mercoledì 17 settembre 2014

Settimo, non sprecare!

Settimo, non sprecare” è un evento promosso dal 2 al 4 ottobre a Verona dall’Ong veronese ProgettoMondo Mlal con la Provincia di Verona, Architetti Senza Frontiere e IUAV, World Biodiversity Association, Jardin de los Ninos onlus e Asociation civil Jardin de los ninos, grazie al contributo della Regione Veneto.
Saranno tre giorni di educazione e sensibilizzazione sulla sostenibilità ambientale a cui sono invitati a partecipare studenti degli Istituti superiori veronesi (alle attività in programma a Villa Buri) e contemporaneamente, alla Loggia di Frà Giocondo, l’appuntamento è per associazioni, amministratori, studenti universitari, cittadini. La scommessa è creare una task force di soggetti che, a diverso titolo, saranno più sensibili e orientati ad un cambiamento negli stili di vita propri e per una città più sostenibile.
Per organizzatori, promotori e sponsor, partire dal mondo della scuola è doveroso: 50 studenti degli Istituti superiori veronesi, si ritroveranno infatti immersi nel contesto naturalistico di Villa Buri, potranno sperimentarsi in workshop, laboratori dedicati al risparmio delle risorse, all’importanza del riuso e del riciclo. La proposta alle scuole culminerà sabato 4 ottobre, con 250 studenti che, dalle 9.00 alle 12.30 festeggeranno la XIV Giornata della Biodiversità, con la partecipazione di Giovanni Onore della Fundacion Otonga, in prima linea per la salvaguardia della foresta Otonga e del suo patrimonio di biodiversità.
Verrà anche dato spazio alle idee dei giovani per una cittadinanza attiva in cui l’ambiente abbia un Open Book Workshop che offrirà una metodologia partecipativa per far emergere idee innovative a tutela dell’ambiente, con l’impegno poi di tradurle in pratica.
ruolo centrale, grazie all’
Associazioni, amministratori, studenti universitari, cittadini potranno invece partecipare al workshop di approfondimento “Slum Twinning. Città globali, città informali, città emergenti. Il ruolo della cooperazione internazionale nello sviluppo sostenibile”, organizzato da Architetti Senza Frontiere.
Il workshop che si svolgerà alla Loggia di Fra Giocondo giovedì 2 ottobre dalle 9.30 alle 18.30 propone, grazie all’intervento di esperti del settore della cooperazione internazionale, attori istituzionali e professionisti del mondo dell’ingegneria e dell’architettura, una riflessione sulla vita negli slums e nelle periferie urbane per condividere esperienze a Nord e a Sud che possano invertire il processo ormai inarrestabile dell’inurbamento e del moltiplicarsi di periferie di megalopoli.

