giovedì 30 ottobre 2014

A scuola di cinema, e non solo. Il Cinema Africano per le scuole e i ragazzi

Proiezioni a scuola e una mostra arricchita da un vero e proprio progetto per facilitare la conoscenza dei giovani sulle pietre miliari della democrazia, a partire dall’eredità lasciata da Nelson Mandela al mondo. Ma anche una lettura animata per conoscere, tramite la piccola Iko nata in Burkina Faso, un’Africa un po’ diversa da come solitamente ce la immaginiamo.
ProgettoMondo Mlal quest’anno triplica le proposte elaborate in occasione della 34esima edizione del Festival del Cinema Africano, e si rivolge ai giovani del territorio con una serie di iniziative e attività didattiche tutte da scoprire.

Come di consueto, l’associazione veronese si prepara a portare il cinema nelle scuole di ogni ordine e grado di Verona e provincia, direttamente nelle classi o attirando gli alunni nelle sale dei cinema che ospiteranno il festival. In entrambi i casi la presenza di esperti e ospiti internazionali (dal 7 al 15 novembre a Verona, e fino al 6 dicembre in Provincia) stimolerà dibattiti e riflessioni per guardare il mondo attraverso il cinema.
I numeri degli studenti coinvolti continua a crescere, e si sono superate di gran lunga le 5.500 adesioni (nel 2013 sono state 4mila), distribuite tra Verona (oltre 2mila), San Giovanni Lupatoto, Sommacampagna, Bussolengo, Villafranca, San Bonifacio, Bardolino, Lazie, Colà, San Martino Buon Albergo, Soave e i comuni della Val d’Alpone.
Anche quest’anno, oltre al Premio “pubblico scuole”, verrà rilanciato il Premio “Il Colombre”, che sarà assegnato da una giuria di 6 studenti dell’Enaip, appositamente formata e preparata con specifiche lezioni e approfondimenti.
Da diversi anni ormai la scuola si trova davanti al difficile compito di ripensare se stessa e il proprio ruolo nella società, soprattutto alla luce dei rapidi cambiamenti del mondo attuale, sempre più cosmopolita.
Nel variegato mondo delle proposte didattiche interculturali, quindi, quelle realizzate da realtà come il Cinema Africano, puntano a fornire alle nuove generazioni gli strumenti necessari a decodificare i messaggi e riconoscere gli stereotipi, mettendo in evidenza quegli elementi di novità che possono diventare un punto di partenza essenziale per comprenderne le influenze culturali, le condizioni di vita, le aspirazioni e le speranze.

Mutamenti e sviluppi culturali e politici sono anche al centro del progetto Mandela27, nato da una collaborazione fra l'Unione Europea e il Sudafrica, e proposto durante il Festival in collaborazione con ProgettoMondo Mlal.
La lotta contro l'apartheid e il ruolo di Mandela nella guida del cambiamento politico, saranno al centro della mostra esposta dal 10 al 13 novembre nel foyer del teatro Camploy in via Cantarane 32. Si tratta di una replica in scala reale della cella di Mandela a Robben Island, con l'esposizione di pannelli che ripercorrono i fatti dall'inizio dell'apartheid alla sua abolizione.
Mandela27 però è più di una mostra e comprende anche un serious game che propone una romanzo a fumetti digitale e interattivo, per farsi un'idea concreta di come fosse la vita di un prigioniero politico a Robben Island. Inoltre il progetto ha realizzato una mappa culturale con 100 fatti particolarmente rilevanti che hanno contribuito al cambiamento politico in Europa e Sudafrica, come la caduta del muro di Berlino, i concerti per la libertà e l'euforia per la liberazione di Nelson Mandela nel 1990. Gioco e mappa sono consultabili su www.mandela27.eu.

La cultura si fa leggendo, e quest'anno ProgettoMondo Mlal, propone anche la lettura animata del fotoracconto “Un giorno con Iko”, che si terrà lunedì 10 novembre alle 14 alla libreria Pagina 12, in Corte Sgarzarie 6/A a Verona.
Attraverso la lettura e alcune attività il pubblico potrà conoscere Iko, una bambina di 9 anni che vive in Burkina Faso, in una specie di piccolo condominio africano dove tutti si danno una mano per tirare avanti. Nel fotoracconto, Iko invita a visitare la sua casa, a conoscere i suoi familiari e amici, a giocare, mangiare e sognare con lei. La sua vita, seppur vissuta in povertà, alla resa dei conti non è per niente male, e restituisce l'immagine di un’Africa un po’ diversa da come ce la immaginiamo, dove non ci sono solo capanne di paglia, la danza della pioggia non è un ballo folcloristico, e la Tv si vede bene proprio come da noi.

Per maggiori informazioni: educazione@mlal.org – www.progettomondomlal.org – 045.8102105

Campagna Io Non mangio da solo 2014 per fermare la malnutrizione materno-infantile

Grazie al programma “Mamma!”, in appena 3 anni, ProgettoMondo è riuscito a dimezzare il tasso di malnutrizione del Burkina Faso (38%). Un risultato rilevante che, con particolare orgoglio, possiamo dire di avere condiviso, prima ancora che con medici e multinazionali dell’Aiuto, direttamente con le mamme, villaggio per villaggio, casa per casa.
ProgettoMondo Mlal dedica perciò la campagna Io non mangio da solo 2014 alle mamme, nutrici per eccellenza. Contrariamente a quanto si dice, infatti, prima ancora che essere “ciò che mangiamo”, noi siamo in realtà “ciò che mangiavano le nostre mamme” quando ancora ci avevano in grembo e poi, ancora, siamo “ciò che le nostre mamme hanno potuto darci” da mangiare fino all’età di 5 anni.
Perché essenzialmente la nostra alimentazione si gioca tutta in questi primi anni di vita. Dei 18 mila bambini che, sotto i 5 anni, muoiono ogni giorno nel mondo, quasi la metà perde la vita per cause legate alla malnutrizione, e 30 milioni dei bambini che nascono ogni anno hanno una crescita già compromessa a causa della malnutrizione delle loro mamme.
Il primissimo bisogno umano è infatti alimentarsi. Prima ancora di venire alla luce, aprire gli occhi, respirare, e toccare, il bambino cresce con e grazie al nutrimento materno. L’alimentazione è il vero e proprio primo scambio mamma-bambino e, come sanno bene tutte le mamme, proprio su questo scambio si costruiranno gran parte di intimità e condivisione di un lungo futuro legame.
Ecco, la campagna “Io non mangio da solo” 2014 vuole coinvolgerci tutte e tutti nella lotta alla malnutrizione materno-infantile, a cominciare da lì dove possiamo davvero incidere e mettere in moto un concreto cambiamento.

Partecipando tutti al progetto “Mamma!” possiamo garantire subito una pappa ipernutriente a 60 mila bambini e seguire e curare 600 mila casi di malnutrizione di mamme e bambini.
Seguici sul gruppo di Facebook "Io non mangio da solo" regalandoci una tua ricetta di pappa, sul blog della campagna, partecipa alle nostre iniziative e condividi con i tuoi amici. Puoi aiutarci acquistando o donando uno dei nostri gadget ma anche con una piccola donazione.

mercoledì 29 ottobre 2014

Teatro e foto aprono il Festival del Cinema Africano

Teatro e suggestivi scatti fotografici annunciano la 34esima edizione del Festival del cinema africano.
L’annuale appuntamento con la kermesse cinematografica veronese inizierà fra poco più di una settimana, il 7 novembre, per proseguire fino al 16 novembre.
Giovedì 30 ottobre, alle 21, si terrà però un primo appuntamento di apertura del Festival, che porterà sul palco del teatro Camploy in via Cantarane 32 “Il sogno di King. Le parole di Martin Luther King e il suo sogno sono il filo rosso di questo inedito spettacolo teatrale prodotto dalla Compagnia La Formica, in collaborazione con le associazioni AfricaFriends e Asequagui.
Il giorno dopo, il 31 ottobre, sarà inoltre inaugurata alle 18 la mostra Je Reviens, un racconto fotografico di un viaggio che inizia a Lampedusa e arriva fino in Mali, attraversando Tunisia, Libia, Niger e Costa d’Avorio. Un percorso a ritroso, lungo le rotte dei migranti, compiuto da Giovanni Cobianchi e proposto a Verona negli spazi del Museo Africano in vicolo Pozzo 1, dove rimarrà esposto fino al 16 novembre.

