giovedì 23 giugno 2011

Conoscere la droga in carcere. Il dramma di un padre boliviano

Ho ricevuto in ufficio la visita di don Isac, il padre di un ragazzo di 18 anni che é appena uscito dal carcere di San Pedro con la condizionale. A stento riusciva a trattenere le lacrime e mi chiedeva di includere nella lista dei ragazzi che vanno a Qalauma anche suo figlio. “Ma come”, gli ho detto, “se é uscito in libertà dovresti essere contento, perché chiedi che rientri in una struttura chiusa?
Mio figlio prima di entrare in carcere non sapeva che cosa fosse la droga”, inizia a raccontare. “Adesso mi ha rubato due bombole di gas da casa ed é andato a venderle per comprarsi droga. Ho trovato nella sua stanza, fra le sue cose personali, una piccola pipa e altri oggetti che si utilizzano per fumare droga. Quando non sono in casa lui si alza alle undici del mattino, ha abbandonato gli studi, frequenta amici poco raccomandabili, continua a dirmi che ha debiti da pagare ma non mi dice a chi, a volte non rientra nemmeno a dormire a casa, mi continua a dire bugie e alla fine ha ammesso che sta consumando. Addirittura non va piú a firmare davanti al giudice per la libertà condizionale. Non so piú cosa fare. A volte lo porto con me a lavorare e sembra che si impegni ma già al secondo giorno inventa qualsiasi scusa per non venire più. Orami ha toccato il fondo e voglio che entri a Qalauma perché là ci sono una scuola, laboratori, serre per lavorare la terra, orari e disciplina. Io non riesco più a controllarlo e a volte non so reagire che con la furia e la violenza vedendo la mia impotenza e il suo lassismo totale”.
Gli ribatto che non posso far entrare suo figlio a Qalauma perché deve avere un ordine giudiziario per poter entrare nel Centro.
“Sono andato dal giudice”, mi ha detto, “ e, pur con gran dispiacere gli ho chiesto di dettare una nuova sentenza nei suoi confronti per farlo entrare nel centro Qalauma dove sono sicuro che si metterà a posto. Nel centro c’é una equipe di persone che lo possono aiutare, accompagnare e consigliare e soprattutto forse gli daranno gli stimoli che io non sono riuscito e non riesco a dargli”.
Mentre don Isac mi parlava, mi passavano per la mente le situazioni di molti genitori che qui in Bolivia, ma anche in Italia, si trovano disarmati e impotenti di fronte al mostro della droga che uccide le ultime forze di reagire e di combattere non solo nei ragazzi, ma anche nei genitori che non sanno piú dove dirigersi e si auto flagellano con i sensi di colpa. Autorità e strutture pubbliche non hanno politiche che vadano incontro a giovani e adolescenti, questo è un dato di fatto. La mia intenzione è quindi premere perché si accelerino le pratiche burocratiche necessarie a far funzionare al cento per cento Qalauma. Ogni giorno che passa, all’interno del carcere di San Pedro, le vittime come il figlio di Isac si moltiplicano e bruciano sogni e progetti di vita futuri.

Riccardo Giavarini
ProgettoMondo Mlal Bolivia
Qalauma, giovani trasgressori

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