giovedì 24 aprile 2014

La storia di Luz

Prima tappa del viaggio Milano-Lima con scalo a Madrid. Devo passare dal terminal 2 al terminal 1, così mi incammino e per caso mi accorgo che davanti a me ci sono tre signore e un bambino che hanno formato un gruppetto di viaggio per cercare il proprio gate. Parlano spagnolo tra loro ed è chiaro che si sono appena conosciute.
Inizialmente mi accodo dietro di loro in silenzio, ma presto sono inglobata nel gruppetto: probabilmente avranno intuito che anche io devo prendere il volo per Lima!
Non sono ancora partita e subito mi rendo conto che sono già entrata nella tematica che a breve affronterò nel progetto in cui lavorerò: l’immigrazione e i diritti dei migranti.
Conversando, infatti, vengo a sapere che le tre donne sono peruviane, ma lavorano in Italia, mentre il bambino, che deduco abbia tra i 5 e i 6 anni, è probabilmente nato in Italia (o comunque c’è arrivato da piccolino) e, infatti, parla solo italiano con la mamma. Lui sta andando in Perù per rimanere là con la nonna, dal momento che sua mamma (che non ha più di 30 anni) non riesce a mantenerlo nel “nostro” Bel Paese.
Non so se lui sia consapevole di questo suo destino. A me lo ha detto una delle tre donne, Luz (nome di fantasia), che ha 35 anni e se da una parte mi racconta moltissimi fatti della sua storia personale, è anche molto curiosa e mi chiede se mi fermerò a Lima o se visiterò il resto del Perù; io le rispondo che mi fermerò a Lima per un anno intero, dove lavorerò per una ONG in un progetto sull’immigrazione. È strano doverlo spiegare proprio a lei che di immigrazione potrebbe parlarmene per anni… e, infatti, è proprio quello che fa: tempo zero secondi, mi chiede come si può fare, perché lei ha una sorella che vorrebbe venire in Italia. Eccola! La prima occasione in cui mi sento assalita dalla paura di essere impreparata e incapace di rendermi utile nella concretezza delle situazioni! Poi però allontano il timore e penso che non posso deluderla e così cerco di spiegarle meglio come funziona il progetto Perù Migrante consigliandole di visitare il sito, dove può trovare moltissime informazioni; e la verità è che il sito è fatto proprio bene ed è rivolto appunto alle persone che vogliono emigrare per renderle consapevoli dei rischi, dei diritti e dei doveri del migrante. Lei mi dice che facciamo molto bene a fare queste cose perché le persone, soprattutto quelle della sierra che spesso completano al massimo la scuola primaria, sono totalmente disinformate sulle reali difficoltà dell’emigrazione.
Poi riprende a raccontarmi la sua storia e mi spiega che è giunta in Italia nel 2001 clandestinamente, facendo scalo a Parigi per arrivare a Milano dove ha trovato lavoro solo dopo sei mesi e, passato un anno, ha ricevuto finalmente il permesso di soggiorno grazie ad una sanatoria. Nel 2005 è riuscita a tornare per la prima volta in Perù, in seguito nel 2009 ed ora per la terza volta sta rincasando a causa di un urgenza: sua sorella maggiore, purtroppo, non sta bene e mi fa intendere che è malata terminale.
È partita per l’Italia la prima volta per seguire le orme del suo fidanzato, con il quale aveva convissuto per quattro anni in Perù. Lui ha ormai tutta la famiglia in Italia; lei, invece è partita sola e lo è stata fino all’anno scorso, quando l’ha raggiunta, dopo 11 anni, sua figlia che, invece, è cresciuta con la nonna. “Mia mamma mi ha aiutata molto” mi dice, “l’ha cresciuta e ora sta facendo lo stesso con la bambina di mia sorella”. Anche la sorella di Luz, infatti, vorrebbe andare in Italia e ora lavora a Lima, mentre la madre le tiene la bambina; ma i soldi non bastano.
Luz aveva 22 anni quando venne in Italia, la figlia ne aveva cinque quando la lasciò; capisco che l’ha avuta a 18 anni e, oltre a ciò, il suo compagno di allora “non ha riconosciuto la bambina”, come lei mi fa sapere.
Ora la bambina è una ragazza che fa l’ultimo anno di superiori a Milano e si prepara per iscriversi all’università di infermieristica. Mi dice che adesso va bene con lei, ma all’inizio ci sono stati problemi; non erano abituate e spesso la figlia si approfittava della sua disponibilità, perché lei voleva darle tutto ciò che non aveva potuto offrirle nei dieci anni precedenti. Quando poi un giorno hanno litigato, “sono scoppiata” mi confida “e mia figlia mi ha chiesto scusa” ed è da allora che è sempre andata bene.
Poi mi racconta che ha due sorelle femmine, (e io penso: “che bello anche noi siamo tre sorelle femmine!”; lei però ha anche sette fratelli maschi e io, quelli, non li ho…), ma delle tre è l’unica ad essere emigrata e mi dice che per questo sarebbe molto contenta se la sorella potesse raggiungerla. Anche lei, dopotutto, si è trovata a dover pensare da sola a crescere propria figlia e il compagno di cui è rimasta incinta a 16 anni ora sta con un’altra donna e non si preoccupa di aiutarla a mantenere la bambina.
Chiedo a Luz se sarebbe in grado di trovare un lavoro per la sorella e lei mi dice che “sì, la sua datrice di lavoro cerca una badante per la suocera e che anche in Italia, per quanto non sia facile trovare lavoro, se ci si impegna a cercarlo, qualcosa lo si riesce ancora a rimediare…”
Chiaramente sono interessata a sapere come si è trovata in Italia e quindi glielo chiedo: “All’inizio” mi risponde “è stato un po’ difficile per la lingua e per la mancanza della famiglia” ma poi “mi sono ambientata”. Mi confida anche che deve ringraziare molto il fidanzato che l’ha spinta a partire: l’ha aiutata molto anche per il ricongiungimento di sua figlia: mi dice, infatti, che “ci vuole un reddito molto alto per il ricongiungimento”.
Mangiamo insieme con Luz e lei ci consiglia (a me e a Corinna, l’altra ragazza con cui farò servizio civile per ProgettoMondo e che nel frattempo è arrivata con il volo da Roma) di mangiare una volta arrivate “las Papas a la Huancaina” un piatto tipico di patate condite con una salsa di formaggio e peperoni gialli!

Silvia Donato
Casco Bianco "Perù Migrante"
ProgettoMondo Perù


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