Alla fine è sempre lui il grande protagonista, Maradona.
Non bastano le cavalcate di Messi, che apre spazi nel campo, né i goal di Higuain su cui sfoga libera la tensione dei tifosi, né tantomeno i morsi velenosi dei coreani che perforano la barriera argentina anche quando meno te lo aspetti.
Ma poi, è sufficiente che un pallone, lanciato in un traiettoria casuale, tagli lo sguardo di Diego Armando Maradona seduto serio e concentrato in panchina, che subito, el pibe de oro, esce dal ruolo di allenatore e torna il calciatore più grande del mondo. Così, quasi senza accorgersene, senza abbassare nemmeno lo sguardo alza dolcemente il tacco e colpisce il pallone con una precisione incredibile, facendolo tornare in campo. Quasi a volere dire “Torna da dove sei venuto, il tuo posto è in campo!”.
Il re del calcio mondiale fa sempre parlare di sé, molto più che dei suoi giocatori, anche in questo mondiale. L’Argentina da oggi è anche a tutti gli effetti “el equipo del Diego”, non la squadra di Messi.
La sensazione è che se quest’uomo -artista del pallone e creatore di emozioni- dovesse vincere i Mondiali anche da allenatore, non potrebbe esserci per anni in Argentina altro leader così forte e riconosciuto, tanto da superare la propria immagine e, in un colpo, surclassare San Martín il liberatore, il presidente Perón con la moglie Evita, e, perché no, il mito dei miti, Ernesto Che Guevara.
In questo caso Maradona, già leggenda vivente, verrebbe definitivamente consacrato dalla storia.
Stamattina (17 giugno) avevo preso l’autobus alle 7.30, per poter arrivare al lavoro prima delle 8. Perché, dalle 8 in avanti, i taxi si sono fermati, le strade svuotate e molti autobus hanno cancellato la loro corsa.
L’Argentina ha vinto 4 a 1, soffrendo un pò ma mai barcollando. Ora l’Argentina fa paura davvero, Diego fa paura.
Quella tremenda Corea del Sud che eliminò l’Italia dai Mondiali 8 anni fa, oggi si è piegata ed è un grande giorno di festa per tutti.
Nicola Bellin
ProgettoMondo Mlal Argentina
giovedì 17 giugno 2010
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