mercoledì 8 giugno 2011

Humala, il guerriero attento a tutto

Ollanta Humala candidato del partito nazionalista peruviano ed ex comandante dell’esercito ha vinto le elezioni in Perù.
Figlio di Isaac Humala, un dirigente socialista di origini ayacuchane, fondatore della teoria dell’etno-cacerismo (ossia il recupero del potere da parte della “raza cobriza”, razza dalla pelle color rame, degli andini e dei meticci), Ollanta ha 7 fratelli, tutti con nomi mitologici o incaici: Ulysses, Pachacutec, Ima Sumac, Cusicollur, Antauro. Il nome Ollanta ha origine nell’opera teatrale meticcia Apu Ollantay, che narra di una storia d’amore di un principe incaico, e che in quechua significa “il guerriero che osserva tutto”.
Educato in una scuola franco-peruviana, e poi entrato nell’esercito, é stato presente nelle zone calde durante il conflitto armato contro Sendero Luminoso, da cui nasce la denuncia di presunta sparizione forzata di civili, e poi al fronte nella guerra tra Perú e Ecuador del 1995.
Nel 2000, nello stesso giorno della fuga di Montesinos, ex braccio destro di Fujimori, promuove una sollevazione militare nella caserma di Locumba (Ande meridionali del Perú) per provocare la caduta dell’ormai agonico governo di Fujimori, appena uscito da vittoriose e contestatissime elezioni.
Già nel 2006 é candidato del Partito Nazionalista appena fondato, e in modo sorprendente arriva al ballottaggio, dove perde contro l’ex presidente (governo 1985 – 1990 e attualmente in carica) Alan Garcia. Partendo da posizioni estremiste – etnocacerismo, nazionalismo socialista filo Chavez – si avvicina a queste elezioni 2011 con con un livello di popolarità abbastanza contenuto, non più del 10% a inizio campagna elettorale.
Ma il suo discorso inizia a farsi più moderato, capisce che senza il consenso della classe media e con gli ampi livelli di “ostilità” di settori centristi, o pro-modello economico, difficilmente riuscirà a vincere. Ecco allora che realizza operazioni che mostrano la sua capacità di ascolto: sbarca dall’alleanza il partito comunista del Perú – Patria Roja, dannoso in termini di immagine, e altri dirigenti sociali di posizioni ultraradicali, e convoca a un buon gruppo di leaders di opinione, di dirigenti del partito socialista di Diez Canseco.
La debolezza del Piano di governo iniziale, prolisso e in molti punti contraddittorio, viene riequilibrata da scelte azzeccate di immagine: farsi identificare dall’elettorato come il Lula peruviano, e abbandonando esplicitamente il riferimento a Hugo Chavez. Perfino i suoi strateghi della campagna vengono dal Brasile (su youtube alcuni spot a cui si attribuisce una parte rilevante del consenso), che preparano un’eccellente campagna di comunicazione, tesa a sottolineare il lato moderato del candidato.
Così Humala scala nei sondaggi rapidamente, partendo da un forte radicamento nelle zone rurali e indigene, nel sud andino – Cusco, Puno, Arequipa, Ayacucho, sue roccaforti -, iniziando a recuperare consensi anche nelle zone urbane, specialmente tra i settori popolari. Fino a giungere ai livelli del primo turno del 2006 che gli garantisce un comodo primo posto che lo conduce al ballottaggio.
La sua avversaria é Keiko Fujimori, 36enne figlia dell’ex presidente attualmente detenuto per una condanna a 25 anni (ed altre minori) per essere mandante delle stragi di Barrios Altos e La Cantuta, effettuate dal gruppo Colina, una cellula dell’esercito incaricata della strategia “guerra de baja intensidad”. Keiko raccoglie al primo turno il voto del nocciolo duro fujimorista, essenzialmente urbano-marginale, memore del governo efficace e paternalista, ma molto meno della classe media, che non perdona il saccheggio delle casse pubbliche realizzate insieme a Montesinos. Ma grazie alla divisione dei candidati “liberali” pro-sistema - Kuchinsky, Castañeda Lossio, Toledo – e quindi alla frammentazione del voto, Keiko passa al ballottaggio.
In Perú dal primo turno al ballottaggio ci sono ben due mesi di campagna, quindi un’eternità che basta a impostare e reimpostare i profili politici, campagna elettorale, alleanze e per sapere che i sondaggi - qui sono settimanali e di almeno 5 agenzie diverse - possono variare costantemente.
