venerdì 22 ottobre 2010

L'educazione che sfida il tabù della migrazione

Un territorio non facile, a tratti ostile e di certo poco preparato ad accettare di affrontare il tema della migrazione clandestina. A Khourigba, città da cui provengono la maggior parte dei marocchini in Italia (specie quelli diretti in Piemonte), parlare dei rischi della migrazione è ancora un tabù. E farlo con progetti educativi non canonici è ancora più complesso: si tratta di “sfidare” un sistema che prevede ancora moduli scolastici antiquati, basati su una rigida disciplina nelle classi che ricorre ancora a provvedimenti coercitivi e persino punizioni corporali. Eppure, con il programma recentemente concluso “Migrazione, tutti in rete”, ProgettoMondo Mlal è riuscito a introdurre nelle scuole un approccio alla formazione diverso, che poggia su delle sperimentazioni simili a quelle occidentali, che mettono al centro la corporeità e le dinamiche di gruppo (come risulta evidente dal breve video proposto qui sotto) e su cui studenti e insegnanti sono stati portati a riflettere. Avendo comunque sempre presente come punto di partenza una lettura del contesto sociale.
Khourigba è una città giovane, nata intorno agli anni '20 e popolata da berberi in arrivo dalle montagne per farsi minatori nell'industria dei fosfati. Una ricchezza naturale che ormai sta lentamente esaurendosi, tanto che le montagne artificiali, che si sono andate creando con gli scavi, iniziano a essere obiettivo di rimboschimento. Quel che rimane è una città in declino, fantasma, che vive delle rimesse di chi è emigrato all'estero, dove la gente ha i denti macchiati di giallo a causa dell'acqua contaminata dai fosfati, e con un livello culturale davvero molto basso.
Da qui la sfida di ProgettoMondo Mlal: organizzare un'equipe locale per coinvolgere i giovani della zona nei nuovi progetti di formazione avviati attorno alle mediateche.
La visibilità dei risultati – precisa la capoprogetto di “Migrazione tutti in rete” Teresa Leone - è stata tangibile, specie rispetto alle motivazioni”.
Gli spazi pubblici della città solitamente sono luoghi senza vita, abbandonati a se stessi, in cui la possibilità di esprimersi è davvero ridotta. Eppure il bacino d'utenza di certo non manca: è bastato stimolare con un approccio educativo diverso, e si è subito fatto avanti.
È vero che gli oltre 600 questionari di valutazione proposti hanno vista confermato, nel 90% delle risposte, il desiderio forte di partire. Ma è anche vero che l'obiettivo del progetto non è mai stato quello di fermare questi giovani (fermarli è impossibile!), ma piuttosto di fornire loro degli strumenti indispensabili per avere la consapevolezza del futuro a cui andranno incontro partendo.
Gli stessi strumenti che, come una sorta di effetto boomerang, hanno reso i giovani marocchini ancora più certi della miseria in cui vivono, dell'impossibilità di sbocchi professionali e studi approfonditi nel loro Paese.
Le mediateche aperte con il nostro programma (non solo a Khourigba ma anche Beni Mellal, dove il lavoro sulla migrazione è ormai accettato con serenità) continueranno ad essere utilizzate per la formazione di quadri e responsabili del sistema marocchino, attraverso progetti educativi parascolastici simili a quelli sperimentati dalla nostra organizzazione. Una grande soddisfazione quindi, resa possibile anche dal coinvolgimento di circa 25 associazioni locali, che hanno partecipato a un percorso di rafforzamento della gestione interna: imparare ad avere accesso ai fondi, come leggere i bandi e come realizzare infine nuovi progetti.
Un processo non facile, specie alla luce del fatto che negli ultimi anni il governo locale ha aumentato esponenzialmente i fondi per le associazioni, generando una corsa scoordinata, e non sempre giustificata, alla creazione di un numero sproporzionato di associazioni.
Un processo che, una volta selezionate e indirizzate le realtà più strutturate e capaci, ha comunque permesso di raccogliere una serie di frutti. Non solo tramite le mediateche, ma anche nell'ottica della formazione di operatori adibiti ai servizi sociali, figure finora pressoché assenti nel Paese, dove chi soffre di patologie legate a traumi (come le famiglie delle vittime della migrazione, che si trovano magari a dover affrontare un lutto importante) viene ancora sedato o rinchiuso nei manicomi.
Introdurre un approccio psicosociale rappresenta quindi un'ulteriore sfida. Che ProgettoMondo Mlal, pur con una serie di difficoltà, ha accettato di fronteggiare con la formazione di 25 operatrici sul tema della violenza contro le donne che, peraltro, sono sempre più protagoniste in prima persona del fenomeno della migrazione. Sarà questo l’obiettivo del nuovo Progetto sulle donne in Marocco, approvato dall’Unione Europea, che prenderà il via proprio da qui: dall'apprendimento di nuove tecniche di gestione dei gruppi di auto mutuo aiuto.
Farlo in Marocco significa scontrarsi con una realtà in cui vige ancora un forte controllo sociale, ma anche contribuire allo sviluppo di un Paese la cui ricchezza interna e potenzialità di crescita non mancano.



http://www.youtube.com/watch?v=4qsWKy-Se6E

Nessun commento:

Posta un commento