mercoledì 5 marzo 2014

IO L8 TUTTI I GIORNI_la storia di Samira

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La storia di Samira
Ho incontrato l'uomo che sarebbe diventato mio marito nell'azienda dove lavoravo, era uno dei nostri clienti abituali e curavo personalmente tutte le sue operazioni. Giorno dopo giorno le sue visite sono diventate sempre più frequenti e ha coimciato a parlarmi della sua vita privata e dei problemi che aveva con la moglie. Io lo ascoltavo, ma gli consigliavo di recuperare il rapporto con la moglie, anche per il bene dei figli.
Eravamo diventati amici e ci piaceva parlare. Qualche tempo dopo, mi ha dato appuntamento dopo l'orario di lavoro e il giorno in cui sono uscita con lui, mi ha proposto di sposarlo. Era deciso a divorziare dalla propria moglie. All'inizio ho rifiutato categoricamente, era molto più vecchio di me e poi non riuscivo a concepire il matrimonio con un uomo divorziato. Di fronte al mio rifiuto non si è dato per vinto: mi chiamava spesso al telefono e per farmi cambiare idea insisteva nel dirmi che era molto ricco e poteva darmi una vita facile, agiata, con tutto quello che mi serviva, addirittura una donna di servizio che si occupasse della casa. La sua unica condizione era che smettessi di lavorare e mi occupassi solo di lui. Ero molto fiera del mio lavoro, ma ho comunque accettato. Mi prospettava una vita da principessa, quella che ingenuamente sognavo, finalmente sarei stata la più felice del mondo.
Così ci siamo sposati, ma con la prima visita dei suoi figli a casa ho capito che qualcosa stava cambiando: il mio compito era quello di servirli e mi consideravano non più di una loro collaboratrice domestica. Eri una cameriera, più che una moglie. Non ha mai mantenuto nessuna delle sue promesse, mi occupavo di tutte le faccende domestiche, ha fatto stabilire i suoi figli da noi e io dovevo occuparmi di tutte le loro esigenze e necessità: ero la prima ad alzarsi al mattino e l'ultima ad andare a letto. Erano molto cattivi con me, sia mio marito che i suoi figli, e ogni volta che si rivolgevano a me lo facevano insultandomi.
A volte non ne potevo più e gli chiedevo dove fossero finite le sue promesse. Mi rispondeva che non ero obbligata a continuare a vivere con lui e che potevo andarmene in qualsiasi momento. Spesso mi picchiava e quando gli dissi che ero incinta s'infuriò molto e mi insultò per ore. Quando lavoravo, avevo la mia autonomia finanziaria, da sposata me ne ha completamente privato. Tutti i suoi beni erano destinati ai suoi figli. Quando chiedevo dei soldi, mi diceva che dovevo lavorare per poter spendere come volevo. Il rapporto con la mia famiglia era quasi inesistente, non mi permetteva di andarli a trovare, qualsiasi fosse l'occasione. Ha approfittato dei miei silenzi e della mia abnegazione e umiliarmi è diventata un'abitudine. L'unica cosa che potevo fare era essere paziente e andare avanti.
Nel mia casa, tutto era contro di me: lui, i ragazzi. Io ero sola, l’unica compagnia era quella di mia suocera, una vecchia signora di 90 anni, che a un certo punto è venuta a vivere con noi. Di lei mi occupavo volentieri, era gentile e spesso pregava per me, perchè le cose potessere funzionare tra me e mio marito.
Ma non è stato così. I litigi e le violenze sono continuati, credo che anche la differenza di età tra di noi non aiutasse, ma anzi contribuisse a creare un sacco di malintesi, nonostante vivessimo nella ricchezza. Noi ragazze, io per prima, ci lasciamo ingannare dalla ricchezza e dalla fortuna che potrebbe fornirci un uomo, non ci rendiamo conto che non è quello che conta.
Da quando la nostra bambina ha raggiunto l’età scolare ci siamo lasciati e abbiamo avviato le pratiche del divorzio. Lui continua a ignorare sua figlia e non mi passa soldi per il suo mantenimento. Sono stata costretta a farle cambiare scuola perché quella che aveva iniziato era troppo costosa per me, lui continua a ripetermi che è solo una ragazza quindi può anche non andare a scuole, mentre per i suoi figli è diverso, sono maschi, loro hanno diritto ad una buona istruzione e infatti sono iscritti alla scuole migliori. Non chiede nemmeno mai notizie della bambina, come non esistesse. Io soffro molto, la piccola non è responsabile della situazione dei suoi genitori e ha il diritto di vivere una vita dignitosa, proprio come i suoi fratelli.
Attraverso le vie legali non ho avuto successo, pur presentando tutte le prove possibili e immaginabili: mio marito è un imprenditore ricco, molto conosciuto nella regione. E infatti io e mia figlia abbiamo perso la causa e quindi qualsiasi possibilità di ottenere il mantenimento. Le mie entrate sono davvero misere, coprono a mala pena le spese più elementari, e per di più mia figlia ha un problema al piede che le impedisce un'andatura corretta, necessiterebbe di cure specifiche che, neanche a dirlo, suo padre non vuole assolutamente sostenere.
Ultimamente ho chiesto aiuto a una associazione per un sostegno psicologico e una consulenza legale affidabile. Posso contare anche sul sostegno dei miei genitori perché ora sono tornata a vivere con loro. Tuttavia, rivorrei la mia autonomia, perché non è possibile per me continuare questa vita. Devo tornare a lavorare per un avere un salario regolare che mi permetta di provvedere degnamente alle mie esigenze e a quelle di mia figlia. Mi sento di aver fallito, non sono stata in grado di fare la scelta giusta, ma non è la fine del mondo. Io riprenderò in mano la mia vita, non sarà facile perché nella nostra società una donna divorziata non ha grande considerazione. Ma non ho altra scelta che andare avanti, e lo farò.

Samira, donna marocchina
testimonianza raccolta dall’equipe de “La Forza delle Donne”

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