Dopo un primo tentennamento di votare in bianco, l’elettorato centrista e i principali gruppi di potere iniziano a riversarsi decisamente sulla candidatura di Keiko, turandosi più o meno il naso, poiché questa rappresenta, seppur con le derive populiste e neofascisteggianti, l’attuale modello economico. E l’arma principale dell’offensiva diventano, allora -guarda un po’-, i mezzi di comunicazione: tutti i canali privati e il 90% della carta stampata, quotidianamente martellano sulle debolezze di Ollanta e sulle presunte o inventate manipolazioni chaviste, con l’obiettivo di spaventare l’elettorato.
Ma Humala non é più quello del 2006. Non sapremo mai, se per convinzione o per convenienza, assume decisioni che lo aiutano a contenere il distacco nei settori urbani e medi: attira un gruppo numeroso di tecnici di valore e intellettuali progressisti non integrati alla sua iniziale candidatura, per dare un segnale di rassicurazione, e incassa il sostegno, per molti versi sorprendente, del Nobel Mario Vargas Llosa.
Dopo l’esito del primo turno, Vargas Llosa aveva espresso che sarebbe stato come scegliere tra “l’AIDS e il cancro terminale”. Ma a pochi giorni dal voto, il suo viscerale e in parte intellettuale, anti-fujimorismo, gli impone una scelta: sostenere Humala, poiché se su di lui “nutro molti dubbi, su Keiko ho assolute certezze”.
Un sostegno, dunque, condizionato: allontanarsi definitivamente dal chavismo, garantire la libertà di stampa, garantire il libero mercato, avvicinarsi al modello brasiliano. Vargas Llosa risulta essere un liberale radicale, che lo porta a sostenere Rodriguez Zapatero, Tony Blair o Obama, allo stesso tempo che Merkel o Piñera. E in questa circostanza, la sua avversione al “fascismo corrotto e violento” supera la sua distanza ideologica da un ex militare ex chavista, che mette sul piatto la moderazione macroeconomica e il libero mercato, prima di affrontare i punti cardini della sua “grande trasformazione, produttiva e sociale”. Il premio Nobel addirittura registra uno spot televisivo a favore di Humala, e il figlio Alvaro, noto giornalista e acceso liberale, entra nello staff di campagna. Toledo, dopo un inizio equidistante, fa approvare una mozione del suo partito a favore della candidatura di Humala.
Humala vince in 18 regioni su 24, con punte a Puno (78%), Tacna (77%), Cusco (75%), Ayacucho (70%). A Lima, che possiede il 30% dell’elettorato e che gli costò la sconfitta del 2006, e che negli anni é stata sempre più la piazza del “modello”, contiene la sconfitta, portando a casa il 42% dei consensi, essenzialmente delle zone popolari, meno “spaventate” da un possibile governo nazionalista. Quindi, ampio successo nelle zone andine e amazzoniche, e sconfitta contenuta sulla costa e a Lima. Ecco, una geografia della disuguaglianza, che riflette scelte elettorali apparentemente contrapposte: un settore “agganciato” al modello di crescita economica senza distribuzione, e un settore che chiede “inclusione e distribuzione” della ricchezza. 51,5% contro il 48,5% l’esito finale, quasi 500mila voti di differenza.
Lunedì 6 giugno la Borsa di Lima ha una perdita del -12%, la più grave della storia, causata da una serie di fattori, e non è da escludere anche da un fortissimo effetto speculativo. Humala nomina lo stesso giorno un staff di trasferimento di poteri, composto da altissime personalità, di diversi campi, che mostrano la capacità di ascoltare anche le più radicali opposizioni. Ma ormai la scelta é fatta: la Borsa recupererà presto, saranno presto nominati Primo Ministro, Ministro di Economia, Presidente della Banca Centrale, per “tranquillizzare i mercati”.
Ma una fortissima sensazione, anzi quasi certezza: la dittatura della finanza e degli investitori, che praticamente incatenano, obbligano la politica ad accettare un determinato modo di governare; anche a costo di tradire un mandato popolare che chiede profondi cambiamenti.
La sfida quindi rimane questa, storica: individuare come ridurre le fortissime disuguaglianze, assicurando inclusione sociale e distribuzione della ricchezza, e garantire una crescita economica sostenuta e costante basata sul capitale privato.

Mario Mancini
ProgettoMondo Mlal Perù

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