martedì 12 gennaio 2016

Con Inez alla Fiera contadina

Inez è una giovane ragazza originaria della comunità di Agua Blanca, località a circa 250 km a nord di La Paz, sull’altipiano dell’Área Natural de Manejo Integral de Apolobamba e dove, insieme alla Organizzazione economica contadina AIQ, l’appoggio della nostra Ong ProgettoMondo Mlal e della Ong inglese Soluciones Practicas, si sta realizzando il progetto Qutapiquiña.
In occasione della Fiera Nazionale delle Organizzazioni economiche contadine, svoltasi a La Paz dal 19 al 22 novembre scorso, mi ritrovo appunto con Inez ad allestire lo stand del progetto Qutapiquiña per sponsorizzare, e far così conoscere al pubblico boliviano, quello che da ormai oltre 3 anni ProgettoMondo Mlal sta realizzando ad Apolobamba.
Con cura montiamo i banner del progetto e poi disponiamo i nostri prodotti: scialli e sciarpe finissime, maglioni da uomo e copri spalle per signore, tantissimi gomitoli di lana filati al fuso, tutto ovviamente in alpaca.  Ma il pezzo forte dello stand, la guest star mi verrebbe da dire, è sicuramente lo scialle di lana di vigogna, gelosamente custodito in una teca di vetro da esposizione per il suo valore inestimabile, l’oro del progetto. Insomma signori miei si guarda… ma non si compra!
Anch'io ho scoperto le vigogne, piccoli camelidi selvatici che sull’altipiano di Apolobamba si possono osservare dispersi per lo più in piccoli gruppi familiari o di giovani maschi e dalla cui addomesticazione sono derivati gli alpaca, con il progetto Qutapiquiña. Fa sorridere vederli correre con quell’incedere a scatti, quasi come al ritmo di “walking like an egyptian”.
Annualmente le vigogne vengono radunate in recinzioni caratteristiche a forma di manica, chiamate appunto “mangas”, e poi una volta radunate vengono tosate una ad una. La loro lana è per le sue caratteristiche la più costosa e pregiata del mondo e rappresenta un introito assolutamente non trascurabile per gli abitanti della riserva dell’ANMI-Apolobamba.
Negli anni precedenti purtroppo il valore di questa lana ha rappresentato una minaccia per questi buffi camelidi che hanno quasi rischiato di estinguersi poiché vittime di bracconaggio indiscriminato.
Per questa ragione, il governo boliviano è stato il primo, insieme a quello peruviano, a siglare con il “Tratado de La Paz” del 1969 le basi per un piano di conservazione di questo animale.
Le vigogne erano nell’appendice 1 del CITES (Convention on International Trade of Endangered Species) che ne interdice qualsiasi utilizzo finché, nel 1997, sono state spostate nell’appendice 2 che ne permette invece un utilizzo, purché sostenibile.
Il progetto Qutapiquiña intende favorire uno sfruttamento sostenibile della fibra di vigogna, nel rispetto del benessere di questi animali e dell’ambiente in cui vivono, sostenere le associazioni locali con supporto economico, logistico e nella formazione di operatori specializzati nella cattura, tosatura e commercializzazione della fibra, al fine di offrire un’alternativa economica all’attività mineraria, altamente inquinante, legata soprattutto all’estrazione dell’oro, che in questa regione, così povera a ridosso della frontiera col Perù, ha rappresentato per decenni la prima fonte di guadagno per molte famiglie.
Se c’è una cosa che apprezzo del mio ruolo di volontario Casco Bianco è sicuramente l’opportunità di poter esplorare e toccare con mano argomenti tanto lontani dalla nostra quotidianità, come ad esempio proprio questo, che altrimenti, suppongo, non avrei mai avuto il piacere di conoscere. E visto che parliamo di Bolivia il verbo esplorare è più che azzeccato a mio parere!
È una giornata soleggiata e tutta la piazza del Parque Urbano è costellata di tendoni verdi sotto i quali, come formichine operose, contadini e contadine allestiscono i loro stand di prodotti locali.
Non riesco a trattenermi dalla curiosità e così, mentre Inez sistema gli ultimi dettagli, posso dare una sbirciata “alla concorrenza”. Sembra davvero la fiera dell’Est, c’è di tutto: frutta e verdura di ogni varietà, carni e formaggi, il charqui, ossia carne disidratata di lama, alimento in passato distintivo delle tavole dei poveri ma che adesso sta tornando ad essere rivalutato; poi ancora prodotti dell’artigianato, dal tessile al legno intagliato e, infine, quinoa, miele, marmellate, frutta secca, vino e l’immancabile Singani, un’acquavite molto apprezzata nel Paese e che ricorda vagamente la nostra grappa.
Ci sono anche alcuni produttori che hanno già beneficiato in passato di progetti di ProgettoMondo Mlal come quelli dell’Oeca Cotagaita, e ne approfitto per conoscerli.
Resto sorpreso alla vista di alcuni frutti e verdure che da noi troveremmo solo in estate; sebbene ormai sia qui da due mesi, mi viene ancora da sorridere al pensiero come quaggiù tutto sia invertito. Finalmente lo stand è pronto, e io e Inez, possiamo rilassarci un momento. Anzi no. Proprio in quel momento sfila davanti al nostro stand quello che poi avremmo scoperto essere il rappresentante della Comunità Europea in Bolivia, Emmanuel Hondrat. Si ferma proprio da noi, scambia alcune parole di cortesia con i coordinatori del Progetto, e poi, incuriosito dal liquore di Muña (liquore di erbe andine tipo Genepy con il quale prepariamo assaggini per adescare i potenziali acquirenti) ne compra una bottiglia contribuendo gentilmente alla causa.
Hondrat è ovviamente ospite della cerimonia d’inaugurazione della Fiera. Il palco è già pronto in testa allo spazio espositivo e grossi altoparlanti diffondono musica popolare latinoamericana, da queste parti apprezzata almeno quanto il Singani.
Oltre ad Emmanuel Hondrat salgono sul palco le varie rappresentanze delle OECAs, del CIOEC (Coordinadora de Integración de Organizaciones Económicas Campesinas Indígenas Originarias), del CSUTCB (Confederación Sindical Única de Trabajadores Campesinos de Bolivia) e della camera del Senato boliviano. Ma, in virtù dell’appoggio economico offerto alla realizzazione di questa Fiera, anche ProgettoMondo Mlal è presente sul palco con il suo rappresentante Paese Aurelio Danna.
Fra tutti gli interventi, forse, il più interessante per un pubblico occidentale, è il discorso del rappresentante europeo che fornisce i dati sull’agricoltura familiare: in America Latina nel 2013 circa 60 milioni di individui sono impiegati nel settore agricolo e tra questi il 94% è costituito da piccoli agricoltori che da soli assicurano la maggior parte dei prodotti destinati al consumo alimentare umano nel continente.
Esalta quindi l’importanza dell’agricoltura familiare nella lotta alla fame e alla povertà e afferma che l’Unione Europea in Bolivia sostiene da vari anni i piccoli imprenditori agricoli, artigiani e del settore del turismo sostenibile, specialmente nelle aree a nord di Potosì e di La Paz.
Nel 2016 è infatti previsto un nuovo finanziamento europeo intorno ai 20 milioni di euro per il rafforzamento dell’agricoltura familiare nelle zone di produzione di coca, affinché questo non sia più il principale ingresso dei piccoli produttori come merce d’esportazione legata evidentemente al narcotraffico internazionale.
Le donne hanno un ruolo sempre più importante nella produzione e nella commercializzazione dei prodotti della piccola agricoltura e per questo -conclude Hondrat- i programmi di aiuti dell’Unione europea saranno rivolti specialmente a loro”.
È infatti sufficiente fare un giro fra gli stand ed accorgersi che dietro i banchi ci sono quasi solo donne e di tutte le età. E anche le mie vicine di stand sono guarda caso donne: alla mia destra una vende carne di lama essiccata, mentre proprio di fronte un’altra espone confezioni prodotte dalle donne di un laboratorio tessile di un’associazione di El Alto che si occupa di uguaglianza di genere, il Centro de Promoción de la Mujer Gregoria Apaza.
Sono poche le donne che mi rivolgono la parola: la diffidenza è il carattere distintivo sull’altipiano; però qualcuna incuriosita dal gringo (lo straniero) c’è e si riescono ad intavolare belle chiacchierate da retrobottega.
Con un po’ di risentimento neppure troppo velato le mie vicine di banco mi raccontano di quando hanno dovuto “sposare” loro malgrado anche la famiglia del marito fin dal momento del fatidico sì sull’altare.
La famiglia allargata è infatti ancora molto diffusa fra le classi medio-basse e le donne vi entrano attraverso il matrimonio; suocere e cognate, oltre che al padre di famiglia, hanno ovviamente pieno potere decisionale e intervengono anche nelle questioni più intime della coppia di sposi. Assolutamente disdicevole viene conosiderato il tradimento femminile, mentre quello maschile è tollerato, anzi, guai a lamentarsi delle cosiddette “corna”, come di tutto il resto ovviamente! La figura femminile che emerge da questi racconti sembra completamente asservita a quella maschile e, benché rispetto al passato siano in aumento i divorzi, le violenze domestiche non sembrerebbero in diminuzione.
Quello che più fa tenerezza è vedere in prima battuta difendere i buoni vecchi costumi da “angelo del focolare” per infine confessare come in effetti una maggiore uguaglianza, sopraggiunta sull’onda del nuovo ordine economico e politico che la Bolivia sta vivendo in quest’ultimo decennio, stia in realtà alleggerendo la vita delle donne, in primis quella delle mie nuove amiche.
 
