Acqua, diritto fondamentale dell’uomo. E a stabilirlo oggi è la stessa Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo quindici anni di dibattiti, il 29 luglio è stato così sancito una volta per tutte che avere accesso all’acqua potabile e a sistemi sanitari degni rappresenta un vero e proprio diritto umano.
Con 122 voti a favore, nessun contrario e 41 astenuti, quella a cui si è arrivati è una risoluzione che ha già fatto il giro del mondo, accolta ovunque con favore. E nel documento, che era già stato presentato in Bolivia in forma non vincolante, adesso – oltre ad affermare che "l'accesso a un'acqua potabile pulita e di qualità, e a installazioni sanitarie di base, è un diritto dell'uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita" - si invitano gli Stati e le organizzazioni internazionali ad adoperarsi per fornire aiuti finanziari e tecnologici ai Paesi in via di sviluppo, esortandoli ad "aumentare gli sforzi affinché tutti nel mondo abbiano accesso all'acqua pulita e a installazioni mediche di base".
L'inserimento nella dichiarazione dei diritti umani è un passo decisivo per affrontare la questione sempre più urgente della mancanza di risorse idriche sufficienti per centinaia di milioni di persone. Secondo le stime dell'Onu, ogni anno un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni muore per malattie legate alla carenza d'acqua o di strutture igieniche. E nel testo della risoluzione si afferma che 884 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile e 2,6 miliardi vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti.
Lo sa bene ProgettoMondo Mlal che da anni è impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo che ruotano intorno alla questione acqua. Come “la forza dell’acqua”, realizzato in Guatemala per ridurre la denutrizione cronica e promuovere la sovranità alimentare degli indigeni Mam residenti nel comune di Comitancillo. O il programma nato per contribuire a ridurre i livelli di povertà estrema e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni indigene del dipartimento di Potosì, in Bolivia.
La stessa terra in cui è nato Josè, protagonista del fotoracconto in cui l’acqua è quella del fiume Tumusla, che scorre a 2.500 metri di altezza nelle valli boliviane. E con essa il piccolo Josè ha un rapporto fatto di amicizia e di gioco, ma anche di lavoro, fatica e persino un pizzico di paura. Perché l'acqua è sì insostituibile fonte di vita, forza e salute, ma se l'uomo non ne ha massima cura può diventare fonte di malattia e di pericoli, e persino un ostacolo insuperabile.
martedì 3 agosto 2010
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