Ricordo un film in cui un ragazzo prendendo un treno dalla stazione di Retiro a Buenos Aires, dal finestrino osserva il quartiere Villa 31 e le persone che lo abitano. Persone di cui la società ha bisogno ma che nonostante questo continuano a essere tenute ai margini. Nel film il ragazzo pensava che la situazione non sarebbe mai cambiata. Ma per fortuna ci sono momenti, pur se rari, in cui le cose mutano davvero. E per il meglio.
Villa 31 è una villa miseria, come vengono chiamate le favelas in Argentina, costituitasi a partire dagli anni ’30 al lato della stazione ferroviaria di Retiro e cresciuta moltissimo negli anni, fino a contare i 30mila abitanti di oggi. Si tratta perlopiù di immigrati in cerca di lavoro e di maggiori possibilità in città, ma anche di cittadini che non hanno le condizioni minime per accedere ad altri quartieri.
Dopo un lungo periodo, finalmente si stanno muovendo i primi passi verso l’urbanizzazione delle Villas 31 e 31bis che diventeranno Barrio Mujica: un unico quartiere che prenderà il nome dal sacerdote assassinato per la sua determinazione, a partire dagli anni ’60, nello schierarsi a favore della fascia più povera e vulnerabile della società.
Grazie allo sforzo e all’attivismo di molte persone e organizzazioni della Villa, e grazie alla legge 3343 del 2009, oggi può iniziare un processo di urbanizzazione partecipativa che ha per protagonisti gli stessi abitanti del quartiere.
Si tratta in sostanza di permettere alle persone di lavorare per sistemare la loro casa e il luogo in cui vivono, attraverso un processo di habitat sociale che pone al centro l’uomo e le sue necessità, e che dà il via a una possibile uscita dalla situazione di marginalità che vivono certi quartieri.
Il progetto di legge prevede in 5 anni un censimento della popolazione della villa con registrazione catastale, il ricollocamento del 30 % delle case per l’ampliamento delle strade e l’installazione dei servizi basici. Inoltre, con questa legge si pone fine agli sfratti forzati che hanno caratterizzato la storia della villa e costituiscono una minaccia costante per la popolazione da parte del governo della città.
Non sarà semplice trovare un accordo su come deve essere il quartiere coinvolgendo tutte le persone che partecipano al “tavolo di discussione partecipativa” nel governo della città. Quello che è certo è che si cominciano già a vedere alcuni cambiamenti: le facciate delle case colorate, le strade più larghe per lasciare passare le macchine e gli autobus, piazzette e campi sportivi. Cambiamenti che molti definiscono “di facciata”, ma che sicuramente cambiano un po’ il volto della villa e cominciano a farla lentamente uscire “dai margini”, mentre gli abitanti e le organizzazioni aspettano di poter migliorare il proprio quartiere definendo diritti e doveri di chi lo vive.
Questo momento storico per gli abitanti della Villa e per le organizzazioni che ne hanno sostenuto i diritti può rappresentare un esempio per altre realtà, e accompagna un processo attivo anche in altri paesi, come il vicino Brasile.
Dare dignità alle persone e cercare di creare una possibile forma di integrazione tra gli abitanti che partecipano attivamente al processo, è un esempio che può servire da stimolo anche in Italia, dove si stanno formando situazioni di segregazione, con quartieri ai margini della città popolati da immigrati e famiglie colpite dalla crisi economica che non riescono più a pagare gli affitti.
Francesco Venturin,
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Argentina
martedì 23 agosto 2011
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