Partono per la Bolivia, l’Ecuador, e qualche volta per l’Argentina e il Cile. Ma buona parte di quei 3 milioni di peruviani che cercano fortuna fuori dai loro confini (su una popolazione di 26 milioni), raggiungono anche l’Europa, in particolare Spagna e Italia. Completamente ignorate, se non mal viste dalle ambasciate dei nuovi paesi in cui vanno a vivere, queste persone sono alla fine abbandonate a se stesse, e spesso fin dall’inizio impigliate in una schiavitù economica, che le vede debitrici di migliaia di euro al posto di finti contratti di lavoro utili solo a partire.
“Le ambasciate italiane o estere trattano male chi chiede un visto, ci sono molti sospetti e solo negli ultimi anni si inizia a parlarne”, dice Romulo Torres, rappresentante del Forum Solidaridad Perù, partner locale di ProgettoMondo Mlal nel nuovo programma “Perù Migrante”. “La politica non riconosce il diritto di migrare o viaggiare e, a parte le ambasciate, è quindi il governo stesso che non aiuta a ragionare sul tema della migrazione”.
Ma per il rappresentante del Forum anche gli stessi migranti contribuiscono a restituire in patria un’immagine errata della realtà che affrontano all’estero. “Chi parte restituisce al paese d’origine un’immagine distorta della propria nuova vita: per esempio chi fa la badante racconta di essere infermiera e in generale tutti mandano regali e soldi a casa, facendo credere alle loro famiglie che tutto procede per il meglio. Ma al momento del ricongiungimento il palco cade. Con il nuovo progetto puntiamo a far sapere alla gente quali sono le reali condizioni del migrante e quanto sia importante, da parte di chi resta, usare bene le rimesse e non fare la bella vita in Perù, per poi ritrovarsi a una condizione di povertà al momento del ricongiungimento”.
Anche se l’aspirazione ultima è quella di tornare in Perù, mutui e debiti economici rendono infatti la maggior parte delle volte impossibile il rientro.
Perché la società civile sia più informata e possa aver voce in tema di difesa dei diritti umani dei migranti, e per informare appunto sulla realtà che si troverà nel paese di destinazione e sulla crisi economica mondiale, negli ultimi anni sono nati una serie di osservatori sulla migrazione in diverse città del Perù. “Negli anni ’70 inizio quella peruviana era spesso una migrazione dovuta alla protesta politica”, continua Torres. “Dalla fine degli anni ’80 ha preso il via una seconda migrazione più generale dettata dalla povertà, la stessa che si è poi trascinata fino ai nostri giorni”.
martedì 31 maggio 2011
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