Je reviens è il frutto di un’amicizia nata con un gruppo di giovani profughi centrafricani conosciuti a Verona presso un Centro di accoglienza in cui Cobianchi ha lavorato tra il 2012 e 2013. I drammatici racconti dei ragazzi sulla loro fuga da casa, la traversata del deserto, le morti di alcuni compagni durante il viaggio della speranza, hanno spinto l’autore della mostra a ripercorrere a ritroso il medesimo itinerario, raccogliendo esperienze e storie attraverso la fotografia.

lunedì 27 ottobre 2014

Verona festeggia i 30 anni dei Senza Terra in Brasile

I 30 anni dei Senza Terra in Brasile diventano spunto per parlare di giustizia. Di quella giustizia che, come proclama il titolo dell’incontro fissato per venerdì 31 ottobre al Centro unitario missionario (Cum) in via Seminario a San Massimo, “deve essere di questo mondo”.
L’appuntamento, organizzato dall'Editrice Missionaria Italiana in collaborazione con il Centro Missionario di Verona, la rivista ComboniFem, l’associazione MLAL, Rete Radié Resh e il Centro Unitario Missionario di Verona con inizio alle 20.45, avrà per protagonista il leader stesso del Movimento Sem Terra, João Pedro Stédile, eccezionalmente a Verona per dare voce al movimento contadino nato nel 1984, dalle occupazioni di terra nel sud del Brasile. Coordina la serata il teologo Marco Dal Corso.
L’occasione è offerta dall’uscita del libro “La lunga marcia dei Senza Terra”, scritto a tre mani da Claudia Fanti, Marinella Correggia, Serena Romagnoli e pubblicato da EMI, per raccontare la prima storia del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra, nato 30 anni fa in Brasile per coordinare le lotte dei contadini schiacciati dai latifondisti. Il Movimento ha creato una vera e propria nuova cultura popolare, grazie anche all'alleanza con la "Pastorale della terra" della chiesa brasiliana, con le comunità di base, i vescovi e i teologi della liberazione, ed è oggi presente in 24 stati del Paese, coinvolgendo un milione e mezzo di persone.
La figura di Stédile è particolare e rilevante. Il coordinatore del Movimento è nato a Rio Grande del Sud da piccoli agricoltori di origine italiana, le cui famiglie erano emigrate dal Veneto e dal Trentino Alto Adige. Fin da ragazzo si è legato alla Commissione Pastorale della Terra, dove è iniziato il suo lavoro a favore dei contadini senza terra, che ancora oggi è più vivo che mai.

venerdì 24 ottobre 2014

L’impegno italiano per una giustizia minorile restaurativa

Il principio cosiddetto “restaurativo”, applicato in tutte le fasi della giustizia minorile, garantisce la giusta attenzione agli adolescenti e ai giovani in conflitto con la legge e promuove la loro piena reintegrazione sociale con una considerazione del reato, più che in una visione duale delinquente-vittima, quale “prodotto sociale” e dunque come la “rottura di un equilibrio” che la giustizia ha il compito di ristabilire, o quantomeno contribuire a ristabilire.
ProgettoMondo Mlal da anni in Bolivia sta appunto cercando di promuovere nel sistema di giustizia penale minorile “l’approccio restaurativo”, grazie ai diversi progetti pilota realizzati in quest’ambito, alle collaborazioni strette in quasi 10 anni di impegno con società civile e operatori di giustizia, al sostegno delle organizzazioni che partecipano al Tavolo Interistituzionale sulla Giustizia Penale Minorile (MIJPJ) creato nel 2007.
Questi sforzi sono stati finalmente premiati in luglio con l’approvazione di una nuova legge del governo (Legge Nº 548/2014 promulgata il 17 di luglio 2014) che sancisce l’entrata in vigore del nuovo “Codice del Bambino, Bambina e Adolescente”.
Nei giorni scorsi, l’impegno di ProgettoMondo Mlal è stato ulteriormente premiato e soprattutto riconosciuto: un dettagliato documento (ribattezzato la Dichiarazione di La Paz), già sottoscritto da più di 100 personalità nell’ambito della giustizia e del mondo accademico provenienti da vari dipartimenti della Bolivia, nonché da esperti internazionali, impegna adesso il governo boliviano a implementare il principio di giustizia “restaurativa”, già contenuto nel nuovo Codice, nelle pratiche nel proprio assetto sociale e giudiziario, grazie alla firma della Ministra di Giustizia dello Stato Plurinazionale di Bolivia, Sandra Gutiérrez.
E proprio un’ong italiana, ProgettoMondo Mlal, che alle spalle ha l’appoggio e i cofinanziamenti di Ministero degli affari Esteri italiano e Unione Europea, è stata chiamata a collaborare all’elaborazione entro 350 giorni del regolamento attuativo delle misure e pratiche che dovranno concretizzare le politiche restaurative, la formazione di nuove figure professionali e proporre alternative adeguate alla pena per i minori.
Tutto ciò è avvenuto nella cornice del II° Congresso Internazionale di Giustizia Restaurativa (23-26 settembre) organizzato in Bolivia da ProgettoMondo Mlal, il Ministero di Giustizia boliviano, Iseat e l’appoggio di CVCS, CDC, con il patrocinio della Cooperazione Italiana, l’Unione Europea, il Ministero di Cultura e il Comune di La Paz.
Il II° Congresso Internazionale di giustizia restaurativa rappresentava l’atto finale del Progetto bi-nazionale Liber'Arte, promosso da ProgettoMondo Mlal, e cofinanziato dall’Unione Europea, contemporaneamente in Bolivia e Mozambico, rispettivamente a favore dei giovani privati di libertà residenti nel Centro di Reintegrazione di Boane (Mozambico) e in Qalauma (Bolivia).
È oggi sotto l’occhio di tutti come, nel corso dei due anni del progetto Liber'Arte, la formazione e l’esperienza artistica e culturale abbiano trasformato la vita delle giovani e dei giovani privati di libertà di questi Centri. Così come le diverse attività artistiche realizzate hanno evidenziato i rilevanti risultati ottenibili attraverso l’integrazione dell’arte e della cultura nell’ambito dei programmi socio-educativi di reinserimento sociale dei giovani privati di libertà sul piano dell’autostima, della costruzione di una nuova identità e nei processi restaurativi nei confronti della vittima e la comunità.
Gli obiettivi del Congresso erano promuovere e dare visibilità allo scambio di buone pratiche nel sistema di giustizia per gli adolescenti; ottenere un impegno anche formale per l’implementazione dei meccanismi di giustizia restaurativa nei procedimenti contro i minori con responsabilità penale; assicurare il riconoscimento dell’importanza della partecipazione delle vittime nel processo restaurativo; e sistematizzare l’inserimento della formazione artistica e culturale nel modello socioeducativo, come possibilità per la reintegrazione sociale.
Il Congresso ha infine garantito un importante spazio alla scambio di buone pratiche grazie alla testimonianza portata da esperti internazionali e i responsabili di centri di reintegrazione e/o istituzioni pubbliche che stanno sperimentando modelli di eccellenza sul piano della giustizia restaurativa provenienti da Mozambico, Brasile, Colombia, Perù, Italia.
Il documento “la Dichiarazione di la Paz”, fatto ora proprio dal governo boliviano, e le raccomandazioni allegate, sono il prodotto dell’intenso lavoro svolto da gli esperti riuniti nei tavoli tematici su “Conciliazione”, “Meccanismi di Giustizia Restaurativa”, “Formazione, Reintegrazione Sociale e Reti Comunitarie” e “Arte Cultura nelle misure socio-educative”.
Il documento impegna formalmente il governo boliviano, e nello specifico il Ministero della Giustizia, a rafforzare il Tavolo Interistituzionale di Giustizia Penale Minorile e i tavoli dipartimentali a cui ProgettoMondo Mlal sta partecipando nell’ambito di un nuovo Progetto, “Giustamente”, cofinanziato dal Ministero Affari Esteri Italiano e attualmente in corso.
Si chiede, inoltre, la costruzione di una cultura di pace attraverso le pratiche restaurative; la promozione di programmi di reintegrazione sociale; la formazione nei meccanismi di giustizia restaurativa di operatori di giustizia minorile; la creazione di reti interistituzionali per sostenere le azioni di orientamento e di reintegrazione sociale; l’integrazione di arte e cultura nei programmi socio-educativi per la reintegrazione dei giovani privati di libertà e il sostegno delle istituzioni pubbliche locali nella creazione di reti per la referenza e contro referenza dei casi di libertà assistita o per l’applicazione di misure alternative alla privazione di libertà conformemente a quanto stabilito dal nuovo Codice).
Nel corso del Congresso, l’impegno internazionale che lo Stato della Bolivia ha assunto nell’ambito della giustizia restaurativa, è stato evidenziato, e pubblicamente riconosciuto, grazie all’intervento di Felice Longobardi, Direttore dell’Ufficio Regionale della Cooperazione Italiana, ma anche nelle parole di Juan Planas, Ministro Consigliere della Delegazione dell’Unione Europea, e dalla rappresentante di ProgettoMondo Mlal, Marialuisa Milani, che ha sottolineato il rapporto di stretta collaborazione che si è creato tra la nostra istituzione e il Vice ministero di Giustizia e Diritti Fondamentali con cui, nell’ultimo anno, e mezzo abbiamo collaborato affinché la promulgazione del nuovo Codice potesse divenire una realtà.
Una particolare attenzione alla “vittima”, figura quasi sempre dimenticata nei sistemi di giustizia nazionale, è stato offerta da Carlo Riccardi, criminologo, mediatore e responsabile della formazione della Camera Arbitrale di Milano (Italia). Riccardi ha affermato che “quando qualcuno è vittima di un reato, si produce una frattura che coinvolge non solo l’offeso e l’offensore, ma è una rottura del patto di cittadinanza su cui si regge la ace sociale”. Il principio della Giustizia Restaurativa guarda quindi alla giustizia come alla necessità di ristabilire per quanto possibile un equilibrio capace di riconfermare quel patto di cittadinanza garantendo nuova dignità non solo alla persona offesa, ma anche all’offensore.
“E’ ancora molto il cammino da fare per la piena applicazione del principio della Giustizia Restaurativa in Bolivia - ha commentato il coordinatore del programma di ProgettoMondoMlal, Roberto Simoncelli- ma occasioni come queste realizzate a La Paz permettono di avanzare non solo sul piano del dibattito concettuale, ma anche concretamente nel coordinamento degli sforzi promossi dai diversi attori per poter far sì che le pratiche restaurative possano divenire una realtà nella quotidianità del sistema di giustizia boliviano, garantendo l’implementazione di un sistema di giustizia che si faccia veramente garante dei diritti.


