giovedì 11 febbraio 2010

Ad Haiti non è più carnevale

Proprio recentemente lo scrittore haitiano Dany Lafferière, premio Medicis 2009, diceva: “Anche quando tutto crolla, la cultura resta. La cultura è l’unica cosa che Haiti può vantare di avere prodotto. E questa resterà. Non sarà certo una catastrofe a impedire ad Haiti di andare avanti sul cammino della cultura. Ciò che salva il Paese è infatti il suo popolo. È il popolo haitiano che fa vivere la strada, che dà la vita al Paese. Non ci lasceremo sopraffare dall’accaduto.”
Eppure il 12 gennaio, le tre città di Port-au-Prince, Léogane e Jacmel sono state colpite al cuore dal terremoto.
Tutto è crollato nella capitale costruita nel 1749: il Palazzo Nazionale (1924), la Cattedrale Notre Dame (1912), il Palazzo di Giustizia (1927) la Chiesa Saint-Louis di Turgeau (1880); le elegantissime case coloniali; addirittura il fortino Jacques che dominava fieramente la pianura dal 1804, quando venne costruito per difendere gli haitiani dal ritorno dei francesi.
A 30 chilometri più a ovest, a Léogane, dove stiamo realizzando il nostro progetto Piatto di Sicurezza, sono stati distrutti l’intero centro storico, la chiesa di Santa Rosa, i nostri Centri comunitari. Poco più a sud, a Jacmel, città d’arte e cultura, non esistono più il bellissimo centro storico, la via del Commercio, l’ospedale San Michele…
Tutti luoghi della vita quotidiana, oggi cancellati e occupati dagli accampamenti dei senzatetto. Tutto ciò stride enormemente con ciò che è stato fino al 12 gennaio del 2010: la vita nel centro storico di Port-au-Prince era straripante di vita, bollente, animatissima. I piccoli chioschi dei commercianti riempievano le strade impedendo persino il passaggio delle auto; le venditrici cantavano, gridavano, ridevano, a ogni ora del giorno. Alle loro spalle, in un alto edificio storico, veniva scritto e stampato, ininterrottamente dal 1898, il giornale nazionale Nouvelliste; lungo tutta la via rivendite di attrezzi agricoli e semi per coltivare le terre della provincia; e delle piccole librerie costituivano, per gli studenti e i giovani curiosi, avidi di conoscenze e prospettive, luoghi meravigliosi in cui perdersi.
Il bellissimo Palazzo di Giustizia brulicava di gente, era tutto un andrivieni di haitiani tradizionalmente sempre molto attenti agli affari del Paese. A questo popolo piace leggere, informarsi, chiacchierare, forse come nessun altro popolo latinoamericano. E ciò forse è il prodotto di una storia complessa, fatta di incrocio di varie culture, dal forte immaginario e una ricca creatività. E dai francesi hanno ereditato la lingua francese di cui si sono impadroniti con particolare maestria, tanto che tra le mani di scrittori straordinari quali, Jacques Roumain, René Depestre, Frankétienne o lo stesso Dany Lafferière, è diventata una produzione letteraria ricchissima e originale.



L’arte è molto presente anche nella pittura. Ovunque, a Port-au-Prince, a Jacmel, nelle città di provincia, si trovavano quadri ricchissimi di colore e di forme armoniose. Molte delle strade della capitale erano letteralmente tappezzate di tele fantastiche. E il mercato artistico era così fiorente che, persino nella capitale della vicina Repubblica Dominicana, a Santo Domingo, agli ignari turisti venivano venduti quadri haitiani. Pittori come Tiga, Préfète Duffaut, Frantz Zéphyrin o Mario Benjamin, riscuotono davvero l’ammirazione di tutti. Il gusto estetico degli haitiani è così originale che lo si ritrova poi in tutto l’artigianato, come nei bellissimi ferri battuti, nelle sculture e nei gioielli.
Tutta questa ricchezza, è vero, resterà agli Haitiani, perché è insita in loro stessi. La cultura dirige la loro vita e accompagna i loro gesti.
Per questo è importantissimo che oggi le Nazioni unite, la comunità internazionale e le ONG, lavorino insieme agli Haitiani, per assicurare a tutto questo enorme sforzo di ricostruzione un sostegno prima di tutto alla loro cultura.
Più che mai, infatti, il dialogo e la collaborazione saranno essenziali, affinché la ricostruzione non venga imposta come qualcosa di artificiale ed esterno, ma come nuovamente parte della loro cultura e della loro vita. Perché il Paese Haiti torni al suo popolo.

Nicolas Derenne
ProgettoMondo Mlal Haiti

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