C’è chi è appassionato di cinema e chi è arrivato da pochi anni dall’Africa. Chi è a caccia di sfumature e differenze e chi, nella vita, proprio non si vuole perdere nemmeno una delle occasioni che gli vengono offerte. Frequentano licei e istituti tecnici di Verona, hanno 18 anni e soprattutto una grande tenacia, quella che li ha portati ogni giorno nelle sale della città per assistere alle proiezioni dei 29 film in concorso all’ultima edizione del Festival del cinema africano che si è appena concluso.
Cinque in tutto i giovani studenti di Enaip, Messedaglia e Maffei che, per la prima volta nei trent’anni del Festival, hanno avuto l’onore e – è proprio il caso di dirlo, anche l’onere egregiamente sostenuto – di formare la giuria pensata per assegnare il premio Genrations scuole. E tutti, nonostante la fitta scaletta di impegni da far collimare con prove e lezioni scolastiche, sarebbero pronti a ripetere all’istante un’esperienza che all’unanimità è considerata positiva, unica e davvero stimolante.
E per una serie di diversi motivi. Se per Michael, studente dell’Enaip - che ormai già da quattro anni si dedica alla realizzazione di cortometraggi con gli amici (più di 30 quelli finora realizzati) e che ha già avuto modo di partecipare a laboratori del regista Diego Biello, anche a fianco dell’attore Angelo Infanti - far parte della giuria ha significato coltivare una passione già forte per il mondo del cinema e allo stesso tempo “imparare aspetti del tutto sconosciuti della cultura africana”, Matteo del Messedaglia dichiara senza esitazioni: “Ho conosciuto un mondo che non sapevo esistesse. Molto diverso da quello che viene di solito riportato dai media”.
Una sorpresa persino per Faith, arrivata da poco meno di 3 anni dalla Nigeria, e già “attrice” all’interno dello spettacolo teatrale “La panchina” realizzato dal Cartello di associazioni “Nella mia città nessuno straniero” l’anno scorso dopo il laboratorio con il regista veronese Alessandro Anderloni all’Enaip. “Con la visione dei film ho realizzato davvero che quando si parla di Africa ci si riferisce a un continente composto da tanti diversi Paesi, ognuno con le sue tradizioni e culture e che non vanno confuse le une con le altre. Mi ha fortemente sorpresa anche la tecnologia elaborata nel film che abbiamo decretato vincitore, “Pumzi”, per il riciclo dell’acqua in un futuro lontano da post terza guerra mondiale”. Per Faith poi, come per il resto dei ragazzi, anche il fatto di lavorare insieme, confrontarsi senza scontri per arrivare a decretare il vincitore ha rappresentato un'esperienza importante.
“Si è trattato di un percorso impegnativo – continua Ioanna del Messedaglia – ma che ci ha permesso di visionare film che di solito non vengono distribuiti nelle sale europee. Utili per cogliere le differenze, anche stilistiche, e abbattere una serie di pregiudizi. Il Festival è stato snobbato da molti dei miei compagni, ma ci tengo ha sottolineare che si tratta invece di un’esperienza che consiglierei a tutti, che apre ulteriormente la mente, che porta a confrontarsi con una realtà per alcuni scontata e per altri del tutto sconosciuta, in ogni caso per noi troppo spesso lontana e sui cui siamo chiamati a riflettere”.
D’accordo anche Gloria iscritta al Maffei, appassionata di cinema e già giurata l’anno scorso in un altro importante festival cittadino, “Schermi d’amore”. “Ho sempre pensato all’Africa come a una realtà fatta di povertà ma anche di colori e rumori –spiega -. E così mi aspettavo fossero anche i film prodotti: un miscuglio di suoni e tonalità diverse. Ma ho scoperto che non si tratta solo di questo e che le differenze con la produzione cinematografica occidentale, benché non manchino, non sono poi così sostanziali. Con tutta sincerità posso dire che partecipando al festival ho aperto gli occhi su un mondo che, da tutti i punti di vista, ho scoperto che conoscevo molto poco o quasi per niente”.
Un percorso fondamentale, quindi, quello intrapreso in occasione del Festival, per avere un’idea meno vaga e più approfondita dell’Africa, per accostarsi alla sua produzione cinematografica e scoprire che, in fondo, le tematiche affrontate sono universali e attuali più che mai. Come quella ben sviscerata nel film premiato dalla giovane giuria, “Pumzi”, in cui la fantascienza è al servizio dell'acqua.
Questa la motivazione ufficiale scritta dai ragazzi e riferita alla sala nel giorno delle premiazioni, documentato anche nel filmato che segue:
“Dopo aver vissuto queste due settimane di cinema africano, è stato difficile dare un giudizio unanime. La scelta di Pumzi ci è sembrata la più adatta per svariati aspetti: per l’originalità nel trattare un tema, quale il problema dell’acqua, di cui ci sembra di saper già tutto, ma che in realtà è lontanissimo dalla nostra quotidianità; il film racconta di un mondo in cui anche una singola goccia di sudore è essenziale, in cui la sopravvivenza dipende dal contributo di ogni singolo individuo ma non è frutto di una scelta libera. La protagonista arriva a sacrificare sé stessa in nome dei suoi sogni, inibiti dal sistema, e in nome di quello che intuisce sia il bene di tutti. Semplice ma incisivo soprattutto perché è un genere tipicamente hollywoodiano riproposto in modo originale da una regista africana (Wanuri Kahiu)”.
martedì 23 novembre 2010
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