Per un turista che visita paradisi terrestri come il lago di Atitlan o il sito Maya di Tikal, è facilissimo ignorare le donne che ancora credono che lo strabismo sia segno di bellezza e quindi mettono due pallini colorati sul naso delle neonate affinché esse diventino strabiche e belle e così possano un domani trovare un marito, e poi le lasciano dormire tra quattro pareti di lamiera con le galline che mangeranno a cena in un giorno di festa.
È facile non entrare mai in contatto con bimbi che a 12 anni hanno ucciso un uomo per conto di qualcuno che ha regalato loro una pistola, come fosse un giocattolo. Bambini che fin da piccoli devono fare i conti con i gringos (stranieri dalla pelle bianca) cattivi, persone che li rapiscono e li portano via, persone da temere e odiare.
Ma queste persone si perderanno così anche l’incontro con i bambini che ti saltano in braccio, ti regalano fiori e frutti, ti assalgono gioiosi per farsi fare una foto o farsi regalare una caramella. Questi si perderanno le madri che per fare una semplice foto di famiglia con degli sconosciuti, fanno vestire a festa tutti gli undici figli.
Sebbene sia vero che in Guatemala ci sono appena 12 famiglie che hanno in mano quasi la totalità della ricchezza del Paese, e che al potere ci sia un dittatore che fa i comodi degli Usa tramite i soprusi dell'esercito, il Guatemala appartiene a queste persone, ancora giustamente legate alle proprie tradizioni, ma sempre più volte al futuro, al progresso, all'autonomia da chi li sfrutta nelle fincas; alle persone che accolgono a braccia aperte chi è disposto ad aiutare chi ha bisogno e a migliorare ciò che necessita di un cambiamento, senza giudicare, senza pretendere alcunché, soprattutto senza avviare progetti faraonici che, una volta terminati, fanno ritornare la comunità al punto di partenza.
Con i suoi generosi abitanti e i suoi magici paesaggi il Guatemala mi ha stregata.
Paola D’Ursi
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