Comunicazione ProgettoMondo

Per info:educazione@mlal.org

Leggi il programma 

martedì 16 settembre 2014

I sogni spezzati delle spose bambine

Collaborando con Ipaj (Instituições Publicas de Assistência Jurídica), ho conosciuto molte donne che si rivolgono qui per denunciare l’abbandono da parte del marito e la mancanza di un sussidio alimentare per crescere i figli. Ciò che impressiona maggiormente è l’età di queste donne. In Mozambico i matrimoni precoci sono infatti all’ordine del giorno.
Sposarsi, essere obbediente, diventare una buona moglie e donna di casa, assicurare la continuità della specie umana, prendersi cura del marito e non ribellarsi contro i suoi ordini: sono alcuni dei principi che fin dall'infanzia le comunità infondono nelle donne, non valutando il danno che provocano nelle giovani che in questo modo sono costrette ad interrompere l'istruzione per dedicarsi a servire marito e figli.
Purtroppo per molte famiglie povere il matrimonio precoce è una fonte di reddito e un modo per sopravvivere, a costo di ipotecare sogni e futuro.
Il cosiddetto “lobolo” è ciò che il futuro marito offrein dote alla famiglia della sposa, sotto forma di capulanas (tessuti africani), galline, caprette e soldi ed è per questo che, nelle zone rurali, le ragazze vengono considerate dai genitori doprattutto come una fonte di beni. Ci sono casi in cui i leader di comunità, in cambio appunto di denaro, bestiame e altri beni, prendono in spose ragazze di 13-15 anni di età.
Spesso queste ragazze sposano uomini che vivono già con altre donne e, nella maggioranza dei casi, lasciano la scuola, iniziando ad avere figli molto presto e rendendosi così vulnerabili agli abusi sessuali e al contagio di Hiv/Aids. Le complicazioni durante la gravidanza, infatti, stando ai dati dell'Unicef, sono una delle principali cause di morte delle ragazze di età compresa tra i 15 ei 19 anni.
Il Mozambico è il paese che registra il più alto tasso di matrimoni precoci dell’Africa Australe; e a livello mondiale occupa il settimo. Le statistiche nazionali confermano che più della metà delle donne mozambicane si sposa prima dei 18 anni.
Le province di Nampula e Zambezia sono le più colpite: a Nampula, il 58% delle ragazze si sposa prima di raggiungere 18 anni, mentre un altro 37% ha un’età compresa tra i 20-24 anni.
A completare questo quadro e a dimostrare la gravità della situazione, ci sono anche le cifre del Ministero: se l’80% delle bambine frequenta la scuola elementare, la percentuale che prosegue la scuola media è tra il 5 e il 15%, mentre meno del 5% arriva alle superiori.
Secondo l'agenzia delle Nazioni Unite le bambine, o adolescenti, non sono preparate né fisicamente né psicologicamente a diventare mamme; purtroppo però molti mozambicani considerano questa consuetudine una tradizione che dev'essere rispettata e non è raro sentirsi rispondere che “solo i genitori sanno cosa è meglio per le loro figlie” o che “se le cose sono sempre state così,  nulla può essere fatto per cambiarle”.
I matrimoni precoci violano i principi giuridici dello stesso Mozambico, nonché i Diritti Fondamentali dei Bambini.
Il paragrafo 3 dell'articolo 119 della “Costituzione della Repubblica del Mozambico” asserisce, infatti, che l'unione tra due persone dev’essere basata sul libero consenso. Mentre nella “Legge della Famiglia” n° 10/2004, il paragrafo 2 dell’articolo 30 afferma che i giovani con più di 16 anni possono eccezionalmente sposarsi con il consenso dei genitori. In ogni caso, ciò indica che sotto i 16 anni i matrimoni sono illegali.
Specialmente nelle comunità rurali è, dunque, necessario rompere il silenzio.
Questo è quello che da anni ormai cerca di fare Ipaj grazie a un “Servizio di Ascolto” dedicato alle donne e ai bambini vittime di violenza domestica, che ha lo scopo di rimediare alle conseguenze negative che sorgono dalla pratica del matrimonio precoce.
A tal proposito, la scorsa settimana Ipaj ha approfondito questo tema a un Seminario organizzato in una Scuola Superiore di Nampula, durante il quale si è discusso di come prevenire tale problema endemico.

Il seminario che si è tenuto alla Scuola Superiore di Nampula faceva parte del programma di eventi promosso da Ipaj - l’istituzione dove svolgo parte del mio servizio civile – per il ventesimo anniversario della sua costituzione.

