“Scartabellando fra le carte che ci ha lasciato in eredità don Giulio, ho trovato un poco la sua anima e il suo cuore, e mi sono lasciata investire dal suo messaggio. Naturalmente un messaggio che viene dal Brasile, dall’America Latina, rivolto in primis ai volontari, ma anche a tutti noi che siamo qui in Italia”.
Emilia Ceolan, ex dirigente e volontaria storica di ProgettoMondo Mlal, in occasione del
Trigesimo di don Giulio Girardello che si è svolto il 30 gennaio nella parrocchia di San Nicolò a Verona, pensa a quali siano stati i nomi della giustizia per il sacerdote che ha profondamente segnato una stagione nella missionarietà della chiesa di Verona.
Scrive Emilia: “Ho pensato ai nomi della giustizia per Don Giulio. Si possono suddividere in cinque punti per fare chiarezza, ma in fondo si tratta di un unico concetto.
Il primo nome è quello di Dio. La giustizia per don Giulio va oltre il concetto giuridico di giustizia, è la giustizia che viene dalla sua fede. Vuol dire verità e amore misericordioso, significa rettitudine morale, conformità alla volontà di Dio, ricerca dell’amicizia di Dio, ricerca del Volto. Ma passa attraverso gli incontri, le relazioni, la consapevolezza della realtà delle disuguaglianze, della violenza delle strutture. Pensiamo alla grande amicizia di don Giulio con Enzo Melegari, uomo di fede e obiettore di coscienza, il cui messaggio cristiano della giustizia s’incarna come messaggio di non violenza e amore, che impegna anche nei confronti dei nemici.
Altro nome della giustizia sono i poveri. Voglio dirlo con le parole di Papa Francesco, ma che sono sempre state parole di Don Giulio: “l’imperativo morale di assicurare la giustizia e il rispetto della dignità umana”, “il dovere di ascoltare la voce dei poveri e di spezzare le catene dell’ingiustizia e dell’oppressione”, ma tutto questo richiede “una conversione della mente e del cuore”. Don Giulio ci ha sempre sostenuti, noi volontari, nelle nostre scelte, anche quando erano arrischiate, esageratamente radicali forse, magari però ci mandava una lettera personale richiamandoci sul cammino dei “giusti” (in senso biblico) o, se era presente, lanciava qualche urlo e guadagnavamo nomi di sua fantasia.
Ma la giustizia di don Giulio si chiamava anche riconciliazione, sempre a favore della persona umana, dei più deboli, anche di quelli che sbagliavano, c’era sempre uno spazio per la misericordia, per l’accoglienza e questo spazio arrivava prima del giudizio. Magari ci scherzava su con una battuta, con una osservazione spiritosa. Lui vulnerabile riconosceva la vulnerabilità degli altri, la sua tanto intensa e piena di senso anche in quest’ultimo anno.
Le sue carte mi hanno rimandato anche un’altra sfaccettatura della giustizia, che è il servizio. La sua preoccupazione era sempre il bene del “Movimento”, come lui lo chiamava, ma anche delle singole persone, di ciascuno di noi. È venuta a galla una vita spesa sempre al servizio.
Infine non dobbiamo dimenticare l’ottimismo e la speranza, la certezza di un “altro mondo possibile” e lo dico con un verso di una sua poesia: “perché venti di riscatto spirano sempre e gonfiano vele di coscienze giovani e di popoli nuovi, svegli, per esodi di liberà e giustizia”.
venerdì 6 febbraio 2015
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento