giovedì 19 gennaio 2012

Mozambico. Timbri, verifiche e un libretto per circolare in bici

Con l’avvio del ristorante Prato Feliz del programma “Vita Dentro”, Progettomondo Mlal aveva comprato alcune biciclette, nel tempo accatastate in un angolo perché non funzionanti. Pensando di dare una ripulita, ho espresso l’intenzione di buttare via tutto, ma Elvis, uno dei beneficiari del progetto avviato per migliorare le condizioni di vita dei reclusi della Provincia di Nampula, mi dice che in Mozambico non si butta via niente: comprando pochi pezzi di ricambio, la bici tornerà perfettamente in grado di funzionare.
Lui non ha soldi, ma stabiliamo che gli vengano anticipati dal Progetto, a cui lui restituirà la somma scontandola dal suo salario, costituito da una borsa di inserimento lavorativo. Troviamo l’accordo e, senza perdere altro tempo, si carica in spalla i rottami della bici e va a cercare un meccanico.
Torna dopo qualche ora, mi dice quanti soldi occorrono e andiamo a comprare i pezzi necessari in una “loje” dove si vende di tutto. Trovati quasi subito, li porta dal meccanico e torniamo al ristorante.
Non so bene come sia stato possibile, visto lo stato in cui era ridotta la bici, ma la mattina dopo si presenta trionfante pedalando e volteggiando tutto impettito e con un sorriso che sembrava raddoppiargli i denti, sul luogo di lavoro. Passata l’euforia generale,si presenta subito un problema.
In Mozambico le biciclette devono avere una sorta di libretto, più o meno come i ciclomotori, che ne dimostri la proprietà, e che chi conduce la bici deve avere con sé, altrimenti se fermato dagli agenti di polizia può essere arrestato per furto, anche se generalmente poi tutto si riduce a pagare un “refresco”, una piccola mazzetta agli agenti che ti lasciano poi andare.
Ovviamente il libretto di questa bici si è perso, e bisogna fare una nuova immatricolazione, per la quale serve la fattura d’acquisto intestata a Progettomondo Mlal dal precedente capoprogetto, conservata nell’archivio dell’ufficio dell’Ong. Passa un giorno e dopo avere scartabellato tutto il possibile in un mare di scartoffie, la si trova. Con questa, Elvis e io ci rechiamo all’ufficio del registro comunale per l’immatricolazione. In questo ufficio,di fianco al mercato generale della frutta e verdura, in un’atmosfera quasi surreale, in una sala enorme piena di scrivanie e tavoli ridotti in uno stato pietoso, ci sono un uomo di mezza età seduto a un tavolo in mezzo alla sala, e un’enorme signora semiaddormentata che, dopo vari e ripetuti richiami, ci chiede cosa vogliamo. “Devo immatricolare una bici, cosa devo fare?” rispondo io. E la signora mi tende automaticamente una mano e mi dice “cinquanta meticais”. Per un momento rimango sconcertato, non capisco bene se è una mendicante o una specie di portiera incaricata di indirizzare le persone interessate. Sono le dieci di mattina. Non capendo,chiedo ad Elvis di parlare lui, e questa volta in lingua emacua si parlano loro due a lungo,e poi mi traduce. I cinquanta meticais servono a comprare il modulo che serve per fare la domanda. Allora pago,e solo dopo aver intascato il denaro la signora con molta fatica, e con molta calma, si insinua con la sua mole in uno spazio tra il tavolo e il muro scostando la sedia semi sgangherata, e da un cassetto tira fuori una fotocopia di un modulo. Nessuno sa spiegare bene perché queste fotocopie si paghino…
Comunque ce ne andiamo e, tornati al ristorante, compiliamo il modulo: marca della bici, data di acquisto e qualche altra formalità. La mattina seguente ci ripresentiamo all’ufficio preposto con la bici al seguito, perché deve essere esaminata dall’accertatore comunale incaricato e, consegnato il modulo alla signora, attendiamo che ritorni dopo una mezz’ora per dirci che non abbiamo pagato la tassa comunale dovuta. Chiedo perché non ce lo ha detto il giorno prima che c’era una tassa da pagare, e semplicemente risponde che noi non lo avevamo chiesto. Chiedo quanto costa e dove farla. Non lo sa. Va allora dal signore che è seduto in mezzo alla sala, che sembra non si sia mosso dal giorno prima, e dopo aver confabulato per qualche momento con lui ritorna con un pezzo di carta, con scritto il codice della banca.