Ipaj è stata creata 2 anni dopo l’Accordo di Pace e i suoi funzionari sono molto fieri che la loro istituzione sia nata proprio nel periodo di rinascita del Paese, quando in discussione erano i fondamenti e le basi del nuovo Mozambico.
Ricordiamo che le speranze suscitate dall’indipendenza dai portoghesi (25 giugno 1975), che governavano il Paese da quattro secoli, erano state distrutte nel 1976 con lo scoppio della guerra civile fra le forze governative guidate dal Frente de Libertacao de Mocambique (Frelimo) e la Resistencia Nacional Mozambicana (Renamo). Le drammatiche conseguenze della guerra civile, sommate poi alla peggiore siccità dell'Africa Australe del XX secolo, avevano provocato 1 milione e mezzo di morti e 1 milione e 700 mila di rifugiati nei paesi vicini.
Così, il 4 ottobre del 1992, il Presidente Chissano e il leader della Renamo, Alfonso Dhlakama, firmarono a Roma - con la mediazione del governo italiano, delle Nazioni Unite, dell'Episcopato Cattolico Mozambicano e della Comunità Cattolica di S. Egidio - un Trattato di Pace che prevedeva la consegna di tutte le armi alle Nazioni Unite e la smobilitazione di tutte le milizie entro sei mesi con l'obiettivo di ricostruire un esercito nazionale unitario.
Ed è appunto in questo contesto che è nato Ipaj, un contesto socio-politico complesso dove i problemi sociali non mancavano.
L’idea di commemorare oggi i 20 di vita di Ipaj nasce dall’esigenza di continuare nell’opera di sensibilizzazione dei settori marginali della popolazione sulle diverse tematiche che porta avanti - tali come la difesa dei diritti, i matrimoni prematuri, l’integrità durante il periodo di reclusione - e per promuovere le proprie iniziative di assistenza giuridiche.
Per l’occasione Ipaj ha dunque organizzato, su temi legati ai diritti umani, una serie di eventi alla Scuola Superiore di Nampula, a Namaita (una comunità a circa 30 Km da Nampula), a Muatala (un quartiere periferico della città) e nel Carcere Femminile.

