martedì 20 novembre 2012

Sportello migranti Lgbt, Contaminazioni tra Africa e World Cinema

Il Festival di Cinema Africano di Verona ha scelto quest’anno di inserire nella programmazione dei film in concorso la tematica LGBT (acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Le pellicole che porteranno il tema nelle sale veronesi sono: Call Me Kuchu, nella sezione Africa Doc (in programma stasera alle ore 21, al Cinema Santa Teresa) e Silent Stories, nella sezione Viaggiatori e migranti (in programma giovedì 22 alle ore 21 al teatro Camploy).
In occasione della proiezione delle pellicole saranno presenti in sala Manuela Fazia, dell’associazione lesbica Pianeta Viola di Brescia, con cui si parlerà della situazione ugandese raccontata dal documentario Call me kuchu, e Lorenzo Bernini dello Sportello migranti LGBT di Verona che accompagnerà la visione di Silent Stories.

LORENZO BERNINI «Lo Sportello migranti LGBT è presente a Verona da tre anni, si tratta di uno sportello “virtuale”, nel senso che non ha una sede fisica fissa ma funziona grazie a un gruppo di associazioni che si sono messe in rete: l’Arci Verona, l’Arci Gay, ’Arci Lesbica, l’Agsi (Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione) e Il Germoglio. Nelle sedi di queste associazioni arrivano le segnalazioni che vengono poi raccolte da un gruppo di volontari che si impegnano a sostenere gli immigrati in difficoltà.
La cosa principale che noi facciamo è quella di aiutare i migranti a presentare la richiesta di protezione internazionale (quella che comunemente viene chiamata “asilo politico”) per motivi di discriminazione sessuale. Molti non sanno che esiste questa possibilità e fare domanda non è così facile come sembra. Occorre infatti raccontare la propria storia e dimostrare la veridicità di quel che si afferma e cioè di essere stati oggetto di persecuzioni o discriminazioni a causa del proprio orientamento o identità sessuale. Noi accompagniamo la domanda con tutta la documentazione richiesta, in particolare con un dossier sui Paesi di origine.
Spesso gli immigrati si sentono discriminati due volte: perché stranieri e perché omosessuali. Per chi poi è una vita che nasconde la propria identità, perché nel proprio Paese d’origine rischia la prigione o addirittura la pena di morte, non è facile aprirsi con le istituzioni o le forze dell’ordine. Registriamo sempre delle grandi diffidenze e timori verso queste figure, diffidenze e timori giustificati dal loro passato recente. Spesso poi, se la domanda non viene accettata, l’immigrato respinto, al rientro in patria, rischia ancora di più. Perché spesso la segnalazione arriva dagli stessi connazionali presenti in Italia.
L’Africa su questo tema gioca una partita importante, è un tema molto forte, soprattutto in quei Paesi dove — come l’Uganda raccontato dal film — gli attivisti svolgono un grande lavoro di difesa dei diritti, rischiando spesso la morte. Siamo grati al Festival di Cinema Africano per aver deciso di mostrare anche questo volto dell’Africa, un volto che deve essere conosciuto, diffuso e supportato. Crediamo che iniziative di questo genere siano davvero importanti, non solo per gli immigrati».

SINOSSI DEI FILM A TEMA. CALL ME KUCHU mostra la storia di David Kato, un attivista impegnato a battersi per l’emanazione di leggi contro l’omofobia in Uganda. Un compito duro il suo: una nuova legge dispone il carcere per gli omosessuali e la morte per quelli sieropositivi. Anche i quotidiani partecipano a questa discriminazione, titolando: “UOMO TERRORE! Ecco la lista dei gay della città, vergogna!”. David, primo a dichiararsi omosessuale in Uganda, si espone assieme ad altri contro il governo e i giornali, in televisione e presso l’Onu. Ma, a un tratto, avviene l’impensabile: l’attivista è assassinato nella sua casa. Raccontando l’ultimo anno di vita di un uomo brillante e coraggioso, il documentario testimonia l’impegno di David e dei kuchu di Kampala per cambiare il proprio destino e quello di tutti gli omosessuali in Africa.

SILENT STORIES Storie silenziose, storie comuni di persone che combattono per difendere i propri diritti. Un ritratto poetico di due donne e due uomini costretti a lasciare il proprio Paese (Dakar, Algeri, Conakry e Baghdad) a causa della propria identità sessuale. Quattro racconti di omosessuali e trans gender divisi tra la tutela delle tradizioni e il perseguimento della propria dignità. Un film pieno di speranza e di vita, che esalta i colori di un futuro ancora da scoprire.

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