Si è chiuso il Forum della cooperazione internazionale voluto dal Ministro Riccardi. Ha avuto il grande merito di riportare l’attenzione politica e mediatica sull’inderogabile necessità per l’Italia di aprirsi al mondo, superando introversioni e guardando i grandi cambiamenti della globalizzazione per potere costruire il futuro. E’ riuscito anche a coinvolgere, sia nella preparazione che nell’adesione, un ampio numero di attori, pubblici e privati, profit e non profit, singole persone interessate, molti giovani. Una significativa occasione di incontro e confronto di cui si sentiva la necessità, data la consapevolezza del carattere globalizzato dei problemi e delle risposte da fornire, che rendono in parte superata la vecchia distinzione tra dimensione interna e internazionale.
Parole
significative sono venute dal Presidente Napolitano: “la
cooperazione allo
sviluppo è imperativo etico di solidarietà, …critico
investimento strategico
nelle relazioni internazionali del Paese e per la tutela degli
interessi dell’Italia
nel mondo, …politica estera nel senso più nobile e più elevato
della parola,
come indice di presenza e immagine dell’Italia nel mondo,
…impegno
internazionale a lungo termine, che il Forum riporta al centro
del dibattito
politico italiano, anche nella prospettiva di una revisione
normativa che i
tempi rendono ormai matura”.
Quali possono
essere ora i seguiti, a pochi mesi dalla fine della
legislatura? Il messaggio
complessivo del Governo al Forum ha lasciato, infatti,
un’impressione strana,
di buone intenzioni senza chiara finalizzazione. “Ognuno
faccia la sua parte”,
recita la dichiarazione finale, che però non contiene alcun
definito programma
governativo né alcun impegno.
Approvare
la nuova legge
sulla cooperazione allo sviluppo, per guardare al futuro
La revisione normativa rimane
una priorità inderogabile,
dopo ben 15 anni di tentativi falliti in successive
legislature. Occorre
chiudere definitivamente la lunga fase della legge 49 del
1987, la cui sola
evocazione porta al secolo scorso, ad un mondo che non c’è
più, a rapporti tra
Stati che sono radicalmente cambiati e a modalità di
cooperazione in parte
superate.
Una riforma legislativa entro la
fine di questa legislatura
è possibile. Si tratta di portare a termine l’iter di
approvazione in Senato
del Ddl elaborato dalla Commissione Esteri, migliorandone i
contenuti con gli
emendamenti già presentati e con altri che recepiscano i
suggerimenti scaturiti
dal Forum, che le Ong si impegnano a presentare. I Senatori
hanno mostrato
attenzione, interesse e volontà di procedere. E’ importante
ora che la
Commissione Esteri della Camera faccia altrettanto,
accompagnando i lavori
emendativi del Senato e recependo in forma definitiva il testo
che sarà
approvato in prima lettura. Pressante è quindi la richiesta al
Presidente della
Commissione Esteri della Camera, on. Stefani e ai Capigruppo
onorevoli
Pianetta, Tempestini, Adornato, Evangelisti, Allasia,
Antonione, Menia, Romano,
perché non si lascino sfuggire, come purtroppo già successo
nelle passate
legislature, l’opportunità della nuova legge. Con i necessari emendamenti, il testo predisposto
dal Senato può
accogliere i principali punti di forza individuati nei
gruppi di lavoro
preliminari al Forum, a partire da quelli più volte
evidenziati dalle Ong:
l’unicità del riferimento politico - un Ministro dedicato o un
Viceministro agli Esteri con mandato rafforzato in linea con
le migliori
esperienze europee -; la forte regia interministeriale, per il
coordinamento delle attività e la coerenza delle politiche; il
fondo unico;
l’agenzia attuativa di cui si sente l’esigenza da tempo, il
coinvolgimento dei
territori e dei soggetti pubblici e privati interessati; la
valorizzazione
delle Ong; il miglioramento della qualità e dell’efficacia; il
riallineamento
delle risorse per onorare gli impegni internazionali e
assumere un ruolo
significativo nella Comunità internazionale. Sarà così attuato
quanto
contemplato nel Documento di economia e finanza approvato dal
Consiglio dei
ministri il 18 aprile, che stabiliva “un’azione tesa a
riformare la disciplina
legislativa che regola la cooperazione, in sinergia con il
Parlamento”. Ognuno
faccia la propria parte, è l’invito del Forum. Oggi il
Parlamento è chiamato a
fare la sua, responsabilmente e senza ulteriori rinvii, a 25
anni dalla legge
ancora in vigore.
