mercoledì 29 maggio 2013

Una giustizia riparativa in Bolivia

“Se si vuole misurare la civiltà di un paese, bisogna valutare come tratta i propri bambini, le proprie donne, i propri anziani, i propri malati e i propri prigionieri". Da questa riflessione di Voltaire (scritta nel Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni) ha avuto luogo a La Paz il Seminario Internazionale "Giustizia Restaurativa, i progressi e le prospettive in Bolivia". L'evento (che ha registrato in tre giorni di attività un coinvolgimento di più di 700 persone, tra operatori del settore giudiziario, operatori dei sistemi carcerari e rappresentanti della società civile e della cooperazione internazionale) è stato organizzato dalla ONG italiana ProgettoMondo Mlal, l'Istituto boliviano Capacitacion y Derechos Ciudadanos, la Direzione Generale delle Carceri e il Ministero della Giustizia, con il contributo finanziario della cooperazione italiana.
L'incontro è stato molto importante per analizzare la pratica della giustizia riparativa in Bolivia. Una serie di relatori d’eccezione hanno messo a disposizione dei partecipanti le loro esperienze e conoscenze per un aggiornamento completo sullo stato di tale settore della giustizia in Bolivia, Brasile, Italia, Perù, Cile e Spagna.
Tra i vari interventi, significativa è stata l’esposizione del ministro della Giustizia, Cecilia Ayllon, sulla necessità di investire nella specializzazione del personale di giustizia minorile e in un approccio riparatorio, ovvero in una trasformazione dell’attuale forma e contenuto del sistema di giustizia penale. A differenza della giustizia penale convenzionale di carattere retributivo, la giustizia riparativa non considera il crimine solo come la lesione di una norma giuridica, ma fondamentalmente come un danno contro persone e relazioni interpersonali. E' quindi necessario responsabilizzare l'autore del reato rispetto alle proprie azioni, coinvolgere la vittima e la comunità nel processo, in modo da poter riparare il danno, e così riconciliare e reintegrare. Durante l’incontro, i vari interventi hanno permesso lo sviluppo di un’analisi della possibilità di introdurre questa nuova formula di giustizia, anche considerando che la stessa giustizia tradizionale nel paese (ad esempio quella indigena) integra i principi della giustizia riparatoria.
Per il caso Bolivia, è particolarmente stimolante l’esperienza pilota del centro Qalauma, situata nella comunità Surusaya della città di Viacha. Questa realtà,  fin dalla sua apertura nel mese di agosto 2011, sta ponendo le basi per un’attuazione concreta della giustizia riparatoria per minori in conflitto con la legge. La metodologia proposta a Qalauma, tra le altre cose, sta permettendo l'applicazione di programmi riparatori che lavorano sulla responsabilizzazione del colpevole, sull'incontro con la propria vittima e che, in pratica, si traducono in azioni e comportamenti che il giovane deve rispettare durante la sospensione condizionale della pena.
Di particolare rilevanza è l'ottimo progresso in termini di processi e tecniche di riabilitazione adottate dal centro Qalauma. Si sono riusciti ad applicare metodi di valorizzazione dell’essere umano e del suo potenziale, così come principi della cultura del buon trattamento e di giustizia riparatoria. Altri elementi da evidenziare nel centro sono gli stimoli, la responsabilità e la partecipazione dei giovani al lavoro di gruppo realizzato nei laboratori professionali e di lavoro-terapia (attività di carpenteria, stampa, industria alimentare, cucito e agricoltura), insieme all'istruzione scolastica, grazie alla recente apertura del Centro di Educazione alternativa "Ana Maria Romero de Campero", realizzato con il sostegno finanziario del governo italiano.
Proprio l'esperienza Qalauma ci porta al vicino Brasile, che sta introducendo il metodo di valorizzazione umana APAC (Associazione per la Protezione e la Cura dei Condannati), i cui principi si stanno progressivamente adottando anche tra le mura di Qalauma (per correggere un "costoso sistema che trasforma persone cattive in persone peggiori"). Il metodo APAC che solo nello stato di Minas Gerais conta 2000 condannati in 30 centri, ha dimostrato una reale capacità nella riabilitazione delle persone, con un tasso di recidiva del 10%,  riducendo la spesa pubblica a  4.450 dollari per ogni prigioniero. Guardando più da vicino il caso del Brasile, si rileva che l’amministrazione penitenziaria senza polizia è stata resa possibile da una maggiore e più efficace collaborazione intersettoriale, che ha beneficiato della partecipazione attiva dello stato, di comunità e di mercati, garantendo la sostenibilità economica e sociale del metodo implementato.
Il nocciolo della questione sta quindi nel passare da una sanzione che colpevolizza, punisce e guarda al passato, in cui i protagonisti sono la legge, il giudice, il pubblico ministero e gli avvocati, a una pace sociale che responsabilizza e scommette sulla riparazione, la riconciliazione e il futuro, coinvolgendo le vittime, l’infrattore e la comunità. Proprio questi attori constituiscono gli elementi fondamentali della giustizia riparatoria.
Anche In Italia, dove esiste da oltre 30 anni un sistema giudiziario specializzato per gli adolescenti fino ai 18 anni, ci sono esempi di questa metodologia. La normativa vigente si basa, sull’impossibilità di interrompere il percorso formativo degli adolescenti. Da qui si è sviluppato un sistema specializzato nella giustizia minorile, investendo nella formazione delle risorse umane, assicurando processi giudiziari veloci (sei mesi al massimo) e riconoscendo ai ragazzi con meno di 18 anni una responsabilità penale ridotta. In coerenza con il paradigma adottato, la privazione della libertà è diventata l'ultima risorsa da utilizzare. Inoltre si è lavorato su misure alternative alla privazione della libertà dei minori di 18 anni, coinvolgendo la comunità e i servizi sociali a livello statale e regionale. Il risultato di questo lungo cammino è che, in Italia, con una popolazione di 60 milioni di abitanti, vi sono solo 500 minori detenuti e 20.000 che beneficiano di misure alternative.
Grazie alle competenze sviluppate nel settore, il governo italiano ha deciso di sostenere la prima iniziativa di giustizia minorile con approccio riparatorio in Bolivia, il centro Qalauma appunto, e sta attualmente valutando la possibilità di finanziare un secondo segmento del programma per continuare a lavorare fianco a fianco con il Ministero della Giustizia e il Ministero del Governo dello Stato Plurinazionale della Bolivia, per condividere le migliori pratiche in termini di riabilitazione carceraria (così come in altri settori della cooperazione italiana come la salute), e contribuire allo sviluppo, alla progettazione e al miglioramento delle politiche del settore pubblico.

tradotto per ProgettoMondo Mlal da Giacomo Rotigliano

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