Abraham Colque – Coordinatore Equipe Socio-Educativa Centro Qalauma
Marialuisa Milani – Policy Officer Giustizia Giovanile ProgettoMondo Mlal

mercoledì 22 ottobre 2014

Bolivia, Morales fa terna

Una vittoria schiacciante, senza ombre di dubbio, quella di Evo Morales che ha nuovamente trionfato alle elezioni presidenziali in Bolivia, ottenendo oltre il 61% dei voti da circa 6 milioni di elettori. L’ex sindacalista, presidente della Bolivia dal 22 gennaio 2006, si appresta così ad iniziare il suo terzo mandato.
Alle elezioni il Mas, partito di governo, si è infatti imposto in 8 dei 9 dipartimenti del Paese. Alle spalle di Morales, il leader di Unidad Democrata, Samuel Doria Medina (noto imprenditore del cemento), con il 24,5% dei voti, segue il Partito Democratico Cristiano con il 9%, mentre i partiti “Movimiento sin Miedo” e il recente costituito partito “Verde” non raggiungono il 3% di voti validi, perdendo cosi, secondo la normativa elettorale, il registro nazionale.
I dati definitivi dell’importante appuntamento elettorale non sono ancora pubblici, nonostante il Tribunale Elettorale avesse promesso che la domenica stessa delle votazioni, il 12 ottobre, sarebbero stati diffusi i risultati al 90% di completezza.
I risultati ottenuti, con la stragrande maggioranza dei voti andati al partito di governo, non ha sorpreso nessuno, neppure i partiti di opposizione. Quello che invece ha suscitato non poche perplessità e proteste è stata la inettitudine dimostrata dal Tribunale Supremo Elettorale che, più volte durante il conteggio, ha diffuso la notizia che il sistema si era inceppato, che si erano registrati errori nei conteggi e altre inconsistenti complicazioni, a causa delle quali non si poteva avanzare con la rapidità annunciata.
Finalmente, quasi in sordina, ecco nella giornata di domenica 19 l’annuncio dei risultati pressoché definitivi (in due comuni si devono rifare le votazioni per irregolarità comprovate) a comprovare i primi sondaggi (detti “boca de urna”). La stampa si limita dunque ad riportare i dati diffusi tramite una conferenza stampa dell’organo elettorale e tenendo al minimo i commenti.
All’indomani della pubblicizzazione dei numeri, i partiti usciti perdenti da quest’ultima competizione esprimono serie perplessità e dubbi circa la veridicità dei risultati e annunciano iniziative di denuncia. Lo stesso governo, alleato alla Coordinatrice dei movimenti sociali affini al Mas (Conalcam), fa la mossa di promettere un audit tecnico al Tribunale Supremo Elettorale per identificare i problemi creatisi durante lo scrutinio e individuare i responsabili che hanno fatto ritardare la proclamazione dei risultati, minacciando sanzioni.
Per quanto riguarda la composizione dell’assemblea legislativa, il partito di governo si è assicurato la votazione dei 2/3 sia alla Camera che al Senato. Ciò significa che nei 5 anni a venire la guida Morales avrà l’appoggio maggioritario in seno al potere legislativo.
Per la prima volta nella storia della Bolivia, hanno avuto la possibilità di votare per le elezioni presidenziali anche i residenti all’estero. E anche in questo caso si registra l’ampia vittoria per il Mas con il 72,29% dei voti a suo favore.
Le votazioni all'estero si sono svolte contemporaneamente in 33 Paesi per un totale di 267.610 elettori residenti in 69 città.
 
