venerdì 9 ottobre 2009

Burkina: curare le persone prima di tutto ascoltandole

Rafforzare la consapevolezza delle persone sulle questioni che riguardano la salute, tenendo conto delle loro percezioni e delle soluzioni da loro solitamente adottate. È su questo principio che si basa l'epidemiologia comunitaria utilizzata in Burkina Faso all'interno dei programmi realizzati da ProgettoMondo Mlal in tre regioni del Paese.
Tounaba Boukary Belem è coordinatore sanitario dei due progetti (Sentieri della Salute e Alla ricerca del benessere) che impegnano l'associazione nel migliorare le condizioni sanitarie e sociali della popolazione delle regioni Hauts Bassins, Cascades e Gaoua. Gli obiettivi sono tre: misurare la qualità del servizio sanitario presente sul territorio, migliorare l'accesso finanziario ai servizi sanitari e, quindi, migliorare la partecipazione comunitaria.

In una realtà in cui la prima persona di riferimento per curarsi è ancora oggi il guaritore, cambiare le abitudini mediche delle persone richiede una certa attenzione e la consapevolezza che si tratta di un passaggio culturale con dei tempi da rispettare. L'epidemiologia comunitaria rappresenta una metodologia nuova, una tecnica di approccio ai problemi che mira a individuare possibili soluzioni a partire dal dibattito tra gli abitanti dei villaggi. Ad esempio la comunità si interroga sul perché della morte materna (chiamata morte rossa) o sul perché della morte per morbillo. In questo caso, attraverso il confronto e la riflessione, gli abitanti del villaggio comprendono che lo stato vaccinale di un bambino sotto l'anno di vita è troppo complesso da seguire, perché richiede alla famiglia di portare il proprio bambino dal medico cinque volte nell'arco di un anno. Da qui l'accettazione di progetti ad hoc pensati per la formazione di una persona interna al villaggio (anche con corsi di alfabetizzazione) destinata a occuparsi di controllare lo stato di vaccinazione dei più piccoli.

Per rendere le cure più accessibile alla popolazione, il progetto prevede anche attività generatrici di reddito (microcredito) destinate in particolare alle donne, la cui indipendenza economica è fondamentale per migliorare le condizioni di salute di loro stesse e dei loro figli.

Un aiuto economico arriva anche dalla razionalizzazione delle ricette e dal progetto di stabilire un prezzo forfettario fisso per il diritto a qualsiasi cura. In questo momento il ticket per una visita si aggira sui 100-150 CFA (Communauté Financiere Africaine) là dove 1 euro vale 656 CFA e dove il 46% della popolazione vive sotto la soglia di povertà fissata a un reddito annuo di 82mila CFA (pari a circa 130 euro).
Il fatto che il ticket sia in qualche modo accessibile a tutti, rimanda però al problema principale del costo dei farmaci. Per questo il progetto, in accordo con il Ministero della Sanità, mira a razionalizzare le ricette e a fornire al personale sanitario schemi di trattamento rigidi da rispettare per ogni patologia.

Di recente Belem è stato in Italia per un corso di specializzazione in “Organizzazione e Management dei servizi socio-sanitari” indirizzato a 11 dirigenti di sette diversi paesi esteri in via di sviluppo. Il corso, organizzato da Cestas e Università di Bologna, gli ha offerto l'occasione di conoscere meglio il sistema sanitario italiano, con il suo principio di accesso universale alla salute, e il modello integrato tra pubblico e privato inesistente in Burkina. A suscitare particolare interesse nel medico burkinabè è stata poi l'esperienza di stage alla Ant (associazione nazionale tumori), che gli ha permesso di approfondire il tema dell'assistenza medica a domicilio: una metodologia che di recente ha iniziato ad essere applicata anche nei progetti in Burkina.
In questo paese nell'ovest dell'Africa, le malattie più mortali sono ancora la malaria, soprattutto sotto i 5 anni, le malattie infettive respiratorie da microbi (causate soprattutto dal vento secco che caratterizza il clima tra gennaio e maggio) e la meningite. Ma a creare i maggiori problemi di salute è una generale malnutrizione che rende vulnerabili soprattutto i più piccoli. Un problema trasversale, che è alla base del nuovo progetto con l'Unicef partito a maggio. È in questo progetto che si sta sperimentando la formula dell'assistenza sanitaria a domicilio. Grazie alla nascita di piccoli centri locali interni al villaggio, affidati alle cure di un responsabile sanitario, mamme e bambini non sono più costretti a spostarsi fino a Banfora per ricevere diagnosi e cure. Di fatto, la cura dietetica per la malnutrizione si basa su concentrati alimentari (ready to use food) e controlli periodici settimanali. Ma con l'assistenza a domicilio è più facile, oltre che curare i bambini, anche educare i loro genitori su come nutrirli.

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