Haiti, 9 mesi dopo. Eppure il tempo sembra essersi fermato al 12 gennaio 2010. I dati ufficiali delle Nazione Unite e del Governo di Haiti riassumono una situazione impressionante: 3,5 milioni le persone colpite dal terremoto, tra cui l’intera popolazione di Port Au Prince pari a 2.8 milioni di abitanti; 222.570 morti e 300.572 feriti accertati; 2.3 milioni di sfollati e senzatetto; 1.300 campi e tendopoli di accoglienza; 105.000 case distrutte e 188.383 gravemente danneggiate. Tra queste il Palazzo Presidenziale, il Parlamento e la Cattedrale di Port au Prince, per un totale del 60% delle strutture pubbliche.
E ancora, 8 ospedali distrutti e 22 seriamente danneggiati, pari a più della metà delle strutture sanitarie dell’area. E 4.992 scuole colpite dal terremoto, pari al 23% delle scuole dell’intero Paese. L’80% di queste –circa 3.978- completamente distrutte.
Nove lunghi mesi dal 12 gennaio del 2010, eppure non si notano segnali di ricostruzione.
Montagne di macerie sono ancora per strada, montagne di rifiuti maleodoranti ai bordi delle strade, specie vicino ai mercati di frutta e verdura che costituiscono la fonte di sopravvivenza per migliaia di famiglie, il brusio costante e ininterrotto di persone, che si muovono, camminano, gremiscono le strade, dribblando le suddette “montagne”, alla ricerca del loro contatto quotidiano.
Port au Prince, come se fosse una città bombardata e subito dopo viene invasa da una popolazione obbligata a sopravvivere in quella distruzione. Eppure, la sensazione che si avverte, fortissima, è di naturale vitalità, di un’umanità che resiste e che si adatta facilmente alla nuova realtà. Forse perché più abituata alla penuria, o semplicemente perché la cosa più importante per l’esistenza umana è la socialità: lo stare insieme ad altre persone rappresneta forse l’unica condizione assolutamente necessaria, seppur non sempre sufficiente, per vivere.
Léogane si trova a circa 30 chilometri da Port Au Prince. Per arrivarci occorre attraversare i quartieri a sud ovest della capitale, come Martissant, dove nell’attraversamento si perde almeno un’ora, quando va bene, tale è l’ingolfamento del traffico provocato dai migliaia di tap tap, bus coloratissimi con frasi straordinarie e originalissime: “La vie n’est pas toujours en rose, parfois elle est noire”, si legge sul retro di uno di questi automezzi che costantemente ti tagliano la strada insieme alle mille moto che, fugaci e temerarie, cercano di guadagnare strada metro su metro.
Léogane è stato l’epicentro del sisma. Una zona rurale dove le case sono rade e non esistono centri urbani concentrati. Qui, le case distrutte dal sisma -quasi al 90%-, non hanno quell’aspetto di morte come nel caso delle macerie di Port Au Prince. Gli odori sono gli stessi di prima, i colori anche, e la vita quotidiana rimane quasi quella di un tempo.
Anche i caschi blu della MINUSTAH sono gli stessi di prima, giovani soldati imberbi, coreani e singalesi, che dirigono alla meno peggio un traffico comunque non caotico. Qui in campagna la distruzione ha essenzialmente colpito strutture, abitazioni e scuole. Invece degli accampamenti con migliaia di famiglie, qui si vedono tende o baracche subito a ridosso delle macerie della propria casa distrutta.
Le uniche tende multifamiliari sono quelle delle scuole, e se ne vedono tantissime. Piene di bambini che vi trovano rifugio, nuovo luogo di gioco, di apprendimento e di futuro. Solo nella terza sezione del comune di Léogane, denominata Grand Rivière, esistono 48 scuole. Di cui solo 7 hanno avuto pochi danni minori, mentre delle altre 41 scuole 29 sono state completamente distrutte e 12 solo parzialmente in piedi.
Nella situazione attuale l’educazione è dunque una delle principali priorità in Haiti.
Il gruppo di lavoro interistituzionale sull’educazione, costituitosi appunto sull’Isola dopo il terremoto per la fase di ricostruzione, ha stabilito che 3.978 sono le scuole distrutte e danneggiate, di cui l’80% non ha ancora ricevuto alcun tipo di sostegno, nemmeno in termini di strutture temporanee e di forniture indispensabili ad assicurare il regolare programma delle lezioni.
Occorre poi segnalare che nel sistema scolastico haitiano prevale ancora una gestione privata delle strutture. Per cui, delle circa 5mila scuole colpite dal sisma, soltanto il 15% circa possono definirsi realmente scuole statali. Per il restante 85% si tratta di scuole riconosciute sì dal Ministero dell’Educazione ma gestite da privati: congregazioni religiose, cattoliche (in misura minore) o di altre chiese cristiane (in larga maggioranza), scuole comunitarie autogestite, o proprietari privati singoli, in moltissimi casi gli stessi direttori.
Si calcola che i destinatari delle diverse iniziative di assistenza post-terremoto siano un totale di 500mila studenti.
Nonostante però tutti gli sforzi per la riattivazione delle attività scolastiche, si è assistito nel periodo post-terremoto comunque a una riduzione delle iscrizioni, a cui si aggiunge uno strutturale basso livello di scolarizzazione (40%).
A Léogane, che è una delle zone maggiormente colpite dal sisma, è tornato a frequentare le lezioni meno del 50% dei bambini in età scolare. E in questo modo anche gli insegnanti hanno in gran parte perso il proprio posto di lavoro, ritrovandosi a ricercare nuove possibili fonti di reddito.
ProgettoMondo Mlal è presente a Léogane da molto prima del terremoto. Ha potuto dare subito una prima risposta immediata di emergenza, ma soprattutto ha potuto fin dall’inizio contribuire al complesso processo di ricostruzione del Paese, con l'avvio immediato del programma "Scuole per la Rinascita".
Mario Mancini
Programmi ProgettoMondo Mlal
martedì 12 ottobre 2010
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