Anna Alliod
ProgettoMondo Mlal
Bolivia

Emergenza Kurdistan: non lasciamoli soli

Fuggono dal massacro, sono scampati a un probabile genocidio: sono un milione e 800 mila gli sfollati in tutto il Kurdistan iracheno (5 milioni di abitanti), 156 mila gli sfollati nella sola Erbil.
Da quando, il 6 agosto, i peshmerga curdi si sono ritirati dalla Piana di Ninive, hanno trovato rifugio dove possono. Ankawa Mall era un centro commerciale in costruzione, ora trasformato in un centro di raccolta per i cristiani di Qaraqosh e Bartalla: 250 famiglie, oltre 2 mila persone che ora vivono in mini stanzette con pareti in lamierino montate sul nudo cemento. Sono fuggite, come tutti i cristiani della Piana di Ninive, come gli yazidi e le altre minoranze perseguitate, di notte, a piedi, senza poter portare nulla con sè.
Per questo Focsiv e Avvenire hanno deciso, d’intesa con Iscos-Cisl, Mcl, MASCI, Azione Cattolica e Banca Etica di sostenere un progetto di cooperazione grazie alla presenza del Team Focsiv, diretto da Terry Dutto. È il progetto «Emergenza Kurdistan: non lasciamoli soli».
L’animazione dei ragazzi è il primo passo, quello che gli esperti di primo soccorso umanitario definiscono «Child protection»: da lì può partire una serie di interventi mirati secondo la filosofia Focsiv di completare con l’«elemento mancante» a quello che è il sostegno di base di Unicef e Acnur. Si tratta di fornire pentole e posate a chi ha solo un fornelletto; il sale per cuocere a chi riceve un pacco di riso alla settimana; coperte a chi ha solo un materassino; kit igienico sanitari in particolare per donne con neonati; istruzione, per chi ha il tempo.
Terry Dutto, inviato Focsiv per le emergenze umanitarie attualmente ad Erbil, racconta le condizioni drammatiche in cui gli sfollati, che incontra con le attività di animazione dentro e fuori l’Ankawa Mall, vivono in questi giorni: “Le condizioni di vita ora nelle aree di aggregazione degli sfollati non sono cambiate molto rispetto ai primi accampamenti di Agosto. I più fortunati sono in camere di pannelli prefabbricati con la presenza di 10 persone per vano, includendo due, talvolta tre nuclei familiari. Altri sono in campi allestiti con tende di tela, ma qui la situazione è più difficile e lo sarà ancora di più quando arriverà l'inverno con temperature intorno agli zero gradi. Qui la pioggia sta facendo gravi danni e creando sofferenze. – aggiunge Terry - Tende sotto l'acqua, materassini bagnati e fango hanno costretto molti a sloggiare nella notte, scene pesanti da digerire. Le istituzioni non riescono a porre un freno a queste difficoltà gravissime e la salute di moltissime persone sarà messa in grave pericolo, soprattutto quella dei bambini. Il problema é di una vastità tale che non permette di fare cose in fretta, mentre gli sfollati arrivano ancora a migliaia.”
I profughi si rifugiano dove possono, ma questa non è vita. Il tuo aiuto è vita.

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martedì 21 ottobre 2014

Haiti, dopo il colera la febbre

Nei giorni scorsi più di 300 persone, tra loro anche molti bambini, sono stati accolti all’ospedale pubblico Sainte Therese di Hinche, nell’altipiano Centrale di Haiti. La stessa provincia già colpita nelle scorse settimane da una nuova epidemia di colera.
Ogni giorno, quindi, vengono letteralmente presi d’assalto sia il Pronto soccorso generale, sia il reparto pediatrico dell'ospedale. I pazienti presentano i sintomi di una febbre che i medici non sono ancora riusciti a identificare per la mancanza di risultati convincenti dalle analisi di laboratorio.
"I sintomi – ha rivelato infatti il direttore medico, il dottor Jean Daniel Laguerre, ad AlterPresse - somigliano ai sintomi della febbre tifoide. Ma è ancora molto difficile fare una diagnosi accurata”. Il dottor Laguerre ha anche confessato che, almeno in 6 casi, si è dovuto intervenire in emergenza per scongiurare il decesso dei pazienti: "Non possiamo dire esattamente di cosa si tratta. Tuttavia bisogna adottare delle vere misure di sicurezza".
Purtroppo in alcuni casi chi avverte questi sintomi non si rivolge subito all’ospedale scambiandoli per quelli della chikungunya (malattia febbrile acuta virale, epidemica, trasmessa dalla puntura di zanzare infette, ndr.), scegliendo l’ospedale quando ormai la situazione è davvero grave. A questo quadro così delicato si sommano poi facilmente delle complicazioni.
Inoltre, da circa due settimane, la città di Hinche non riceve più acqua potabile e dunque buona parte della popolazione usa l'acqua stagnante del fiume per soddisfare le esigenze domestiche quotidiane.
Una situazione intollerabile che, peggiorata dalla bassa quantità delle piogge, non fa che alimentare l’aumento dei casi di colera. Ogni giorno all’ospedale Santa Teresa di Hinche arrivano infatti più di venti persone con sintomi di colera.
L'abbandono di pratiche igieniche regolari unito alla carenza di acqua potabile e all’inquinamento delle acque del fiume sono i fattori con cui si spiegano l'aumento della malattia del colera a Hinche.


Luisa Zamperini
ProgettoMondo Haiti
equipe Nuove Energie

giovedì 16 ottobre 2014

Giornata mondiale dell'alimentazione

Grazie al programma “Mamma!”, in appena 3 anni, ProgettoMondo è riuscito a dimezzare il tasso di malnutrizione del Burkina Faso (38%). Un risultato rilevante che, con particolare orgoglio, possiamo dire di avere condiviso, prima ancora che con medici e multinazionali dell’Aiuto, direttamente con le mamme, villaggio per villaggio, casa per casa.
ProgettoMondo Mlal dedica perciò questa giornata alle mamme, nutrici per eccellenza. Contrariamente a quanto si dice, infatti, prima ancora che essere “ciò che mangiamo”, noi siamo in realtà “ciò che mangiavano le nostre mamme” quando ancora ci avevano in grembo e poi, ancora, siamo “ciò che le nostre mamme hanno potuto darci” da mangiare fino all’età di 5 anni.
Perché essenzialmente la nostra alimentazione si gioca tutta in questi primi anni di vita. Dei 18 mila bambini che, sotto i 5 anni, muoiono ogni giorno nel mondo, quasi la metà perde la vita per cause legate alla malnutrizione, e 30 milioni dei bambini che nascono ogni anno hanno una crescita già compromessa a causa della malnutrizione delle loro mamme.
Il primissimo bisogno umano è infatti alimentarsi. Prima ancora di venire alla luce, aprire gli occhi, respirare, e toccare, il bambino cresce con e grazie al nutrimento materno. L’alimentazione è il vero e proprio primo scambio mamma-bambino e, come sanno bene tutte le mamme, proprio su questo scambio si costruiranno gran parte di intimità e condivisione di un lungo futuro legame.
Ecco, la campagna “Io non mangio da solo” 2014 vuole coinvolgerci tutte e tutti nella lotta alla malnutrizione materno-infantile, a cominciare da lì dove possiamo davvero incidere e mettere in moto un concreto cambiamento.

