A un anno di distanza dalla “rivolta del pane” poche delle cose rivendicate dalla popolazione maputense, nei due giorni di scontri e violenza del settembre scorso, sono state soddisfatte e quasi nulla è cambiato.
La rivolta è scoppiata per l'aumento dei prezzi di prima necessità, come pane, zucchero e riso. Una rapida organizzazione tramite sms ha portato tutti in piazza a manifestare.
Per calmare gli animi il Governo Mozambicano aveva annunciato un sistema di misure per congelare l'aumento dei prezzi. Sarebbe stata una vittoria per chi è sceso in piazza, ma nella pratica poche di queste misure sono state adottate o hanno avuto gli effetti sperati.
Le motivazioni della rivolta di un anno fa sono vive tutt'ora. I prezzi continuano ad aumentare: del 3% nel 2010, secondo l'Istituto Nazionale di Statistica (INE), anche se un’inchiesta del giornale ha scoperto un significativo aumento del 15- 20%.
A partire dal bene di base per eccellenza: il pane.
All'interno del sistema di misure adottato dal Governo era previsto un sussidio per l'acquisto della farina, per congelare gli aumenti dei costi delle materie prime per la produzione di questo bene. In realtà l'effetto subliminale è stato rispettato: il pane continua ad avere lo stesso prezzo. Ma il peso di ogni unità, stabilito per legge, è diminuito. Questo anche perché manca un organismo di controllo, l'unico esistente risale all'epoca coloniale. Per esempio il pane venduto in una panetteria di Nampula, che dovrebbe pesare 250 gr, supera di poco i 180 gr.
Simile discorso deve essere fatto per il riso, anche il prezzo di questo bene continua a salire. Il Governo aveva deciso di abbassare il prezzo di questo cereale del 7,5%, ma solo per il prodotto di terza qualità che non è mai arrivato al mercato.
Lo zucchero costa più che in Italia, anche se il Mozambico è uno dei primi produttori mondiali e un quarto dello zucchero che arriva in Europa è mozambicano.
Anche i consumi domestici continuano a salire, come la luce e l'acqua. Nel sistema di misure adottato era stato ritirato l'aumento dei prezzi per chi consuma mensilmente fino a 100kWh, e mantenuto uguale il prezzo dell'acqua per i consumatori fino a 5mila litri. Queste misure hanno avuto pochissimo impatto sulla popolazione mozambicana. 100 kWh, come 5mila litri d'acqua, non sono sufficienti per una famiglia tipica, costituita per lo meno da 5 persone, per cui quasi nessuno riesce a rientrare nel “livello di consumo protetto”.
Un intervento parallelo è derivato dalla paura dell'esecutivo in quei giorni di scontri. Il Governo mozambicano ha dovuto fare i conti con una popolazione stanca, una massa critica che protesta in piazza. Per impedire o meglio disciplinare eventi similari in futuro è stata adottata la registrazione delle sim telefoniche con documento e nominative, una nuova limitazione alla libertà di scambio di informazione informale. Basta pensare che il Governo in quei giorni dello scorso settembre si è visto costretto a bloccare la rete di comunicazione telefonica, per paura che la rivolta potesse continuare. Decisione saggia visto che questa si è spenta poco dopo e chi ha protestato è tornato a casa convinto delle buone azioni dell'esecutivo e della fine delle proprie sofferenze.
Concludendo, le misure adottate non hanno in definitiva avuto effetto nella vita dei mozambicani, dei quali il 70% affrontano ancora una situazione di estrema povertà nelle aree suburbane e rurali e con un deficiente accesso ai beni basici.
Sara Laruffa
Casco bianco ProgettoMondo Mlal Mozambico
lunedì 21 novembre 2011
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