“Non abbiamo paura di nessuno e andremo avanti perché si possano realizzare le elezioni previste per il prossimo 29 novembre”.
Parole sprezzanti quelle pronunciate dal presidente dell’Honduras eletto con il colpo di stato del 28 giugno scorso, Roberto Micheletti, alla notizia che gli Stati Uniti avrebbero deciso di sospendere ogni tipo di aiuto finanziario (circa 200 milioni di dollari) e che sono intenzionati a non riconoscere la legittimità del candidato che sarà eletto a novembre di quest’anno.
Dopo 70 giorni di manifestazioni e scioperi contro il governo, Micheletti incassa un altro duro colpo.
Circa dieci giorni fa gli USA avevano deciso di sospendere l’emissione del visto di entrata al paese a tutti coloro che fossero coinvolti nel colpo di stato: politici, imprenditori, giornalisti.
Qualche giorno fa in un programma televisivo è stato presentato un elenco di 200 persone alle quali il governo degli USA si appresterebbe a bloccare tutti i conti correnti bancari.
Il governo di Barack Obama ha preso questa dura decisione qualche giorno dopo che la missione dei ministri degli esteri dell'Unione degli Stati Americani (OEA) ha comunicato che il governo presieduto da Micheletti non ha alcuna intenzione di sottoscrivere l’Accordo di San José, il quale, tra l’altro, prevede il rientro del Presidente esiliato Manuel Zelaya.
Tutto ciò mentre la vita “sembrerebbe” scorrere tranquilla in Honduras.
La campagna elettorale, iniziata ufficialmente l’1 di settembre, è stata segnata da violenti scontri tra polizia, militari e manifestanti che chiedono il rientro immediato di Zelaya.
Ma lo scontro non è soltanto con le forze dell’ordine. I manifestanti - nella maggior parte dei casi aderenti allo stesso Partito Liberale di Zelaya e Micheletti - criticano fortemente il candidato del partito Elvin Santos. In molti dipartimenti in cui si è presentato, Santos è stato costretto a tornare indietro, in quanto ritenuto dai dissidenti presenza scomoda e indesiderata. Elvin Santos per molti liberali è stato un attore importante nel colpo di stato.
La gente comune, per le strade, i supermercati, si rende conto sempre di più che la situazione economica si sta complicando. Il sostegno finanziario avuto sino ad oggi da parte degli USA (del Banco Interamericano per lo Sviluppo e del Fondo Monetario) è stato sospeso e non si sa sino a quando.
Paesi importanti del continente, come Argentina e Brasile, hanno sospeso i rapporti diplomatici ed economici.
La CIDH, Commissione Interamericana Diritti Umani, nella relazione preliminare presentata alla fine della missione di sette giorni in Honduras, “ha comprovato l'esistenza di serie restrizioni dell'esercizio alla libertà di espressione”.
Inoltre “si è confermata l'esistenza in Honduras di un modello di uso sproporzionato della forza pubblica, detenzioni arbitrarie e controllo dell'informazione diretto a limitare la partecipazione politica di un settore della cittadinanza dal colpo di Stato del passato 28 di giugno”.
Nella relazione, la missione di verifica della Commissione riporta che “da quella data (28 giugno) si è creata una situazione di illegittimità democratica che ha un impatto negativo sulla validità dei diritti umani di tutti gli abitanti dell'Honduras”.
PINO DE SETA, cooperante ProgettoMondo Mlal in Honduras
lunedì 7 settembre 2009
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