giovedì 18 marzo 2010

Nella Nuova Argentina dei nostri nonni

Dopo quasi quattro mesi di Argentina ancora riesco a stupirmi dell’immensa meraviglia della Pampa. Ogni volta che guido l’auto attraverso queste terre piatte che si perdono all’orizzonte, immerso nel verde dei campi e nello sfumare delle nuvole del cielo, è sempre un’emozione nuova, e stranamente é quasi come sentirmi a casa.
E’ il momento che capisco bene come mai molti dei nostri migranti italiani, sopratutto del nord, venuti a colonizzare queste terre da ormai cent’anni a questa parte si siano trovati così a loro agio da fermarsi per sempre, costruire qui il loro futuro, generare figli che discendono dall’Italia ma che sono definitivamente argentini, appartenenti a quel popolo, cioè, nato dall’immigrazione, crogiuolo di culture infinito. Proprio come queste terre affascinanti che tanto mi ricordano da dove vengo, un enorme mix di Europa e Latinoamerica.
Certo da noi è diverso, da noi nella pianura padana è impossibile percorrere ormai più di 70 km senza incontrare una casa. Qui invece, tanto sono sterminate queste terre, si può. Così c’é da calcolare bene prima la benzina perché si rischia di dovere camminare molto prima di incontrare una stazione di servizio.
Nel bel mezzo di questo panorama, viaggiamo con l’equipe del Progetto Habitando. Io con l’assistente sociale Nicolasa, e due delle nostre architette Laura e Matilde, per raggiungere alcuni dei comuni beneficiari del nostro intervento di miglioramento dell’habitat: antiche colonie di migranti italiani, francesi, tedeschi, russi, svizzeri, e molti altri che, dalla fine del 1800 fino al 1980 circa, hanno occupato queste terre dando origine alle colonie. Comunità che, anche a discapito delle popolazioni indigene locali oggetto dello sterminio tollerato dal governo argentino a fine Ottocento, oggi sono cresciute e hanno dei nomi che evocano le loro origini: Bella Italia, Nueva Torino, Colonia Francesa.
Le regioni di Cordoba e Santa Fe, zone del nostro intervento, sono tra le aree maggiormente interessate dall’esodo dei migranti italiani del secolo scorso, ed é incredibile la quantità di visi italiani che si possono ritrovare tra le persone: uomini e donne argentini, assolutamente appartenenti a un mondo diverso, a una cultura altra dall’Italia ma che dell’Italia, del Piemonte, del Friuli, della Calabria, del Veneto e di molti altri luoghi, ha ancora intatto il seme dell’origine che, quando meno te lo aspetti, rimbalza in uno sguardo, una movenza, una parola, un ricordo, nei monumenti delle piazze, nei nomi delle vie del paese.
Avevo spesso sentito raccontare e visto molte immagini della grande migrazione dei nostri “nonni” verso l’Argentina, l’Australia, il nord Europa, ma ritrovarmi a viverla direttamente é molto diverso. Ed è una sensazione particolare incontrarsi con sindaci, tecnici comunali, rappresentanti di organizzazioni locali e padri e madri di famiglia che rispondono a nomi come Reynaldo Gervasoni o Jacinto Raúl Fabbroni o Mario Migno fino a Silvina Guadalupe Trincheri e Oscar Alejandro Basso.
In una settimana abbiamo percorso quasi 2.000 km, visitato 8 Comuni dei 20 con i quali stiamo lavorando nella provincia di Santa Fe, incontrando le equipe di ciascuno, conoscendo le famiglie con necessità di una nuova casa.
Il tema dell’Habitat, inteso come “il luogo in cui si vive” comprendendo la casa, il terreno e le necessità di base, è molto sentito in ogni Comune. Un bisogno che si manifesta a noi sotto forme diverse: da agglomerati di baracche improvvisate fatte di ferro, legno e plastica, senza servizi igienici, nei quali abitano decine di famiglie, a quartieri interi in cui mancano completamente acqua potabile, energia elettrica, occupati abusivamente.
In un Paese così ricco di risorse come l’Argentina, la forbice tra ricchi e poveri é veramente notevole, incrementata poi dalla terribile crisi del 2001 da cui il Paese si sta riprendendo lentamente. Una povertà complessa, che riguarda non solo la casa ma anche l’opportunità di accedere a un livello di cultura adeguato e sopratutto di partecipare alla vita sociale.
I comuni visitati, che vanno da paesini di 8.000 abitanti fino ad agglomerati di 30.000 persone, contano una disoccupazione che in alcuni casi interessa il 45% della popolazione con un fabbisogno abitativo o di acceso a un habitat dignitoso che può arrivare al 55%.
In questi incontri abbiamo conosciuto molti amministratori preoccupati per le condizioni di vita dei propri cittadini, abbiamo potuto discutere e analizzare le loro necessità, studiato con loro alcune proposte di intervento per il miglioramento di quartieri e case rendendo protagoniste già in fase di costruzione le persone che le abiteranno, accompagnando un processo di miglioramento che da tempo stanno cercando di portare a termine. Abbiamo registrato realtà molto diverse, con molta energia e voglia di cambiamento, di soluzioni.
Anche se, a volte, non mancano le situazioni dove invece la popolazione ha perso la speranza, e dove la capacità di reazione risulta piatta come la Pampa sconfinata. Terra argentina ma che molto ha della nostra Italia.

di Nicola Bellin, capoprogetto Habitando

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