Un mondo arabo nuovo, prima sconosciuto, i cui protagonisti, senza alcuna violenza, rivendicano dignità, giustizia e libertà. Tematiche trasversali e comuni a tutti, che riportano quello stesso mondo arabo dentro la storia, capace anch'esso – con una popolazione composta per il 60 per cento da giovani con meno di 30 anni - di creare autentici cambiamenti. È quanto emerso dal primo piano dedicato ai giovani fermenti del Maghreb organizzato al Centro Carrararo dall'ong veronese ProgettoMondo Mlal, proprio mentre il mondo si preparava alla notizia delle ultime ore che dà per morto il capo di Al Qaeda. “Fino a poco tempo fa il mondo arabo era identificato con la barba di Bin Laden e i giovani carichi di esplosivo”, è intervenuto lo storico iracheno Adel Jabbar. “Ma quanto sta accadendo evidenzia le necessità di ragazzi istruiti, con aspettative alte e che guardano all'Occidente non come a un'area geografica, bensì un modello, uno strumento per decidere della propria vita”. Per capirlo, secondo Jabbar, basta dare uno sguardo alle città, uguali dappertutto per urbanistica, viabilità e simboli pubblicitari. Città in cui, paradossalmente, talvolta è più facile esprime il proprio “islamismo” se sono collocate nella parte del mondo più impensabile. “In Tunisia il vecchio regime ha laicizzato lo Stato all'estremo per assecondare la logica dei finanziamenti antiterrorismo”, ha precisato Yassine Baradai, giovane marocchino operatore di una ong internazionale. “E se in Europa la legge tutela i diritti di ciascuno, a Tunisi solo chi ha più di 50 anni può portare la barba, le donne devono togliere il velo prima di entrare nei luoghi pubblici e per accedere alle moschee ci vuole la tessera”. Ma quella in corso adesso è la rivolta del popolo, con tutti i suoi componenti. La rivolta di gente che non ha bisogno di soldi per mangiare, ma piuttosto che la sua voce sia ascoltata. “In piazza ci vanno uomini e donne, religiosi e non. I fermenti continueranno e la globalizzazione ha rotto ordini e stili di vita. Forse c'è ancora qualche genitore che ha paura per i propri figli, ma quegli stessi figli non hanno più nessuna paura. Chi ha dato la vita per la libertà è preso a simbolo e i social network, insieme ad Al Jazeera, raccontato i fatti 24 ore su 24”. Un punto ben sottolineato anche da Ismail Ali Farah, giornalista italo somalo che vive e lavora a Verona. “In Egitto 20 milioni di persone hanno accesso a internet e i giovani cercano notizie aggirando la censura, anche tramite i cellulari. Io ho saputo della caduta di Ben Alì dal barbiere, dove un cliente tunisino aveva appena ricevuto un messaggio da casa. Gli arabi hanno una padronanza tecnologica alta e la consapevolezza, che manca invece da noi, che basta una video ripresa per raccontare i fatti e smantellare le informazioni diffuse attraverso i classici canali mediatici”. Forme di comunicazione che dimostrano anche quanto i giovani arabi abbiano rotto con la cultura della paura per sposare una dialettica nuova. Ha evidenziato Jabbar: “Nessuno ha bruciato le ambasciate francesi e nello Yemen, dove tutti hanno un arsenale in casa, non ci sono stati spari alla polizia. Il fanatismo religioso si è indebolito, insieme all'ingerenza straniera, e ora domina la consapevolezza di far parte di un mondo che richiede un altro linguaggio”.
Un nuovo linguaggio ben chiaro anche per gli operatori di ProgettoMondo Mlal, che in Marocco, nella regione di Tadla Azilal, hanno già avuto a che fare con oltre 22 mila giovani, accostati nelle mediateche per affrontare con essi il delicato tema della migrazione. E per tutti la cosa più importante all'interno di questi spazi di confronto extra scolastico è stata quella di aver avuto la possibilità di esprimersi. “Durante il seminario di chiusura del progetto “Migrazione, tutti in rete”, racconta il direttore di ProgettoMondo Mlal, Valentino Piazza, “le mani alzate erano troppe per poter dare la voce a ciascun giovane che, incurante di trovarsi di fronte anche a rappresentanti delle istituzioni locali, volevano dire la loro sulla questione dei matrimoni bianchi, sulle necessità che li spingono a lasciare il loro Paese o sulle alternative che vorrebbero trovarvi per invece non abbandonarlo”.
Interventi che non lasciano dubbi sul fatto che siamo solo all'inizio di quella che, a più voci, è vista e definita come la rivolta pacifica dei popoli arabi.
Chiara Bazzanella
Ufficio Comunicazione ProgettoMondo Mlal
martedì 3 maggio 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento