Mentre la
32esima edizione del Festival di Cinema
Africano si avvia verso la serata conclusiva di domani, in cui finalmente si
sapranno i nomi dei vincitori delle sezioni in concorso, quale film avranno
scelto il pubblico in sala, la giuria Viaggiatori e Migranti, quella speciale
del carcere di Montorio, Cinema al di là
del muro, e quelle (altrettanto speciali) dell’Associazione degli studenti
africani di Verona e delle Scuole, si voleva dare il senso di questi 32 anni di
un impegno, oramai divenuto storico, dando voce ai tre promotori del Festival:
il Centro
Missionario Diocesano di Verona, la Fondazione
Nigrizia
onlus e ProgettoMondo
Mlal.
La sfida che
il Festival offre è innanzitutto di tipo culturale e deve iniziare sin
dalle scuole, un contesto da sempre seguito da ProgettoMondo
Mlal, una ong di cooperazione internazionale che guarda lontano
partendo dal vicino, dal locale, per formare piccoli cittadini del mondo. «In
una società che spinge a risolvere con un “gesto caritatevole” il problema della
giustizia e della solidarietà, è difficile capire le culture e le sensibilità
che vi stanno dietro. Noi come ProgettoMondo Mlal – spiega il
presidente Mario Lonardi – siamo impegnati nell’accompagnare da vicino
lo sviluppo nei Paesi del Sud del mondo, ma siamo altresì convinti che i
problemi e le sfide che si presentano alla nostra società locale si possano e si
debbano affrontare con la consapevolezza e la conoscenza che deriva dal
confronto e dal dialogo tra culture, storie e religioni. In questa prospettiva
il Festival rappresenta per la
società veronese un’opportunità importante, specialmente per le giovani
generazioni che attraverso la produzione creativa di un film possono acquisire
una “confidenza” nuova e consapevole nell’incontro con “l’altro”. E a
dimostrarlo c’è l’esponenziale aumento delle adesioni al Festival che ci
arrivano dal mondo della scuola».
Don Giuseppe Pizzoli, direttore del Centro Missionario
Diocesano di Verona, parte dalla storia dei veronesi, dalle comunità
locali che per anni, quando gli immigrati eravamo noi, «si sono trovate
provocate ad allargare i loro orizzonti, oltre gli oceani, con sguardi nuovi su
popoli, culture e tradizioni molto lontane, che sono divenute un po’ più
familiari attraverso le lettere e i racconti di tanti figli della nostra
terra.».
«Questa
apertura al mondo e alle diverse culture trova oggi nuovi canali e nuove
modalità di espressione. E la presenza sul nostro stesso territorio di tanti
immigrati ci costringe a confrontarci in maniera sempre più frequente, ma anche
sempre più profonda con le loro culture e tradizioni. Il Festival di Cinema Africano si inserisce
in questa storia ed è diventato ormai patrimonio della cultura e tradizione
veronese». Ecco perché per il Centro Missionario Diocesano «continuare a
organizzare, promuovere e sostenere il Festival non è solo un grande onore, ma
anche un dovere di fedeltà alla vocazione missionaria e universale della nostra
Chiesa e del nostro territorio».
Spiegare il
legame che intercorre tra i missionari comboniani della Fondazione
Nigrizia e l’Africa è fin troppo facile, visto il motto del loro
fondatore, Daniele Comboni: salvare
l’Africa con l’Africa che, spiega
Fabrizio Colombo, missionario comboniano e co-direttore artistico del
Festival «non è semplice umanitarismo, o peggio ancora “colonialismo
spirituale”, ma la fiducia e la certezza che questo continente è ricco di
bellezza umana e spirituale, ed è attraverso la cultura che può esprimersi e
trovare un posto nel mondo».
« È in
quest’ottica che si situano i 32 anni di impegno dei comboniani per il cinema
africano. Non si parla dell’Africa, delle sue sfide e delle sue speranze, da
“esperti” esterni, che hanno la presunzione di sapere già tutto: il Festival è
occasione di incontri, scambi e condivisioni con l’africano stesso che è
artista, scrittore, attore o solo pensatore libero. Il cinema, per il suo
impatto popolare, è uno strumento importante per aiutare il pubblico italiano a
ridimensionare la propria idea dell’Africa, ad averne una visione reale, a
evitare la riduzione ad uno stereotipo infelice, per innescare un’empatia tra
popoli lontani». E il neo vicepresidente di Fondazione Nigrizia, Venanzio Milani è felice di raccogliere
un’eredità storica divenuta importante per la città
scaligera.
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