L'attuale modello produttivo del Paraguay è caratterizzato da due poli opposti, regolati da forze di natura economica e politica che si attraggono e respingono a seconda della convenienza reciproca. Un polo si basa sulla grande produzione per esportazione, principalmente soia e carne bovina e, a seguire, fagioli, yerba mate e sesamo. Il mercato della produzione o vendita di questi prodotti viene controllato dalle grandi transnazionali e dai poteri economici e politici locali.
L'altro polo è costituito dalla piccola produzione, destinata all'auto-sussistenza, o a soddisfare fabbisogni alimentari interni al Paese. Questa produzione è caratterizzata principalmente da ortaggi, frutta, fagioli, manioca, canna da zucchero e piante medicinali e aromatiche.
Protagonista di questo polo produttivo è il piccolo produttore, che si trova a relazionarsi con il grande imprenditore, in una dipendenza reciproca e dinamica tra conflitto e sopravvivenza.
Il grande imprenditore agricolo del Paraguay occupa vasti spazi e contamina l'ambiente con insetticidi ed erbicidi, applicati senza rispettare le regole e le leggi ambientali vigenti e con la complicità implicita (per assenza territoriale) o esplicita (per corruzione) delle strutture statali.
Il piccolo produttore, con la sua scarsa produzione, non riesce a costituirsi come forza economica riconosciuta nel paese, né a professionalizzare il suo sistema produttivo, facendolo riconoscere del punto di vista normativo.
La relazione tra le due parti si gioca nel campo del sistema produttivo adottato. Da un lato il piccolo produttore si orienta a una produzione agroecologica e biologica, come strategia di rivendicazione sociale del suo ruolo economico e di reazione ai danni materiali provocati dall'uso indiscriminato dei prodotti chimici (contaminazione dei corsi d'acqua e problemi di salute dei bambini). Dall'altro il grande produttore realizza pressioni sociali per entrare in possesso delle superfici agricole utilizzate dai piccoli produttori.
Molti piccoli produttori scelgono però di coltivare prodotti agricoli per le esportazioni gestite dalle grandi transnazionali, o di vendere la propria terra al grande proprietario, come unica strategia economica per migliorare la loro condizione. Producono soia, arance, pomodori, consapevoli del fatto che sono coltivazioni con il mercato assicurato dalle grandi imprese locali e dove i rischi di perdita economica sono ridotti.
Naturalmente un simile schema produttivo trasforma il ruolo sociale del produttore, privandolo della sua caratteristica economica di agricoltore diretto e trasformandolo in un semplice mezzadro: il produttore ci mette la terra e il capitale lavoro, mentre l'imprenditore la semente/piante, alcuni mezzi operativi come fertilizzanti o prodotti fitosanitari e assicura l'acquisto del prodotto solo se vengono rispettate le condizioni di contratto stipulate con il piccolo produttore.
Il grande produttore limita l'autonomia produttiva dei piccoli sfruttando le loro debolezze e capacità per imporre strategie economiche in base ai mercati internazionali, senza contribuire in alcun modo alla crescita del Paese.
Per questo i piccoli produttori rivendicano maggior considerazione del loro ruolo economico nel Paese. Rivendicano la riforma agraria come migliore distribuzione della terra e programmi specifici orientati alle loro necessità, ma nello stesso tempo sono inseriti in un contesto economico in cui il loro unico ingresso dipende del gioco di regole economiche dettate dai grandi produttori nazionali. Dall'altro lato i grandi produttori proteggono i propri interessi, usando la loro influenza economica e politica per ostacolare il processo di riforma agraria e manipolando l'opinione pubblica a loro favore, con la minaccia di una rovina economica se il modello attuale viene cambiato.
In questa relazione pesa decisamente l'assenza dello Stato e di imprese socialmente responsabili che sappiano conciliare i loro interessi economici con le necessità della società contadina e articolare nuove forme di relazione dove l'obbiettivo non sia solamente massimizzare profitti economici.
Francesco Anichini, già cooperante di ProgettoMondo Mlal in Paraguay, oggi in Guatemala nel progetto "Emergenza Alimentare"
venerdì 2 ottobre 2009
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