Partecipando tutti al progetto “Mamma!” possiamo garantire subito una pappa ipernutriente a 60 mila bambini e seguire e curare 600 mila casi di malnutrizione di mamme e bambini.
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lunedì 13 ottobre 2014

Bolivia, arte tessile in mostra

Gli artigiani sono venuti da tutta la Bolivia, non solo con i loro prodotti tessili tipici, ma anche con i loro vestiti, cappelli e sandali, diversi per ciascuna comunità. C’erano telai orizzontali e verticali, telai alla cintura e a pedali, nonché donne e uomini che filavano la lana. Una fantasia di colori incredibile.
A fine settembre, come ProgettoMondo Mlal, in collaborazione con l’Asociación Villa San Antonio de Qutapiqiña (AIQ), già nostro partner locale nel Progetto “Qutapiqiña”, abbiamo partecipato con il nuovo Progetto “Tessendo Culture” al 5° Incontro di Arte Tessile Indigena Originaria – “Tessendo l’anima dei popoli” – promosso dal Ministerio de Culturas y Turismo e organizzato dalla Fiera a La Inversa.
Personalmente, come Casco Bianco ProgettoMondo Mlal, nei primi due giorni ho aiutato l’Aiq nella vendita dei prodotti artigianali (sciarpe, guanti e cappelli di alpaca, nonché lana grezza e lana filata) e cercavo di dare risposte alle tante domande che la gente ci poneva sull’Associazione.
Accanto al nostro stand c’era un gruppo del Beni (Amazzonia) che realizzava prodotti con fibre vegetali: archi, frecce, cappelli, porta oggetti, ciotole, prodotti di ogni tipo.
E se l’artigiana dell’Aiq spiegava loro come i fili di alpaca potessero avere diverse dimensioni, loro spiegavano a noi come anche i fili delle piante potessero essere gli uni diversi dagli altri. Sempre la stessa artigiana ogni tanto prendeva una sciarpa e la sbatteva energicamente sugli altri capi. Io, stupita, gli ho chiesto il motivo: “è per scacciare la sfortuna”, mi risponde, in altre parole, per vendere molto.
Sull’altro lato, invece, c’era un altro stand di Apolobamba, le Bartolina Sisa di Pelechuco. Qui, oltre ai prodotti tessili, avevano collane, braccialetti e penne decorate.
Mi aiutavano traducendo dall’aymara e si mettevano in posa per farsi fotografare, contentissime di mostrare ai passanti le loro creazioni. I bambini seguono dovunque i loro genitori perché qui non esistono i nonni a cui lasciarli (lavorano anche loro!) o gli asili. Eppure si comportano bene, eccezion fatta quando le matasse di lana di alpaca finivano… nella minestra.
Per non lasciare lo stand incustodito, al momento del pranzo le “hermanitas” facevano a turno, e per la prima volta le ho osservate nella preghiera mentre, sedute in terra (sopra il suo awayo), prima di mangiare, fanno un ringraziamento alla Pachamama (la Madre Terra).
Nel frattempo l’artigiano del Beni finiva di costruire un flauto e provava a suonarlo, così durante il pranzo potevamo ascoltare una musica migliore di quella proposta dal Comune.

Eleonora Falchetti
Casco Bianco in Bolivia
Progetto Qutapiqiña

venerdì 10 ottobre 2014

Elezioni in Mozambico: il ritorno di Dhlakama

Mozambico è alla vigilia del voto: il 15 ottobre gli elettori sceglieranno Presidente e membri del nuovo Parlamento.
La vera novità di questo appuntamento elettorale è rappresentata dalla ridiscesa in campo di Afonso Dhlakama, leader della Resistenza Nazionale Mozambicana (Renamo), da due anni esiliatosi nella Provincia di Sofala da dove comunque ha continuato a impartire ordini ai suoi per tenere sotto pressione il governo, colpevole, a suo dire, di non rispettare l’Accordo di Pace firmato nel 1992.
Uscito allo scoperto circa due mesi fa, Afonso Dhlakama è riapparso a Maputo per siglare la tregua tra gli ex guerriglieri della Renamo e forze governative del Fronte di Liberazione Nazionale del Mozambico (Frelimo). L’intesa, che dovrebbe simboleggiare la fine della crisi politica e militare del Paese, ha in calce la data del 5 settembre e appunto le firme del leader della Renamo, Afonso Dhlakama, e del Presidente del Mozambico, Armando Guebuza.
Sostenitori di questo accordo sono stati gli ambasciatori d’Italia, USA, Portogallo, Botswana e l’Alto Commissariato dell'Inghilterra. Le cessate ostilità militari tra le due forze hanno portato a un inizio del processo di smilitarizzazione e reinserimento delle forze residue della Renamo, alcuni nella vita civile in attività economiche e sociali e altri nelle forze armate del Mozambico e nella polizia mozambicana.
La legge che sancisce l’accordo è stata promulgata e approvata dalll'Assemblea della Repubblica, ma si tratta di una provocazione perché, sia nell’accordo di Roma (1994) che nell’accordo di Maputo (2014), si sostiene che le rispettive leggi furono firmate in un "principio di buona fede". Inoltre, è prevista una Missione di Osservatori Militari Internazionali (Emochim) composta da 9 Paesi (Africa del Sud, Botswana, Italia, Zimbabwe, Kenia, Cabo Verde, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti) che dovrebbe garantire l’applicazione dell'accordo. Il periodo di monitoraggio, che durerà 135 giorni, è però stato avviato da pochi giorni, il 30 settembre.
Ad ogni modo, proprio grazie a questa intesa, è stata sancita la libera partecipazione di Afonso Dhlakama alla campagna per le elezioni presidenziali alla quale concorrono dunque tre partiti politici: Mdm (Movimento Democratico del Mozambico) con Daviz Simango, Frelimo (Frente di Liberazione del Mozambico) con Filipe Nyusi, e Renamo (Resistenza Nazionale del Mozambico) con Afonso Dhlakhama.
A pochi giorni dal voto, la maggior parte dei mass media si limita a descrivere l’agenda politica di ogni candidato, a citare alcune parti dei comizi, evitando commenti, interpretazioni e analisi. Soltanto due giornali si sono spinti a offrire anche qualche elemento critico.
Sul giornale “Savana”, Jorge Rebelo – una delle ultime figure morali del Movimento di Liberazione tra i fondatori del – confessa in un’intervista la sua delusione per l’attuale dibattito politico in cui – dice – vede poche prospettive visto che la Frelimo “non accetta critiche” e “men che meno sa fare auto-critica”, mentre il Mdm è ancora nella fase embrionale e la Renamo non costituisce un’alternativa di stabilità e di sviluppo per il Paese.
Il mensile della chiesa cattolica “Nova Vida”, bolla questa campagna elettorale come un “bombardamento” di promesse e di immagini di “candidati sorridenti” disposti ad “immolarsi per il bene del popolo”. Inoltre, la stessa testata, ironizza sulla parola “paura” facendo notare che in Mozambico esistono partiti che temono che il popolo possa smettere di avere paura così come i politici hanno paura del cambiamento e dunque di perdere gli attuali “favori”. Su questo assunto, “Nova Vida” raccomanda ai propri lettori di non “vendere” il proprio voto in cambio di capulane (tessuti tipici africani, ndr), fazzoletti, magliette, cappelli e altri articoli, distribuiti nel corso di questa campagna, di non lasciarsi influenzare dalle immagini falsate che trasmettono TV e radio ma di scegliere con calma e cognizione il proprio candidato.
In queste settimane gli elettori mozambicani sono subissati dai discorsi dei diversi candidati basati essenzialmente su due soli punti: l’auto-definizione e la ripetizione fino alla noia della storia nazionale (i protagonisti dell’ indipendenza nazionale, la storia di un paese democratico, ecc.) e la lunga lista di ciò che costruiranno: scuole e ospedali, strade e pozzi, ecc.
E d’altra parte è sempre stato cosi... Dalle prime elezioni multipartitiche (1994, 1999, 2004, 2009) temi e discorsi girano sempre attorno a questi due assi, eppure da allora poco è cambiato.
Il cittadino, “attivo” per definizione, non si limita all’atto di votare, ma partecipa alla vita sociale e politica del Paese. Guardando alla storia del popolo mozambicano, emergono quattro esempi recenti di cittadinanza attiva: 1. La denuncia delle terribili condizioni di vita della popolazione rilocalizzata dalle imprese minerali e petrolifere in Moma (provincia di Nampula), Moatize (provincia di Tete) e Palma (provincia di Cabo Delgado). 2. Le manifestazioni a Beria e Maputo contro i saccheggi e il ritorno alla violenza armata. 3. Le proteste contro l’aumento delle “regalie” ai deputati. 4. La denuncia per lo scandalo degli 850 milioni di dollari americani prestati al Governo per l’acquisto di una nave da pesca per il tonno.
Questi quattro episodi vengono unanimemente considerati esempi di “cittadinanza attiva” nella misura che, ogni volta che gli interessi e i diritti della popolazione vengono messi in dubbio o vengono meno, prevalgono gli ideali dell’interesse comune, della solidarietà e della partecipazione per cause sociali, politiche ed economiche.
Consapevoli delle poche alternative politiche oggi sul tappeto, si aspetta comunque fiduciosi la scadenza del 15 ottobre, nella speranza che gli elettori non si lasciano troppo manipolare dagli slogan, ma riescano a fare buon uso del loro diritto a scegliere.

