterzare all’ultimo secondo.
All’iniziale terrore di investire qualcuno, con tutto quello che comporterebbe (comprese anche una o più notti notte di carcere), si sostituisce una visione notturna degna di un felino: si iniziano a riconoscere sagome pedalanti o camminanti a distanze sempre più consistenti.
Ma con l’esperienza si comincia a capire anche come mai in questo Paese sia davvero fondamentale rallentare in maniera consistente in prossimità dei centri abitati, e come questo spesso non sia sufficiente: si possono incontrare giovani a passeggio a piedi o in bici in piena statale, a svariati km dai paesini più vicini. Ma cosa faranno, dove staranno andando o da dove staranno tornando questi marocchini amanti del footing?
E non si rendono conto del pericolo? non hanno paura di morire o di provocare un incidente? La risposta a queste domande sarebbe probabilmente sempre la stessa: “incha’Allah!” Se Dio decide che è giunto il tuo momento per morire, sarà così, giubbotto catarifrangente o meno.
Maria Grazia Depalmas, casco bianco di ProgettoMondo Mlal in Marocco
martedì 15 giugno 2010
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