Crstina Danna
Casco Bianco Mozambico
ProgettoMondo Mlal

venerdì 12 settembre 2014

Rientri assisititi entro marzo 2015

Sono sempre più i migranti che ritornano volontariamente nei loro Paesi di origine, sostenuti dai progetti finanziati dal Ministero dell’Interno attraverso il Fondo Europeo Ritorno.
Rispetto ai 228 casi registrati nel 2009, tra il 2013-2014, sono infatti stati contati già oltre 2.000 rientri. Di questi, circa il 55% ha ricevuto un supporto alla reintegrazione socio-lavorativa e il 71% era di sesso maschile; 81 sono le nazionalità dei ritornanti, anche se oltre la metà proviene da Tunisia, Ecuador, Perù e Marocco.
La nuova iniziativa del Consiglio Italiano per i Rifugiati–Onlus (Cir), “Integrazione di Ritorno2”, avviata da pochi mesi in partenariato con Oxfam Italia e il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), e con il coinvolgimento di ProgettoMondo Mlal in Perù, raccoglie e rilancia l’esperienza di un primo progetto che ha garantito a 25 nuclei familiari (45 persone in totale) l’informazione e l’orientamento nel loro percorso di decisione volontaria al ritorno. Al termine di questo percorso, 32 persone (inclusi 12 minori) hanno fatto ritorno nel loro paese d’origine e sono state quindi accompagnate in ogni fase, incluso il monitoraggio del percorso di reintegrazione.
Nello specifico, 27 persone sono tornate in Ecuador, 4 in Colombia e 1 in Ghana. Tra questi ci sono stati giovani come Mario, 24 anni, arrivato in Italia ancora minorenne per ricongiungersi con la madre. Qui, ha studiato per prendere la licenza media e ha frequentato un anno di una scuola per metalmeccanico. Ha poi interrotto gli studi per cercare un’occupazione. Ha svolto attività lavorativa come operaio macchinista, allestitore, magazziniere, metalmeccanico. Poi la crisi economica, le difficoltà, la madre che decide di tornare in Ecuador, l’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno. Da qui la scelta di tornare in Ecuador, dove l’aspettava tutta la famiglia e dove poter ricominciare. Ora lavora presso l’officina di gommista del fratello.
Ines, arriva in Italia nel 2009 lasciando in Ecuador due figli, per ricongiungersi alla madre. Vista la pessima relazioni con il patrigno, si stacca dalla madre e cerca di mantenersi lavorando come badante, operaia, addetta alle pulizie, cameriera, cuoca in un ristorante. Trova un nuovo compagno da cui ha un bambino. Ma l’uomo si rivela violento e Ines finisce in ospedale diverse volte prima di riuscire a separarsi. La situazione economica si complica, perde il lavoro, non riesce a sostenere i costi dell’affitto e dell’asilo per il figlio. Si rivolge al progetto per tornare a casa. In Ecuador dopo diverse difficoltà d’inserimento, dovute soprattutto alla mancanza di una rete familiare e di supporto e dove altri 2 figli l’aspettavano, riesce a stabilirsi in una nuova casa, riunendo con sé tutti e tre i figli, contenti di essere tornati finalmente insieme. Grazie al supporto di Fundación Esperanza, partner locale di Oxfam Italia in Ecuador e di una buona rete di vicinato, sta avviando un’attività di vendita di bibite e alimenti preparati in casa, mentre i figli frequentano regolarmente la scuola pubblica.
Hanno chiesto di tornare anche persone con percorsi in Italia lunghi e costruttivi com’è il caso di Carlos, un signore sessantenne che vuole ricominciare una vita nel suo paese di origine: è operaio e in Ecuador vuole avviare un’impresa edile, valorizzando anche le competenze acquisite in Italia, per preparare il ritorno anche della compagna che è rimasta in Italia. Il progetto ha inoltre assistito alcuni casi vulnerabili come quello di una giovane studentessa universitaria, che non riesce più a mantenersi agli studi e finisce in circuiti di sfruttamento e violenza prima di trovare la forza per riprogettare il suo futuro.
Queste alcune tracce di percorsi migratori che ad un certo punto si volgono indietro verso il paese d’origine per guardare al futuro. Persone che dopo anni di permanenza nel nostro paese scelgono volontariamente di tornare a casa, ognuna con la propria storia, un progetto di vita e ragioni per ricominciare.
Se sei dunque un migrante proveniente da Algeria, Ghana, Perù, Ecuador, Colombia,
e vuoi tornare a vivere nel tuo paese di origine, il progetto “Integrazione di Ritorno2”
mette a disposizione servizi di orientamento, un contributo economico per favorire la reintegrazione nel paese di ritorno e accompagnamento in loco per realizzare un micro progetto di inserimento socio-professionale per 80 cittadini provenienti da Algeria, Ghana, Perù, Ecuador e Colombia che vogliono tornare a vivere nel loro Paese.
Le partenze sono previste fino al 31 marzo 2015.

Scaricare il materiale informativo plurilingue (Italiano, Inglese, Francese e Spagnolo):
Contatti
  Roma: galosi@cir-onlus.org 06 69 200114 / 335 6027180
  Milano: milano@cir-onlus.org 335 1649072

martedì 2 settembre 2014

I primi sette fundraiser ProgettoMondo

Sandro Benedetti, Enrico Buttignon, Paolo Gatti, Alessandro e Andrea Lener, Mario Lonardi e Roberta Morosillo. Sei uomini e una donna, provenienti da tutta Italia, sono loro i primi 7 runner ProgettoMondo che oltre ad allenarsi per affrontare il 5 ottobre la Verona Marathon si stanno impegnando per fermare la malnutrizione materno infantile in Burkina Faso.
Tra di loro ci sono runner navigati, sportivi del weekend e pure antisportivi, uniti dalla voglia di mettersi in gioco per una causa comune: assicurare 60.000 pappe ipernutrienti ad altrettante mamme e bambini.
Si stanno allenando, ce la stanno mettendo tutta, ma per tagliare il doppio traguardo sportivo e solidale hanno bisogno anche del tuo aiuto.

Se anche tu vuoi seguire il loro esempio: diventa Fundraiser e attiva il tuo profilo sul portale "La rete del dono". Fai partire una gara di solidarietà tra i tuoi amici, parenti e conoscenti invitandoli a sostenere la tua corsa con una donazione.