Cristina Danna
Casco Bianco Nampula
ProgettoMondo Mlal Mozambico

mercoledì 8 ottobre 2014

Il mondo a scuola, a scuola del mondo

In moltissime classi delle scuole della provincia di Cuneo vi sono studenti marocchini provenienti da Beni Mellal e dalla vicina Khouribga, spesso accanto ad altri stranieri; la loro vita a scuola è simile a quella dei compagni ma tra essi il ritardo scolastico raggiunge livelli molto alti soprattutto per i maschi. Le ragazze, più determinate, studiano tantissimo ma in modo mnemonico. Apparentemente sono ormai integrati ma le loro famiglie vivono spesso isolate; le madri non vogliono neppure imparare le lingua nell’attesa che i figli si accasino, magari tornando alla casa in Marocco.
Nelle ultime settimane, 30 insegnanti delle 73 scuole della provincia di Cuneo aderenti al progetto “Il mondo a scuola, a scuola del mondo” della Fondazione Crc, hanno partecipato a un viaggio studio in Marocco, realizzato in collaborazione con l'Ong ProgettoMondo Mlal, per conoscere da vicino la regione di Tadla Azilal, l'area da cui proviene la maggior parte della popolazione marocchina presente in provincia di Cuneo.
La Fondazione Crc, che da tre anni promuove il progetto “Il mondo a scuola, a scuola del mondo” sui temi dell’educazione interculturale, e la Giunta di Dirigenti che coordinano le attività, hanno accolto la proposta dell’Ong ProgettoMondo Mlal, che interviene attraverso programmi di sviluppo in America latina e in Africa, prioritariamente orientati ai temi dello sviluppo psicofisico, culturale e sociale di bambini, adolescenti e giovani, appartenenti a fasce sociali vulnerabili. Un viaggio pensato per acquisire elementi di conoscenza dell'antropologia culturale marocchina, al fine di rendere più efficaci i percorsi di inserimento scolastico degli alunni di origine marocchina (e straniera in generale) che frequentano le scuole della provincia di Cuneo, contribuendo alla gestione pedagogica e didattica dei cambiamenti in atto nella scuola e nella società, attraverso lo strumento dello scambio interculturale.
Gli insegnanti hanno conosciuto un mondo pieno di contraddizioni, dove la crescita economica convive con livelli di povertà significativi; lo sviluppo punta sulla scuola e sull’educazione, per non lasciare spazio a estremismi politici, lo Stato fornisce i libri per contrastare l’abbandono, le comunità locali istituiscono le mediateche per accrescere lo spazio scolastico su base volontaria, le politiche educative si interessano a sistemi diversi mettendosi serenamente in discussione. La ragazza col velo
che discute alla pari con i suoi insegnanti, i docenti che lavorano gratuitamente al pomeriggio con studenti motivati ad apprendere sono aspetti significativi di questo Paese d’emigrazione, divenuto recentemente anche di accoglienza. Qui ci si preoccupa seriamente dell’emigrato che torna disorientato e privo di voce, non conosce l’arabo classico, ha dimenticato il marocchino e parla un francese stentato, come razionalmente si esaminano le tendenze all’intolleranza nei confronti della recente immigrazione subsahariana, cercando rimedi efficaci.
Nell’affrontare queste problematiche in sé già note, quello che ha sorpreso e determinato l’entusiasmo degli insegnanti cuneesi è stata la percezione di una fiducia sincera nella scuola, intesa come elemento che fa la differenza, come base anche tradizionale del sistema sociale, nonché la consapevolezza condivisa che il nostro Paese ha avuto un ruolo fondamentale e positivo nell'accoglienza dei bambini e dei ragazzi immigrati, predisponendo attività di vario genere per il loro inserimento, estese, peraltro, anche agli adulti.
Un’insegnante partecipante, a nome dei colleghi di entrambi i gruppi, ha dichiarato con entusiasmo che «Vivere il Marocco, a contatto con la gente e con chi vive la cooperazione, è stata un’esperienza estremamente arricchente sia culturalmente sia umanamente, e ci ha aiutato a non fare ciò che dice un proverbio africano, ossia “l’occhio dello straniero vede solo ciò che già conosce”».

