Domenica 6 novembre ha avuto luogo il secondo turno delle elezioni presidenziali in Guatemala nonché la ripetizione di alcune elezioni municipali per le quali erano stati sospettati brogli e irregolarità in occasione del primo election day, l’11 settembre scorso. Il risultato, aspettato ma non auspicato da vari analisti, è stato segnato dalla vittoria dell’ex-generale Otto Pérez Molina (Partito Patriottico - PP) con il 53,74% dei consensi contro il rivale Manuel Baldizón (Lider) che si è fermato al 46,26%.
I dati elettorali sono comunque interessanti e parlano abbastanza chiaro. L’affluenza generale è stata piuttosto bassa, intorno al 60%, simbolo di una società che non si è vista particolarmente rappresentata dai due candidati in lista al secondo turno, entrambi portatori di interessi particolari: l’esercito e il narcotraffico da un lato, le grandi imprese dall’altro. Entrambe le proposte di governo portavano con sé misure più o meno restrittive e coercitive per poter affrontare il problema grave della violenza, che miete diversi morti al giorno.
È mancata però un’analisi più strutturale e una rappresentanza politica di una società che non vede nel basso livello di educazione (penultimo posto per qualità di istruzione in tutta l’America Latina) e nel mancato appoggio al settore primario (con conseguente alto livello di denutrizione) i due pilastri su cui si potrebbe effettivamente basare lo sviluppo di uno Stato con risorse e con un patrimonio storico-culturale forte. Le stesse basi che permetterebbero una riduzione esogena della violenza.
Dietro alle ottimistiche offerte di impiego, sicurezza e più genericamente di un “cambiamento”, poche sono state le proposte concrete e in questa seconda fase di campagna sono venute piuttosto dallo sfidante a capo della formazione Lider.
Pérez Molina ha infatti incentrato la sua campagna sulla repressione delle bande irregolari e sulla sicurezza a tutti i costi e con tutti i mezzi. Ed è proprio quest’arbitrarietà dei mezzi che crea grandi preoccupazioni in una parte della società.
A ragione della lotta per la difesa della sicurezza, Pérez Molina ha vinto nelle città, dove ne è più sentita l'esigenza, e questo gli ha consentito di avere il numero di elettori più alto.
Città del Guatemala (dove il PP è arrivato al 65% circa), Mixco, Quetzaltenango (unica provincia del nord a votare patriota), Antigua e Chimaltenango sono state le città e rispettive Provincie vinte dal PP, insieme alla fascia frontaliera con l'Honduras e la parte orientale, per un totale di 10 provincie. Tutto il nord e la fascia costiera pacifica, per un totale di 12 provincie, sono stati invece vinti da Lider. Il paragone numerico non conta però sulla popolosità delle stesse provincie e l’elezione ha consacrato il generale dalla “mano dura” alla presidenza per i prossimi quattro anni.
Giustamente, al giorno d’oggi si parla di due Presidenti: un presidente delle città e un presidente delle provincie. A conferma di questo, sembra esserci anche il fatto che Manuel Baldizón possa essere il capo dell’opposizione per i prossimi quattro anni, a seguito del condivisibile discorso post-elezioni, nel quale ha augurato un buon lavoro a Pérez Molina ma allo stesso tempo ha assicurato di voler seguire l’operato del Presidente in base alle promesse elettorali. Un bel segno di partecipazione politica che si spera riesca a spazzare un po’ di nubi di incertezza che si continuano ad accumulare sulla presidenza del 14 gennaio prossimo.
Edoardo Buonerba
casco bianco ProgettoMondo Mlal Guatemala
mercoledì 9 novembre 2011
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