“I prodotti transgenici provocano molti danni, è dimostrato scientificamente. Alcuni sicuramente ignorano ciò che sto dicendo, ma da qui ad alcuni anni tutto il mondo ci darà ragione”. Sono le parole pronunciate da Evo Morales, paladino dei diritti della Madre Terra, in un discorso del 28 aprile del 2010 a Sucre, nel quale proponeva la Bolivia come “territorio libero dai transgenici”.
A solo un anno di distanza dalla “Cumbre dei popoli sui diritti della Madre Terra” durante cui il presidente boliviano si è fatto portavoce dei nuovi diritti per l’ambiente e la terra, il governo socialista boliviano ha appena messo in atto una terribile inversione di marcia.
Lo scorso 27 giugno, di fronte a una massiccia presenza di popolazioni indigene e contadine boliviane, il presidente Evo Morales ha infatti promulgato la legge della rivoluzione produttiva, comunitaria e agricola.
Una legge molto preoccupante, che legalizza le coltivazioni transgeniche esistenti e consente di ampliare la gamma di altri organismi geneticamente modificati. Ciò significa che, dopo l’approvazione della produzione e commercializzazione della soia transgenica resistente all’erbicida glifosato nel 2005 da parte del governo di Carlos Mesas (che ha portato all’odierno raggiungimento del 95% della produzione di soia transgenica), ora sarà il turno di mais, riso, grano e canna da zucchero.
Sono due gli articoli molto discussi della nuova legge agricola, il 15 e 17, che aprono la strada all’importazione e commercializzazione di transgenici, quando questi non mettano a rischio il patrimonio genetico della Bolivia.
L’articolo 15 della legge stabilisce che non si introdurranno nel paese pacchetti tecnologici agricoli che prevedano l’uso di sementi geneticamente modificate di specie di cui la Bolivia sia centro di origine e diversità, come per esempio la patata, la quinoa e tubercoli andini.
Quindi non si ammetterà nessun tipo di transgenici di specie originarie, ma si apriranno le porte alle sementi geneticamente modificate di pomodori, canna da zucchero, zucca, orzo e altre specie di coltivi non nativi.
In poche parole le sementi avranno dei padroni e i maggiori beneficiari di questi cambiamenti saranno naturalmente le multinazionali che, oltre ad avere flessibilità nella produzione e commercializzazione delle sementi, potranno esigere il pagamento di regalie da parte di chi produce transgenico.
A niente sono servite le tante critiche portate avanti dai movimenti ecologisti e ambientalisti nazionali e internazionali che sottolineano, in diverse lettere aperte dirette al presidente, quanto il negozio delle sementi e dei prodotti transgenici stia rinforzando un modello di produzione agricolo insostenibile e depredatore, che intensifica l’uso di veleni agroindustriali, portando alla devastazione di aree estense e contaminando biologicamente specie e terreni coltivati.
La Bolivia è un centro di origine di moltissime varietà di mais, patata, quinoa, noci amazzoniche e altri coltivi che apportano alla biodiversità e alla sovranità alimentaria mondiale. Come ha già sottolineato il FOBOMADE (il Foro Boliviano sull’Ambiente e Sviluppo) sarebbe estremamente pericoloso introdurre transgenici perché attentano proprio a questa ricchezza e la espongono alla contaminazione genetica.
Si rimane perplessi sulle motivazioni che hanno portato il governo boliviano alla scelta di approvare una legge tanto contraddittoria che va contro l’ottica del Vivir Bien e all’immagine di speranza che il presidente boliviano aveva creato per le organizzazioni delle società civili e dei movimenti sociali della regione e del mondo, promuovendo una gestione diversa rispetto a quella che sottomette le popolazioni al potere delle multinazionali e al capitale.
Maddalena Franz,
casco bianco ProgettoMondo Mlal nel progetto “Vita Campesina” in Bolivia
venerdì 5 agosto 2011
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