La cooperazione internazionale
coinvolge tutti
Il Forum ha
ribadito quanto le Ong evidenziano da tempo: che la politica e
le relazioni
internazionali dell’Italia, paese che non ha obiettivi
egemonici di potenza,
non possono esprimersi che come rapporti di cooperazione, con
ogni paese e in
ogni ambito di comune interesse: politico, economico ma anche
culturale,
ambientale, relativo allo sviluppo sostenibile, alla
promozione degli
investimenti, alle migrazioni, alla salute, alle
comunicazioni, alla sicurezza.
Il Forum ha rappresentato una conferma di quest’ampia visione
della
cooperazione internazionale: ha visto infatti la presenza di
mezzo Governo, la
significativa partecipazione del Presidente del Consiglio, un
Presidente
africano, alti rappresentanti dell’Unione europea e di
Organizzazioni
internazionali, il pronunciamento di significativi esponenti
di regioni, enti
locali, ministeri, del mondo dell’impresa, della finanza, del
sindacato, del
terzo settore, dei media, dell’università, delle
organizzazioni non
governative. Una visione della cooperazione internazionale che
deve diffondersi
culturalmente in tutta la società italiana ed divenire
centrale nelle politiche
del Governo e dei partiti. Il Ministro Riccardi è stato
chiaro: “Questi due
giorni ci hanno proiettato nel futuro. Le forze politiche che
si candidano a
governare questo paese non potranno ignorare la cooperazione
come politica
centrale. Si tratta di una questione essenziale: gli italiani
devono poter
conoscere e scegliere quale sia il ruolo del loro Paese nel
mondo della
globalizzazione”.
La cooperazione allo sviluppo
nei programmi dei partiti
Le Ong chiedono
ai Partiti politici di esprimersi in merito, nei propri
programmi elettorali,
sia a livello nazionale che regionale: i cittadini devono
poterne valutare
l’affidabilità e la credibilità anche in relazione a questa
visione
internazionale capace di legare i temi interni a quelli
internazionali per il futuro
dell’Italia nel mondo globalizzato.
Più in
particolare, con la cooperazione allo sviluppo l’Italia
partecipa agli sforzi
coordinati della comunità internazionale per il raggiungimento
degli obiettivi
di riduzione della povertà e di promozione dei diritti umani,
della giustizia
economica, sociale e ambientale, di uno sviluppo inclusivo e
sostenibile, della
pace, acquisendo credibilità, rilevanza e ruolo politico a
livello
internazionale. Ed è anche interesse italiano stabilire
relazioni di cooperazione
con paesi che, se adeguatamente aiutati, potrebbero non solo
accelerare il
processo di emancipazione economica e sociale, ormai avviato
quasi ovunque, ma
divenire partner preziosi in processi di sviluppo a vantaggio
reciproco.
L’Africa, vicina a noi, rappresenta in questo senso un esempio
di straordinaria
opportunità.
L’esperienza
internazionale insegna che ogni euro speso per lo sviluppo ‑
in rapporti di
partenariato autentici, con spirito etico e solidaristico, nel
legittimo
reciproco interesse ‑, può generare un ritorno uguale o
superiore, in
termini economici e politici, per il paese che ha capito
l’importanza della
cooperazione internazionale, adottandola come politica
centrale. L’Italia, pur
nei limiti di bilancio, deve ora seguire due direzioni: a)
riacquisire
credibilità presso le Istituzioni internazionali saldando i
debiti relativi
agli obblighi pregressi; b) avviare un percorso definito di
graduale
adeguamento degli stanziamenti annuali per la cooperazione
internazionale allo
sviluppo, tale da porre l’Italia in linea con gli impegni e
obiettivi assunti a
livello europeo e internazionale.
Per
informazioni:
- Segreteria CINI, Coordinamento Italiano Network
Internazionali, segreteria.cini@cininet.org
,
348.7240285
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