Alberto Pizango, leader delle proteste degli indigeni a difesa delle foreste amazzoniche, é riuscito a sfuggire al mandato di cattura da parte del governo peruviano. Pizango é accusato di aver fomentato e provocato i disordini che venerdí 5 giugno sono sono sfociati nella terribile carneficina che, a quanto pare, ha lasciato a terra 33 indigeni e 24 poliziotti.
Da piú di due mesi blocchi e picchetti stavano paralizzando le vie di comunicazione e i distributori di carburante nel nord del Perú, per protestare contro il famigerato decreto legislativo 1090 che regolerebbe la gestione e lo sfruttamento delle foreste e del sottosuolo. In soldoni il governo di Alan Garcia, senza consultare le comunitá native che da secoli popolano un terzo del territorio del paese, con questo decreto lascia in mano alle grandi multinazionali, soprattutto nordamericane, lo sfruttamento degli idrocarburi e della immensa ricchezza forestale dell’amazzonia. Una vecchia storia giá vista nel vicino Ecuador e in tanti altri paesi a scarso reddito e abbondanti risorse naturali.
Con una spietata mossa calcolatrice, il 9 maggio di quest’anno, nonostante le forti critiche da parte di buona parte del mondo intellettuale e delle ong locali e internazionali, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza in tutte le zone della protesta, lasciando di fatto pieni poteri alle forze di polizia. I risultati non si sono lasciati attendere. Le notizie sono ancora confuse e contraddittorie, ma alcuni testimoni parlano di 200 indigeni uccisi a colpi di arma da fuoco e fatti sparite in grandi roghi o nelle acque del fiume Utcubamba, e di 24 poliziotti torturati e uccisi, 11 di questi sgozzati.
Alcuni colleghi cooperanti belgi hanno pubblicato delle foto su flickr. Sono immagini crude, come é cruda la realtá che si sta vivendo a Bagua.
LUCA SARTORELLI casco bianco in Perù nel progetto "Ricostruiamo!"
mercoledì 10 giugno 2009
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