giovedì 12 agosto 2010

A Rio tra favelas, grattacieli e traffico di persone

Oggi è il giorno del rientro dal Brasile per i tre giovani piacentini che hanno aderito al progetto Kamlalaf, accompagnati dalla nostra volontaria Danila Pancotti, e dall’assessore al Futuro Giovanni Castagnetti. Ma prima di rimettere piede sul suolo italiano, da uno di loro, Filippo Ambrosini, arriva un’ultima riflessione sulla realtà di Rio: una città dai forti contrasti e dove i fenomeni di sfruttamento sono all’ordine del giorno.
“A Rio de Janeiro, la montagna è a ridosso del mare e la povertà della favela si alterna al benessere dei grattacieli. Ciò che colpisce, al primo impatto, è l’estremità degli opposti. Francesca e Sarah, volontarie di ProgettoMondo Mlal, sono le nostre guide nella scoperta della città e dei progetti sociali di cui si occupano (all’interno del programma “La strada delle bambine”, ndr).
La mattina del primo giorno l’abbiamo dedicata al consorzio “Trama”, nato nel 2004 da una cooperazione tra enti, che ha l’obiettivo di combattere la tratta di persone (minori e donne) a Rio. Grazie a Francesca e Sarah, abbiamo conosciuto alcuni degli operatori che lavorano per questo progetto, tra cui tre educatori impegnati in strada e nelle favelas, dove i fenomeni di sfruttamento sono all’ordine del giorno. Seduti in un’aula della loro sede, ci hanno spiegato come il traffico di persone coinvolga il turismo e lo sfruttamento sessuale (attività molto diffusa a Rio), ma anche il commercio di ragazzini calciatori, il traffico di organi, la "schiavitù" di lavoratori e i matrimoni forzati.
“Trama” opera in vari modi: gli operatori monitorano il fenomeno, stando vicino ai ragazzi e ragazze delle favelas che possono rivolgersi a loro se subiscono una forma di sfruttamento, ma avviano anche corsi di sensibilizzazione e informazione rivolti a insegnanti, infermieri e ai giovani stessi, cercando di far loro conoscere i propri diritti e di spingerli a lottare per la propria dignità. Gli educatori ci hanno anche parlato del problema droga nelle favelas, dove addirittura già i bambini di 7 o 8 anni fanno uso di crack, droga poco costosa che porta alla dipendenza sin dalla prima volta: anche questo va a vantaggio dei trafficanti di persone, che sono facilitati nelle loro azioni di sfruttamento dallo stato psicofisico dei ragazzi.
Per comprendere a fondo le problematiche cui gli operatori del progetto “Trama” ci hanno posto di fronte, bisogna capire le tematiche sociali di Rio de Janeiro e del Brasile, che sono completamente diverse dalle nostre. Questo ci ha portato a sottoporli a tantissime domande, ma il tempo corre ed è arrivato il momento di visitare una favela nei pressi di Rio.
Il solo camminare per la città, fra le sue disuguaglianze sociali e strutturali, mi ha dato emozioni forti e ne sono rimasto affascinato. Una volta giunti nella favela l´impatto é stato forte: misere case di mattoni arroccate l’una sull’altra, rifiuti ovunque e le fogne che strabordano quando piove, peggiorando ulteriormente le condizioni igieniche. Ci fa da guida un abitante della favela stessa, e mentre avanziamo incrociamo sguardi di persone e bambini dal cui viso traspare tutto il loro sentirsi abbandonati e arresi al ruolo di emarginati dalla società. È una sensazione che fa male.
Entriamo in una casetta che é sede dell´associazione dei moradores (abitanti), un gruppo di persone composto da alcuni dei residenti, che ha l’obiettivo di migliorare la situazione nella favela stando vicino alle famiglie, ma anche confrontandosi con le autorità locali affinché onorino i propri doveri e rispettino i diritti della comunità. Conosciamo tre dei dieci rappresentanti di questa associazione, che ci spiegano come si accollino i problemi dell´intera favela (più di 20mila persone), nonostante gli aderenti e associati siano poco più di una trentina.
Ci hanno illustrato la situazione attuale, ed é facile cogliere il loro sconforto per come le autorità locali stiano intervenendo con una serie di progetti inerenti le infrastrutture, imponendoli, senza consultare prima gli abitanti per capire quali siano gli effettivi bisogni primari della comunità. Nonostante ciò non si arrendono e questo ci trasmette speranza: vedere pochi prendersi sulle spalle i diritti di tanti, non per interesse personale ma per il bene della comunità è così raro oggi che quasi ci commuove. Dopo esserci complimentati per il loro lavoro, torniamo a Rio toccati nell´animo.
Questo primo giorno nella grande città, cui ne seguiranno altri allo stesso modo intensi e indimenticabili, ha lo stesso denominatore delle due settimane precedenti: la speranza. Grazie a questo viaggio in Brasile ho conosciuto tante persone che dedicano la loro vita all’impegno per migliorare il mondo, nonostante le mille difficoltà quotidiane. Questo mi carica di forza, per poterci provare pure io”.

Filippo Ambrosini

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