Stefano Russo
Servizio civile La Paz
ProgettoMondo Mlal Bolivia

OECAS
Le Organizzazioni Economiche Contadine (Organizaciones Económicas Campesinas Indigenas y Originarias - OECAs), sono formate da più gruppi di produttori uniti sotto lo stendardo delle lotte indigene e originarie (quest’ultimo termine molto caro al governo Morales parrebbe). Il loro obiettivo è costituire un’alternativa al modello neoliberale che esclude le famiglie contadine dal mercato e nega la diversificazione della produzione agricola generando, come scriveva già Eduardo Galeano nel 1970, fame, disuguaglianza e impoverimento del suolo.
I due obbiettivi fondamentali di queste organizzazioni sono infatti quello economico e sociale: il primo è rivolto a generare del valore aggiunto dalle piccole produzioni, mentre il secondo prevede la creazione di servizi come corsi di aggiornamento, assistenza tecnica ed attività associative per i membri delle famiglie contadine; entrambi gli obbiettivi sono volti a migliorare la produzione e il benessere sociale degli associati.
Attualmente, solo per dare qualche cifra, esistono 778 organizzazioni produttive che rappresentano più di un milione di famiglie indigene e originarie con rappresentanze nazionali, dipartimentali e settoriali.
Il 59% degli associati, contrariamente ad ogni previsione, è rappresentato da donne, mentre il 41% da uomini. Fra i settori produttivi, seppur maggioritaria, non vi è solo l’agricoltura (61%), ma anche allevamento (24%), artigianato (12%) turismo (2%) ed altri settori minoritari (1%).

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