mercoledì 5 dicembre 2012

Bolivia: Spritualità, dinamite e censimento

Dal primo giorno in cui sono atterrato in Bolivia ho immediatamente intuito la sorprendente diversità, quasi magica, di questo Paese. Anche solo a livello di immagini: si esce dall’aeroporto e, in una valle dominata dal ghiacciaio dell’Ilimani, ti appare davanti La Paz con le sua case di mattoni rossi ammassate, e aggrappate come delle capre, nel fango delle montagne. É poi sufficiente una passeggiata negli interminabili e suggestivi mercati, zeppi di odori e colori (non proprio rispettosi delle migliori pratiche e norme igienico sanitarie), per respirare, nella confusione quotidiana dei claxon e nuvole nere dei gas di scarico del centro, l’aria “pura” di questa città a 4 mila metri di altezza sul livello del mare.
Ma cosa esattamente si nasconda dietro la tenerezza, l’umiltà, la gentilezza, ma anche la furbizia dei suoi abitanti –compresa una incredibile e sfacciata capacità di ricorrere alla scienza della bugia per giustificare allegramente un ritardo abissale o l’ennesima mancanza- rimane per me ancora misterioso.
Un amico antropologo sostiene che il consumo generalizzato e indiscriminato di alcol fino alla perdita dei sensi, aiuti a chiarirsi da “corazón a corazón”. Altri suggeriscono il ricorso a un “curandero”, o piú semplicemente a una suocera andina, per decifrare comportamenti inusuali.
E in effetti anche io ho personalmente visto mia suocera discorrere animatamente con la casa del vicino, o richiamare fuori dal balcone l’anima di mia figlia perché -a suo dire- scappata in seguito a uno spavento.
Proprio in questi giorni, poi, sto leggendo il libro di un educatore della nostra equipe boliviana in cui vengono raccontate le incredibili storie vissute in un carcere di La Paz. Il libro si intitola “celda 28” (cella numero 29), ovvero la cella che tempo addietro, con la stessa scioltezza con cui si acquista il pane in bottega, il mio amico educatore comprò da un detenuto per svolgere le sue attività di ricercatore in maniera indipendente.
É vero che, con il tempo, a tutto si fa un po’ il callo e dunque, anche se non si riescono a capire sempre le ragioni di quanto accade, quantomeno le anormalità diventano normalità. Anche se non sempre l’eccezione conferma la regola: mia moglie mi ha ad esempio raccontato la surreale storia, accaduta nel suo paese di origine, di un matrimonio celebrato da un prete cattolico (!) tra un bella signora e il suo compagno defunto. Quale sarà stata la ragione del matrimonio? Rispondeva a questioni legali di eredità (poi con il notaio tutto si risolve…) o per dimostrare che l’amore non ha limiti di tempo? Preferisco pensare alla seconda. Comunque, per la cronaca, la funzione si é svolta con regolarità, con lo sposo che giaceva nella bara e la partecipazione commossa della comunità, gli immancabili testimoni, la festa sfrenata, gli ettolitri di birra e la benedizione di Dio. ... Ed io che prima di questo racconto trovavo ancora parecchio sorprendente un altro matrimonio –a cui avevo personalmente assistito - di vacche sull’altipiano...
Un po’ mi dispiace che la Bolivia, nonostante tutti questi anni, riesca ancora -e immancabilmente- a rompere i miei schemi di lettura e interpretazione costruiti con tanta fatica....
Un’originalità che vale anche in campo politico, sebbene, per alcuni aspetti, dovrebbe essere una scienza un po’ piú razionale. A pochi giorni dal mio arrivo nel paese, ho personalmente visto l’incredibile pazienza e gentilezza dei boliviani, già per me incomprensibili, trasformarsi in una interminabile manifestazione di protesta con una settantina di morti.
Si trattava solo dell’inizio di un processo tutt’ora in corso, che ha poi portato alla nascita dello stato Plurinazionale di Bolivia (una bella formula avanguardista, e tutta boliviana, per dare riconoscimento al mosaico di etnie, culture, nazioni presente nel territorio).
Da quel giorno sono ormai passati quasi 10 anni, e molte particolarità di questo Paese, come le manifestazioni imprevedibili con il blocco delle strade principali e gli scoppi di dinamite al posto dei petardi, sono entrate nella mia piú assoluta normale quotidianità. Tanto che, circa un mese fa, anche una nostra operatrice é rimasta ferita dallo scoppio di una carica di dinamite fatta esplodere per fare un po’ di baccano in strada durante una protesta di minatori, mentre io nel mio cuore sospettavo fosse soltanto la scusa per non avere presentato un documento in tempo.
Detto tutto questo, qualcosa di boliviano ho assimilato anche io! Oggi ad esempio é il giorno del censimento nazionale e io sono a casa perché in ufficio non sono potuto arrivare.
Vige infatti una sorta di coprifuoco, chi trasgredisce rischia la una multa di 500 euro e, se ho capito bene, persino la detenzione. La città é deserta, tutto chiuso. Censiscono tutti: cittadini boliviani, residenti, stranieri, turisti.
Chi lo spiegherà perciò ai turisti perché non possono uscire dall’Hotel, e soprattutto come faranno gli addetti boliviani a comunicare con i turisti tedeschi o inglesi? In epoca di globalizzazione, qui in Bolivia, si sente infatti ripetere in modo ricorrente -e per dircela tutta anche un po’ ideologica- di de-colonizzazione e rivalutazione storico-culturale, dell’ alto insegnamento dell’Aymara e Quechua più che dell’utilità di apprendere tutti la lingua inglese... E’ vero anche che, per comunicare, una soluzione alla fine si trova sempre!
Mi chiedo se realmente non ci fosse una soluzione meno drastica che limitasse meno la libertà di movimento a un’intera popolazione. E giungo alla conclusione di sempre: nessuna alternativa era possibile.
Pensandoci bene, credo sia un retaggio degli anni della dittatura, trascorsi però da 30 anni, o forse semplicemente la conferma che da queste parti sono un po’ tutti matti davvero.
E mi consolo ascoltando Juancito, un amico boliviano che invece è parecchio soddisfatto dell’iniziativa tanto da commentarmela con un “é para que descansen!” (“un modo per riposarsi”). Bella risposta: l’unico giorno in cui i funzionari arriveranno puntuali é proprio oggi: alle 8 di mattina avevo infatti già il funzionario dell’Istituto Nazionale di statistica in casa!
E mentre mi intervista, noto che segna crocette qui e là con la matita!!!, lasciando interi spazi vuoti che chissà chi, quando e come, riempirà…
Non voglio pensarci. Non mi rimane che godere di questo giorno di privazione di libertà!

Roberto Simoncelli
ProgettoMondo Mlal Bolivia

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