Cuneo, 6 ottobre 2014

martedì 7 ottobre 2014

I diritti negati del Popolo guatemalteco

Il 20 settembre si diffonde la notizia di un massacro avvenuto la notte precedente a Los Pajoques, una comunità di San Juan Sacatepequez, Guatemala. La maggior parte dei quotidiani riporta il fatto come uno scontro interno tra i membri della comunità, in conflitto tra loro per divergenze sulla realizzazione del progetto della multinazionale Cementos Progreso (la costruzione di una cementificio e di un’enorme strada in territorio indigeno). Il giornale on-line Prensa Comunitaria riporta invece l’informazione, pubblicata poi in Italia dal Manifesto il 26 settembre, secondo cui un gruppo armato (i cui componenti sono stati successivamente identificati come dipendenti della società Cementos Progreso) è penetrato nel territorio di Los Pajoques e ha aperto il fuoco, dando il via a un circuito di violenza culminato con 11 morti e diversi feriti. Vi si legge che gli abitanti della comunità raccontano di aver chiamato la polizia più e più volte, chiedendone l’intervento. Che non c’è mai stato. In compenso il presidente ed ex generale Otto Perez Molina ha dichiarato lo “stato emergenza” con conseguente sospensione di alcuni diritti: a detta del Governo, per evitare vendette e rappresaglie; a detta della comunità, perché si potesse agire indisturbati con arresti e perquisizioni a loro danno.
Le informazioni sono quindi discordanti, a seconda del giornale che si legge. Ciò che appare chiaro ed univoco è invece la condanna da parte dell’Onu lo scorso 30 settembre e la conseguente richiesta alle autorità di chiarire i fatti e di punire i responsabili. L’Onu ha anche condannato la proclamazione dello “stato d’emergenza” non ritenendolo l’approccio adeguato alla soluzione del conflitto.
Facendo qualche ricerca appare subito chiaro che l’episodio di violenza non è un fatto isolato e a se stante: i conflitti nella zona di San Juan Sacatepequez risalgono al 2005, anno in cui il Ministero di Energia e Miniere (Mem) aveva rilasciato tre licenze minerarie alla ditta Cemento Progreso (i cui fondatori – la famiglia Novella – hanno peraltro origini italiane). Intenzione dell’impresa è costruire una fabbrica di cemento, i cui lavori inizieranno poi nel 2006. Eppure la convenzione 169 dell’Ilo (Organizzazione Internazionale del Lavoro) riconosce chiaramente i diritti di proprietà della terra ai popoli indigeni (la cui percentuale è, in San Juan Sacatepequez, l’82%) e stabilisce che essi debbano essere consultati ogniqualvolta vengano varati leggi o progetti di sviluppo che possono avere un impatto sulle loro vite. A questo proposito gli abitanti del dipartimento denunciano di non essere mai stati minimamente interpellati e ribadiscono la loro contrarietà al progetto, che però prosegue. Con la prosecuzione del progetto, e la conseguente negazione dei diritti della popolazione indigena, iniziano i conflitti. L’epilogo avviene, come sappiamo, il 19 settembre 2014.
I fatti ci raccontano, insomma, 8 anni di ingiustizia. I fatti purtroppo ci raccontano anche che di ingiustizie simili il Guatemala ne è pieno. Molteplici sono i casi di violazione della convenzione 169 sopracitata, diverse le multinazionali che si stanno arricchendo sulle spalle dei popoli indigeni, con la complicità di un governo che, sulla carta, ha firmato vari strumenti internazionali di difesa del diritto, ma nella realtà dei fatti si comporta da oppressore.
L’episodio di San Juan Sacatepequez è dunque solo uno degli ultimi che potremmo citare: San Miguel Ixtahuacán, Sipacapa, San Juan Cotzal y Cunén, Totonicapán, Livingston, La Puya, El Estor, San Rafael Las Flores, Mataquescuintla, Monte Olivo e Lanquin,e molti altri… sono tutti casi in cui l’opposizione all’apertura di miniere, centrali idroelettriche cementifici, agrocombustibili e megaprogetti è stata affrontata con la repressione. Secondo la legge del terrore e dell’intimidazione, che purtroppo pare essere ancora molto diffusa in Guatemala.
La negazione dei diritti avviene in particolar modo nell’ambito dell’attività estrattiva: di fatto, da
quando nel 2003 la multinazionale canadese GoldCorp installò la prima miniera Marlin nel dipartimento di San Marcos, ovunque siano poi arrivate imprese (straniere o nazionali) con l’intenzione di avviare attività estrattive, lì ci sono stati conflitti e diritti negati.
Proprio di questi giorni (30 settembre) è il rapporto di Amnesty International intitolato “La mineria en Guatemala: derechos en peligro”. Il report svolge un’analisi generale della situazione attuale del Paese, seguita da un’analisi specifica sulla situazione delle miniere, descrivendo una serie di casi concreti di violazione di diritti umani da parte delle ditte minerarie.
Gli avvenimenti riportati ricordano molto ciò che è successo negli ultimi 8 anni a San Juan Sacatepequez. Il report di Amnesty si conclude con raccomandazioni ai governi degli stati di origine delle imprese che realizzano attività in Guatemala, pretendendone la garanzia del rispetto dei diritti umani, sulla base delle normative internazionali. La speranza è che queste raccomandazioni vengano finalmente accolte.
La speranza è che il massacro del 19 settembre non si aggiunga semplicemente al lungo elenco di soprusi, vissuti a San Juan Sacatepequez come altrove. La speranza è che, prima o poi, la Dichiarazione dell’ONU sui Diritti dei Popoli indigeni, la convenzione 169 e tutte le altre norme internazionali non vengano soltanto pronunciate, firmate o ascoltate, ma vengano - finalmente – applicate.

Elisabetta Caglioni
Casco Bianco in Guatemala
ProgettoMondo Mlal

(foto di Ermina Martini e Stefano Pirovano)

VeronaMarathon, di corsa contro la malnutrizione



Verona - Una bellissima giornata di sole all’insegna della solidarietà. Domenica 5 ottobre quasi 400 persone hanno corso la Verona Marathon per fermare la malnutrizione in Burkina Faso. Tra loro, il gruppo più cospicuo era rappresentato da 95 studenti del Liceo classico Maffei capitanati da 3 insegnanti di educazione fisica, ma hanno aderito all’appello di ProgettoMondo anche alcuni maratoneti di eccezione, come la parlamentare veronese Alessia Rotta e la calciatrice Brescia Acf Josefina Karlsson che, con altri 6 runner, hanno accettato la sfida di raccogliere essi stessi, tra amici e sostenitori, donazioni per la causa di ProgettoMondo. Infine hanno arricchito la corsa di ProgettoMondo Mlal gruppi di soci arrivati da Veneto, Lombardia e Sardegna, più mamme, giornaliste e commercianti di Verona che hanno costituito dei team sportivi per l’occasione.
La nuova edizione della VeronaMarathon (partenza e arrivo in piazza Bra) dava infatti la possibilità ad atleti, maratoneti, runner della domenica e semplici cittadini, desiderosi di farsi una passeggiata attraverso il centro storico, di dedicare la propria impresa a un’associazione di volontariato che avrebbe poi devoluto parte dell’incasso della vendita dei pettorali ai propri progetti o attività.
E così è stato. Scegliendo di acquistare il pettorale di ProgettoMondo si è infatti sostenuto il progetto “Mamma” in Burkina Faso che in tre anni ha già dato risultati più che significativi. In una regione dove maggiore era la malnutrizione materno infantile, il lavoro dell’Ong veronese, in stretta collaborazione con le donne dei villaggi e gli ambulatori pubblici, ha dimezzato il tasso di un fenomeno che è a tutt’oggi concausa di 6,6 milioni di morti all’anno tra i bambini sotto i 5 anni, e ha esteso l’intervento ad altre due regioni. La ricetta di ProgettoMondo pare semplice ma quanto mai efficace.
Invece di fermarsi alla distribuzione di preparati alimentari o di medicinali, l’equipe di operatori e medici del Burkina Faso fa leva sull’autosviluppo della popolazione locale. Ha infatti creato e formato dei gruppi di mamme che sono poi diventati essi stessi agenti e moltiplicatori della “cura” e dell’attività di prevenzione grazie alla preparazione di pappe ipernutrienti con ingredienti prodotti nei propri villaggi e dunque facilmente reperibili.

La manifestazione di Verona è stata anche la migliore delle cornici per il lancio della campagna “Io non mangio da solo 2014” che quest’anno è appunto dedicata al tema della malnutrizione materno-infantile e alle mamme burkinabè che con concretezza e ottimi risultati stanno davvero contribuendo a vincere la malnutrizione dei loro piccoli.

venerdì 3 ottobre 2014

Sprecare è sinonimo di rubare

“Sprecare è sinonimo di rubare. Se sprechiamo, rubiamo risorse e possibilità al futuro del nostro pianeta”, così Mario Lonardi, presidente della Ong veronese Progettomondo Mlal, ha aperto ieri, nel corso di un seminario alla Loggia Fra Giocondo incentrato sui temi di sostenibilità ambientale e sviluppo sostenibile delle moderne città globali, informali ed emergenti, la prima delle tre giornate di “Settimo non sprecare”. La manifestazione è promossa insieme alla Provincia di Verona, Architetti senza Frontiere e Iuav, World Biodiversity Association, Jardin de los Ninos, grazie al contributo della Regione Veneto. Per governare coerentemente con questi principi, sostiene Mario Lonardi, è necessaria la partecipazione diretta e attiva dei cittadini, garantita solo se il territorio è pensato e progettato “a misura dell’uomo”. D'altra parte, però, c'è il rischio di cadere in quello che lui chiama “decorativismo mimetico”: una pratica fintamente partecipativa, svolta più per obbligo che per scelta, dove la forma prende il sopravvento sulla sostanza; nella quale non avviene, dunque, una reale mediazione e discussione delle esigenze e delle prospettive sentite dalla comunità.
Per questo l’approccio di ProgettoMondo Mlal nei processi di sviluppo in America Latina e in Africa prevede che si lavori principalmente nelle periferie promuovendo cittadinanza attiva e dando voce alle famiglie, alle comunità di contadini e alle istituzioni locali, affinché siano queste protagoniste dei propri precorsi di sviluppo e di rivendicazione dei diritti. Allo stesso modo, in Italia e in Europa l’organizzazione, grazie a percorsi di educazione alla cittadinanza e alla responsabilità, lavora a diretto contatto con la società civile. Perché per creare la comunità è necessario condividere le analisi e rendere trasparenti e accessibili gli obiettivi di sviluppo che si vogliono raggiungere. Perché bisogna riconoscere la centralità della domanda sociale, che non può essere data per scontata. Perché per ridurre il conflitto sociale bisogna anticiparlo ascoltando le esigenze che lo generano.
Per questo “lo sforzo che facciamo”, continua il presidente di ProgettoMondo Mlal, “è quello di evitare i processi decorativi e mimetici”, poiché “nei nuovi scenari che si scorgono per la cooperazione internazionale, siamo motivati a continuare il nostro lavoro con un’attenzione sempre maggiore alla nostra società e alle importanti ricadute esperienziali e culturali che la relazione con le altre comunità, culture e religioni potranno assicurarci.”
Il programma della manifestazione "Settimo non sprecare" è continuato stamattina a Villa Buri con attività, workshop e conferenze sui temi del risparmio di risorse, riciclo e riuso, sotto la guida di professionisti e docenti universitari, e si concluderà domani con altrettante attività dedicate alla Giornata della Biodiversità che, con l’accompagnamento di Giovanni Onore della Fundacion Otonga impegnata nella salvaguardia dell’omonima foresta in Ecuador, coinvolgeranno 50 studenti degli istituti superiori Copernico, Messedaglia, Montanari, Cangrande e Bolisani di Villafranca a cui verrà richiesto di esporre le proprie idee per un mondo più sostenibile e di attivarsi per questo a cominciare dal nostro territorio.

