Arcadio è silenzioso e i suoi movimenti sono lenti ma energici, come solo quelli dei contadini sanno essere. Ha una mente imprenditoriale, è molto attento al mercato della frutta e capta bene le tendenze. L’anno scorso, per esempio, visto l’aumento del prezzo dei fichi d’india, ha piantato un centinaio di cactus.
Arcadio ha cinquant’anni ma ne dimostra una settantina, e la prima cosa che mi ha colpito di lui è l’esiguo numero di denti che gli restano in bocca. In certi momento si diverte come un bambino, ride tanto da lacrimare e ha fa una faccia furba da monello.
Arcadio ha sette figli, tre femmine e quattro maschi. Vivono tutti in Argentina, tranne il più piccolo che ha sedici anni. Secondo Arcadio appena finito il liceo anche l’ultimo raggiungerà i fratelli. In Argentina si guadagna meglio e poi lì non è che ci sia molto da fare per un ragazzo di vent’anni.
Arcadio ha lavorato in Argentina per quindici anni. Lo prendevano come manovale le grandi imprese di produzione agricola. Si faceva la stagione del raccolto e quella della semina. Partiva a fine gennaio e tornava a settembre poi, il resto dell’anno, lo passava a curare il suo di campo, lui faceva l’aratura e la semina e, quando ripartiva, la moglie e il figli pensavano alla raccolta.

In AIPAI invece Arcadio è il tecnico agrario addetto a seguire la produzione dei soci. Non ha la patente e per visitare le comunità in cui ci sono dei soci va sempre a piedi. Viste le distanze quasi sempre, per essere puntuale agli appuntamenti, si sveglia prima delle tre. A quelli della sua camerata la cosa dà piuttosto noia, Arcadio infatti non ha l’orologio e per sapere l’ora deve sempre chiederla a qualcuno.
Martino Bonato, casco bianco in Bolivia di ProgettoMondo Mlal
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