Era il 5 dicembre 2009 quando sono arrivata a Rio de Janeiro.
Sul taxi per arrivare in città mi ero messa a chiacchierare con l´autista e ricordo che la prima cosa che mi ha chiesto è stata per che squadra di calcio tifassi.
Sapevo bene che in Brasile il calcio è religione, ma quando te ne rendi conto di persona è un´altra cosa.
Con sua grande delusione gli ho dovuto dire che il calcio non mi piace molto e che non sono tifosa di nessuna squadra. Ma ho subito colto l´occasione per chiedergli se fosse contento del fatto che il Brasile avrebbe ospitato la coppa del 2014. Prevedibilmente mi ha risposto di sì, "contentissimo".
Ma come mai era così contento? Mi sono chiesta. Cosa significa per il Sig. João che il proprio paese ospiti un evento del genere?
Comincia a spiegarmi. Hanno fatto sapere al Sig. João che ospitare la coppa nel 2014 e le olimpiadi nel 2016 farà un gran bene all’economia del suo paese e che pioveranno una valanga di soldi. Inoltre è contento perché un evento calcistico mondiale in Brasile, è speciale!
In questi mesi ho parlato di calcio con molte persone.
Volevo capire cosa significasse questo sport qui, il modo di tifare per la propria squadra, a mio avviso ossessivo.
Quello che ho potuto capire è che è un amore che ha priorità quasi su tutto.
Che è una passione tramandata in famiglia. Che pur restando un monopolio del mondo degli uomini coinvolge le donne molto più che in Europa. Far parte di una tifoseria concede un senso di appartenenza, regala emozioni forti, dalla grande euforia per una partita vinta, alla settimana vissuta male se la domenica si è stati sconfitti.
Volevo venire a contatto con tutto questo e una domenica mi sono messa d’accordo con degli amici e mi sono recata al “tempio”: lo stadio Maracaná! A giocare erano il Flamengo contro il Botafogo e in ballo c’era la coppa dello Stato di Rio de Janeiro. Era il 19 aprile.
Devo dire che è stato fantastico. Già dalla mattina i veri tifosi non si tenevano... fremevano per fare tutto con una fretta che in Brasile non si vede mai, elettrizzati e determinati ad arrivare allo stadio il prima possibile per sistemarsi, prepararsi spiritualmente, scaldare le corde vocali e i muscoli pronti per il fischio d´inizio.
Tutti in piedi... guai a chi si siede se no ti senti dire: “cosa sei venuta a fare...?!”.
Ho ascoltato affascinata le variopinte rime indirizzate all’arbitro e alcuni insulti dedicati alla squadra avversaria. Ma più che altro risuonavano in curva canzoni per esaltare la torcida, la tifoseria, l’amore incondizionato per la squadra, e l’invincibilità di questa.
Le gambe hanno trovato un momento di riposo solo nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo... Pochi minuti ed è gooooooooooooool.
Metà del Maracaná si è levato in un unico grido di festa. E poi abbracci, salti.... favoloso.
Il Botafogo ne è uscito vincitore e per un anno sarà detentore dello scudetto.
I tifosi flamenghisti si sono trascinati verso l’uscita con musi lunghi, spalle inarcate e il pensiero della grande festa mancata.
All’uscita del Maracanà si sono fatti sparire tutti i segnali di passione rosso nera e ci siamo trovati davanti decine di poliziotti in tenuta anti-sommossa con dei manganelli che così lunghi non li avevo mai visti. Qualche attimo di tensione, ma tutto è scemato e si è rientrati quasi in silenzio. In metropolitana si è tentato di non incrociarsi con la tifoseria avversaria. Tutto è filato liscio.
Verso casa, a malapena un saluto. Le facce imbronciate a preannunciare l’inizio di una lunga e dolorosa settimana.
Sarah Reggianini
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile
lunedì 26 aprile 2010
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