Comunicazione ProgettoMondo

mercoledì 1 ottobre 2014

Il 5 ottobre corri a Verona per fermare la malnutrizione

Domenica 5 ottobre non correre da solo. Corri con ProgettoMondo Mlal per fermare la malnutrizione in Burkina Faso. La nuova edizione della VeronaMarathon (partenza e arrivo in piazza Bra, dalle ore 9) dà infatti la possibilità ad atleti, maratoneti, runner della domenica e semplici cittadini desiderosi di farsi una passeggiata attraverso il centro storico, di dedicare la propria impresa a un'associazione di volontariato che potrà poi devolvere parte dell’incasso della vendita dei pettorali ai propri progetti o attività.

Scegliendo di acquistare il pettorale di ProgettoMondo si parteciperà dunque ad appoggiare il progetto “Mamma” in Burkina Faso che in tre anni ha già dato risultati più che significativi. In una regione dove maggiore era la malnutrizione materno infantile, il lavoro dell’Ong veronese, in stretta collaborazione con le donne dei villaggi e gli ambulatori pubblici, ha dimezzato il tasso di un fenomeno che è a tutt’oggi concausa di 6,6 milioni di morti all’anno tra i bambini sotto i 5 anni, e ha esteso l’intervento ad altre due regioni. La ricetta di ProgettoMondo pare semplice ma quanto mai efficace. Invece di fermarsi alla distribuzione di preparati alimentari o di medicinali, l’equipe di operatori e medici del Burkina Faso fa leva sull’autosviluppo della popolazione locale. Ha infatti creato e formato dei gruppi di mamme che sono poi diventati essi stessi agenti e moltiplicatori della “cura” e dell’attività di prevenzione grazie alla preparazione di pappe ipernutrienti con ingredienti prodotti nei propri villaggi e dunque facilmente reperibili.

Alla campagna “Io non mangio da solo” di ProgettoMondo Mlal hanno già aderito in molti. Alcuni, come la parlamentare veronese Alessia Rotta e la calciatrice del Brescia Acf Maria J. Karlsson, hanno promosso una sottoscrizione su Facebook per raccogliere ulteriori donazioni tra i propri supporter; due insegnanti del Maffei hanno organizzato un gruppo di studenti che correranno al fianco delle mamme burkinabè; alcuni esercizi commerciali della città hanno promosso l’iniziativa tra i loro clienti creando dei team dedicati; gruppi di mamme con passeggini al seguito correranno per ProgettoMondo a nome delle scuole d’infanzia dei loro piccoli; giornalisti e altri operatori dell’informazione trascineranno in piazza i colleghi delle rispettive redazioni; e naturalmente volontari e simpatizzanti di ProgettoMondo hanno risposto con entusiasmo all’appello.
Per tutti loro l’adesione equivale a dare un doppio valore alla propria corsa di domenica. Iscriversi alla VeronaMarathon e contestualmente aderire alla campagna di ProgettoMondo equivarrà a dire: Io non corro né mangio da solo!

Per aderire all’iniziativa telefona allo 045 8102105 o rivolgiti allo stand ProgettoMondo allestito in piazza Bra da venerdì pomeriggio a domenica 5 all’interno del villaggio della VeronaMarathon.

Comunicazione ProgettoMondo
ufficiostampa@mlal.org


Colera, nuova escalation ad Haiti

Il colera ad Haiti non fa notizia ma uccide. La totale assenza di infrastrutture igienico-sanitarie, la cattiva gestione degli impianti fognari e dell’acqua potabile, l’insufficienza di prevenzione e vaccini specifici, complici la povertà endemica, e magari la stagione secca e altri cataclismi naturali, hanno segnato soltanto dall’ottobre 2010 – anno del devastante terremoto che mise in ginocchio il Paese – ad oggi, 703.595 casi di infezione e 8.564 vittime.
In questi giorni però l’epidemia di colera ha avuto un’impennata preoccupante. Nel solo dipartimento di Hinche, nell’altipiano centrale del Paese, lontano quindi dalla caotica e sovraffollata capitale e in un’area a vocazione prettamente agricola, l’escalation non ha precedenti. Se luglio e agosto avevano registrato soltanto 66 casi di infezione, dal 10 al 26 settembre i ricoveri sono stati 87 e oggi, nell’arco di una sola settimana, si è appreso che altre 50 persone sono state ricoverate all’ospedale Sainte Therese di Hinche, 35 mila abitanti, capoluogo del dipartimento.
Il colera ha colpito soprattutto la città e il piccolo centro rurale di Bassim Zim. I media locali riportano con grande risalto gli ultimi drammatici dati. Si dice che oltre a essere una escalation che non ha precedenti, la situazione appare completamente senza controllo. Il colera, infezione diarroica acuta a trasmissione orale-fecale viene contratta in seguito all'ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti. I cibi più a rischio per la trasmissione della malattia sono quelli crudi o poco cotti.
“Qui ad Hinche non pioveva da mesi e la pioggia è cominciata appena da 10 giorni”, ci racconta la nostra cooperante Luisa Zamperini, veronese, che insieme al marito Michele Magon, originario di Pescantina, nel dipartimento di Haiti coordinano per l’Ong ProgettoMondo il progetto Nuove Energie. Un intervento dedicato ai contadini e alle famiglie di quest’area rurale per contrastare il disboscamento selvaggio, quale unica fonte di energia, con l’implementazione di vivai, l’adozione di cucine migliorate a risparmio energetico e l’uso di pannelli solari per il ricavo dell’energia elettrica. “La siccità ha favorito e alimentato il prolificare di batteri, l’inquinamento e l’accumulo di sporcizia. I canali di scolo di Hinche sono una discarica a cielo aperto e purtroppo niente sembra potere migliorare questa situazione…”.
Se i media non risparmiamo aggiornamenti e dati sulla situazione, la popolazione pare subire questo atavico inanellarsi di cataclismi, epidemie e paralisi politica del governo, con paziente sottomissione: “La popolazione haitiana è abituata a non aspettarsi e a non potere chiedere niente alla vita – conclude l’operatrice di ProgettoMondo Mlal – e con lo stesso spirito sta vivendo questo nuovo dispetto del destino”.

Comunicazione ProgettoMondo