Con una certa rassegnazione ci rechiamo a questa banca, dove Elvis si rifiuta di entrare. Ha “medo”, una sensazione che si può collocare tra la vergogna e la paura, e allora ci vado io in banca. Spiego che devo pagare la tassa sulla bici, che mi hanno dato quel foglio con il numero del conto. Con uno sguardo di compassione da parte dell’impiegata di banca che non capisce perché sia un bianco a occuparsi di queste quisquilie, pago ben trecentocinquanta meticais di tassa. Notare che il costo di una bicicletta oscilla tra i millecinquecento e i duemila meticais, a cui già si devono aggiungere i cinquanta dell’acquisto del modulo.
La mattina dopo non ho proprio voglia di tornare al registro e mando Elvis da solo, tanto ormai ha tutto, deve solo aspettare l’accertatore. Mera illusione! Dopo un’ora Elvis torna dicendo che sul modulo manca la firma del responsabile del progetto. E va bene, meglio non arrabbiarsi.
Alle dieci dell’indomani ci presentiamo al registro con il modulo firmato. La solita signora, molto tranquillamente, si avvia un’altra volta verso il cortile riuscendone quasi subito dicendo che manca sul documento il timbro dell’ufficio. Sto cominciando veramente ad arrabbiarmi, ma ancora mi trattengo,e spedisco Elvis di corsa in ufficio a far mettere il timbro di ProgettoMondo Mlal su quello stramaledetto foglio. Gli dico di fare in fretta mentre io lo aspetto là. In effetti, ritorna dopo un quarto d’ora, ma nel frattempo sono arrivati due o tre utenti, e dobbiamo attendere. Arrivato il nostro turno, consegniamo il foglio, esattamente come prima la signora esce, torna, e ci comunica che il timbro del progetto doveva essere messo in alto a sinistra sul foglio e non in basso. Quindi il documento è da rifare. Questa volta esplodo. Non mi trattengo più. Comincio a gridare in italiano, in portoghese, e quelle poche frasi di inglese francese e russo che conosco.
La signora in questione, con un tipico atteggiamento macua, si siede e abbassa la testa, come se in questo modo non fosse presente, l’altro signore a cui cerco di rivolgermi alza lo sguardo ripiomba nel suo lavoro come se neanche esistessi, nel frattempo le altre persone presenti sono uscite ed Elvis è scomparso.
All’interno del cortile vedo decine di bici e di ciclomotori accatastati,e due persone con dei registri in mano. Dopo un bel po’ arriva un accertatore per esaminare la bici e il documento va bene, ha addirittura due timbri, che sembrano essere il massimo per un documento legale. Tutto è diventato normale,forse perché nel mio sbraitare ho parlato di denunce, forse perché Elvis ha detto che ProgettoMondo Mlal lavora con le carceri e con la giustizia, ma tutto è a posto. Non ci sono problemi. La bici però, che nel frattempo Elvis non ha mollato un attimo, può essere esaminata solo nel pomeriggio. Ma Elvis non si fida, la bici può tornare con noi al ristorante, portata rigorosamente a mano e non pedalando, e Elvis torna alle due in punto per l’accertamento.
Al ristorante Elvis (che è anche attore nella compagnia teatrale del carcere) racconta la discussione e mima la mia rabbia mettendo tutti di buonumore, come se fosse stata raccontata una barzelletta. Poi candidamente mi dicono che avrei dovuto pagare il “refresco” e che, con due o trecento meticais, tutto si sarebbe risolto più rapidamente. Nel pomeriggio, finalmente, Elvis, con il suo raggiante sorriso,torna pedalando,e con il mano il famoso documento firmato. La bici ha di nuovo un libretto, ora si può andare a fare la spesa senza problemi.

Gianfranco Toldo,
volontario ProgettoMondo Mlal in Mozambico

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