Corri con ProgettoMondo
ferma la malnutrizione infantile

 

Per adesioni e informazioni: 045 8102105, veronamarathon@mlal.org

 

 

lunedì 1 settembre 2014

Il nostro viaggio solidale

Da sinistra: Alberto Vaona e Dimitri Avesani
Alberto Vaona e Dimitri Avesani, due ciclo-viaggiatori veneti, sono in partenza per l'America Latina, dove per tre mesi a una nuova scommessa sportiva affiancheranno un iniziativa di solidarietà, visitando i progetti di sviluppo di alcune associazioni e Ong italiane che operano in Sud America (tra le quali anche la veronese ProgettoMondo).
Invitiamo voi amici e lettori del nostro blog a seguire il loro diario di viaggio su pedalande2014.blogspot.it e a supportare l'impresa sostenendo la raccolta fondi "1 euro per chilometro percorso", il cui ricavato andrà a finanziare i progetti che visiteranno.

Ecco come si presentano loro:

"Il 15 settembre insieme al mio compagno di viaggio, Dimitri Avesani, partiremo per Lima (Perù), da dove in sella alla bicicletta e con le tende in spalla pedaleremo fino a Buenos Aires (Argentina), passando per Perù, Bolivia, Cile e Argentina. Si tratta di un viaggio di oltre 6.000 km - tutto a pedali - che durerà 3 mesi e che ci vedrà soprattutto sulle Ande peruviane e boliviane - oltre 6 km di altezza - in seguito nella Foresta Amazzonica (tra le popolazioni Guaraní), fino a giungere nelle grandi pianure argentine.Nel nostro percorso visiteremo luoghi spettacolari come il Colca Canyon, Macchu Picchu, il Lago Titicaca, il Gran Salár di Uyuni, le miniere del "Tío" (il diavolo) nel Cerro Rico di Potosí. Percorreremo il temibile "Camino de la Muerte" che conduce da La Paz a Coroico e esploreremo la "Sierra de l'Hombre Muerto" nel Nord argentino. Attraverseremo anche il deserto di Atacama, che forse conoscerete grazie ai libri di Sepúlveda, e quello di Lípez con i suoi laghi colorati. Saliremo nel punto più alto del pianeta in cui è possibile arrivare in bici (Vulcano Uturuncu - 6000 metri) e passeremo per i luoghi in cui fu ucciso Ernesto Che Guevara.
Non siamo nuovi a viaggi di questo tipo (vedi qui, qui e qui), ma questa volta gli aspetti sportivi, naturalistici e storici saranno accompagnati da un intento umanitario.
Nei paesi che visiteremo sono attive, infatti, diverse organizzazioni non governative e associazioni veronesi (ProgettoMondo Mlal; Ponti; Amici della Bolivia) e non veronesi (Operazione Mato Grosso, Fondazione Madonna di Monte Berico), che portano avanti progetti di cooperazione allo sviluppo ormai da decenni: progetti di accoglienza, educazione, nutrizione, recupero sociale e di sostegno legale in favore di minori; progetti di cooperazione agricola, veterinaria e di commercio equo/solidale, ma anche, come nel nostro caso, di turismo responsabile e comunitario che rende protagonisti i visitanti e i visitati grazie a un clima di inter scambio culturale.
Come già fatto in passato durante il viaggio terremo un blog,  dove sarà possibile seguire l'avventura in tempo reale, vedere i luoghi che attraverseremo, conoscere i progetti che visiteremo e sostenerli: miriamo, infatti, a raccogliere per ogni chilometro percorso 1 euro da devolvere in favore dei progetti che avremo la fortuna di conoscere.
Il ritorno è previsto per Natale 2014, sperando di non contrarre malattie come malaria, changas o dengue, o di non incappare in altri imprevisti.
Restate quindi aggiornati sul nostro blog e aiutateci a realizzare il nostro sogno!"

Alberto Vaona
Dimitri Avesani


Itinerario di Viaggio