Bambini che diventano posteggiatori, venditori di borse di plastica, aiutano le donne che si recano al mercato a portare le borse della spesa o si offrono di lavare le auto posteggiate in strada. Chiedono l’elemosina alle persone che ritengono possano offrir loro qualcosa, in modo particolare gli stranieri “bianchi” e, se più grandicelli, vengono facilmente coinvolti in furti o raggiri a danno di sprovveduti.
A Nampula, come in altre città del Mozambico, il fenomeno dei bambini di strada sta sensibilmente aumentando di anno in anno. Da qui il via a una ricerca iniziata lo scorso dicembre per approfondire meglio il fenomeno e le sue dinamiche e offrire quindi nuovi spunti alle autorità del governo di Nampula per ridurre quanto più possibile il problema.
Gli assistenti sociali Argentina, Ivan e Ilda, che durante la ricerca hanno assunto il ruolo di operatori sul campo, hanno percorso le strade e le piazze di Nampula, durante il giorno, molte volte all’alba, ma ancora di più la sera, per parlare con i bambini e cercare di capire quali siano le cause che li spingono a vivere in strada, raccogliendo storie e problemi del loro stare quotidianamente esposti ai pericoli che una simile vita comporta.
La ricerca non è ancora terminata, ma una prima considerazione emersa è che la maggior parte dei bimbi dicono di “lavorare” in strada, e che con il ricavato aiutano la loro famiglia.
Se la famiglia risiede nella città, a sera tornano al bairro e consegnano il denaro ai parenti. Ma in alcuni casi la famiglia dalla quale provengono vive lontano, e loro raccontano di essere venuti in città, da soli o in gruppo, per racimolare un po’ di soldi e ritornare.
Non sempre il loro programma si realizza: in strada i fenomeni di violenza dei più grandi verso i piccoli sono numerosi, e succede che al termine del giorno vengano loro sottratti i soldi con la forza, o che siano costretti a subire violenza.
In strada aumentano le malattie: la tubercolosi si espande facilmente ed è successo ai nostri operatori di aver dovuto accompagnare un ragazzino all’ospedale per poter essere curato nella fase acuta della malattia. Quando è stato dimesso, è tornato in strada e, non essendosi curato e alimentato adeguatamente, è nuovamente peggiorato, chiedendo dopo un po’ di tempo un aiuto all’assistente sociale per rientrare a Moma, villaggio in cui vive la sua famiglia. Il ragazzino si sentiva ormai così debole che il suo desiderio era diventato solo quello di tornare a morire coi propri cari.
Al termine della stagione delle piogge, quando aumenta la disponibilità di cibo in corrispondenza con il periodo della raccolta, il numero dei bambini in strada diminuisce: molti rientrano in famiglia nel paesino da cui sono partiti.
Gli operatori hanno constatato che fenomeni quali la disoccupazione dei genitori, la malattia o la separazione, fanno sì che l’onere di crescere i bambini ricada spesso sulle donne che, nella grande maggioranza dei casi, non hanno un lavoro. E quando la scorta di miglio (così viene chiamato il mais bianco) è alla fine, non riescono a nutrirli tutti e chiedono ai più grandicelli di aiutarle a racimolare qualcosa. In Mozambico le donne hanno 7 o 8 figli, spesso il marito è assente per lavoro in qualche altro distretto oppure lavora nelle miniere del Sudafrica, o è morto o è semplicemente sparito senza dare notizie.
Angela Magnino
capoprogetto “Vita dentro”
ProgettoMondo Mlal Mozambico
martedì 21 giugno 2011
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