martedì 30 giugno 2009

Honduras: golpe contro una virata troppo "a sinistra"

“Non tira buon’aria in Honduras, e soprattutto qui a Tegucigalpa, città caotica per antonomasia, diventata in queste ore ancora più invivibile. Si vedono i cittadini prendere d’assalto i supermercati per fare scorte di viveri, come se in programma ci fosse lo scoppio di una guerra o una sommossa. Anche se i militari sono attualmente concentrati nella zona della Casa Presidenziale, e la loro presenza vissuta come palese, ingombrante e inopportuna, la vita scorre. Seppure con sempre maggiori difficoltà. E per il momento la luce non si intravede ancora”. Parole forti quelle che ci arrivano da Pino De Seta, Cooperante ProgettoMondo Mlal in Honduras, per il Programma “Giovani per lo Sviluppo”. Nella sua testimonianza ripercorre i motivi del colpo di stato in atto in questi giorni ai danni del presidente Zelaya.
“La destituzione attraverso un colpo di stato, del presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, è l’ultimo e più feroce attacco alla giovane e debole democrazia di questo piccolo stato del Centro America. In questi ultimi due anni, il Presidente Zelaya è stato ferocemente criticato sia da parte dei poteri forti (impresari, militari) sia dai suoi stessi compagni di partito (Partito Liberale) e deputati, per alcune scelte compiute. Come per esempio l’adesione all’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per le Americhe promossa da Hugo Chavez, presidente del Venezuela, e l’applicazione per decreto dell’innalzamento del salario minimo. Il partito non ha mai accettato la virata “a sinistra” del presidente, non ha mai voluto cambiamenti allo status e ai privilegi.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, e che di conseguenza ha provocato il golpe, è stata la decisione, presa 6 mesi fa da Zelaya, di voler consultare i cittadini per valutare se fossero d’accordo o meno all’installazione di una quarta urna insieme alle altre 3 previste per le elezioni generali amministrative e presidenziali, al fine di istituire una assemblea costituente che potesse elaborare una proposta di modifica alla Costituzione, che il congresso avrebbe dovuto gestire. A questo punto una sentenza di un Tribunale civile ha accusato Zelaya di non aver rispettato la Costituzione, che darebbe la competenza in materia Tribunale Supremo Elettorale. Zelaya ha perciò cambiato il decreto e trasformato la Consulta in “sondaggio di opinione” che, secondo la legge honduregna, sarebbe invece dovuto essere approvato dall’Istituto Nazionale di Statistica, processo che l’INS aveva iniziato. Tutto ciò si è rivelato inutile: la decisione di destituire Zelaya era stata già presa dalla oligarchia dell’Honduras. Era diventato un “presidente scomodo”, troppo. Ambiva a cambiamenti costituzionali che facevano paura, e solo per questo non avrebbe dovuto avviare tutto ciò.
A parte il grande incubo del golpe di stato in sé, allontanando il presidente dal Paese dopo averlo prelevato a notte fonda in pigiama con militari armati e incappucciati, la preoccupazione maggiore è ora la mancanza di reale informazione: molte televisioni private sono infatti state oscurate, e di tanto in tanto anche la CNN non trasmette. Le uniche televisioni che continuano a trasmettere sono quelle i cui proprietari hanno sostenuto direttamente il golpe. Tv che danno informazioni parziali, distorte e con tante bugie. Hanno persino detto in queste ore che gli USA avrebbero dubbi sul fatto che si tratti di un golpe, quando lo stesso Obama ha dichiarato alla CNN che “Zelaya è l’unico presidente riconosciuto”.
E anche il coprifuoco, fissato dalle 21 alle 6 del mattino, a detta del nuovo presidente serve per dare più sicurezza ai cittadini rispetto a ladri e bande criminali, anche se è chiaro che l’improvvisa introduzione di questa misura indica piuttosto l’intenzione di soffocare qualsiasi moto di protesta contro il nuovo governo”.

venerdì 26 giugno 2009

Perù: Pace fatta o tregua momentanea?

Negli scorsi giorni é stata firmata la tregua tra Governo e comunitá amazzoniche della selva nord del Perú. Il Parlamento ha accolto le richieste delle delegazioni indigene giunte a Lima senza il loro leader Alberto Pizango - al momento rifugiato in Nicaragua - e ha accettato di ritirare alcuni dei decreti legge al centro delle contestazioni popolari. Dopo mesi di rivolte, di blocchi stradali, decine di vittime tra cui 24 poliziotti e un numero ancora da definire di manifestanti – su cui alcune agenzie di difesa dei diritti umani stanno indagando – nella regione amazzonica la situazione sta lentamente tornando alla normalitá. La gestione della terra é di nuovo in mani legittime, almeno per il momento. Le colorite delegazioni indigene stanno lasciando la capitale, le strade prese d'assedio si stanno liberando. Restano comunque da chiarire la dinamica degli scontri e il numero effettivo delle vittime e la zona nella quale si sono prodotte le maggiori violenze rimane ancora interdetta agli organi internazionali di informazione.
Il governo, passata la burrasca, continua a traballare. Il premier Yehude Simon viene attaccato da tutte le parti politiche. Da un lato lo si accusa di non aver mantenuto il polso duro con le richieste degli indigeni, che danneggiano gli accordi sul commercio internazionale stabiliti nel Trattato di Libero Commercio Perù-Stati Uniti, dall’altro di non aver agito abbastanza in fretta per impedire le violenze e i morti del 5 giugno. Senza contare che vi sono ancora 7 parlamentari senza stipendio per 120 giorni, colpevoli solamente di aver proposto la sospensione dei decreti al centro delle polemiche.
Ma il risultato piú inaspettato e sorprendente che ha prodotto questa mobilitazione di massa va ben oltre il ritiro dei due decreti. In queste settimane si é consolidata una nuova alleanza tra la selva e la sierra peruviana. Le comunitá amazzoniche riunite in AIDESEP (Associazione Interetnica di Sviluppo della Selva Peruviana) e le comunitá andine, tanto diverse storicamente e territorialmente, sono accomunate da un estremo isolamento e una totale emarginazione rispetto al potere centrale. Un'alleanza tra le due minoranze etniche piú numerose del paese sarebbe in grado di minacciare seriamente il sistema politico ed economico peruviano. Una grossa fetta dell'economia del paese si nutre dello sfruttamento delle risorse naturali e dell'esportazione di materie prime di cui la regione amazzonica e la fascia andina abbondano.
Diametralmente opposti sono i motivi che portano la sierra e la selva allo scontro contro il Governo di Alan Garcia. I minatori delle montagne lanciano le pietre contro le grandi industrie minerarie che chiudono i battenti (a proposito di quanti ribadiscono che il Perú non sia ancora stato colpito dalla recessione), gli indios le lanciano contro il Governo che vuol dare carta bianca alle grandi societá per sfruttare le risorse della foresta.
L'aristocrazia imprenditorial-politica di Lima si é sempre ben guardata dal concertare i suoi accordi commerciali con le comunitá locali, e questa scelta ha creato una bolla economica, politica e sociale ormai difficilissima da gestire.

LUCA SARTORELLI casco bianco in Perù per ProgettoMondo Mlal

giovedì 25 giugno 2009

Conferenza Onu e Ong italiane per uscire dalla crisi

“Occorrono più risorse e un loro utilizzo responsabile, più democrazia nelle relazioni sociali e in tutte le istituzioni; serve ridurre le spese per gli armamenti per destinarne i dividendi di pace allo sviluppo e al benessere degli uomini; serve che l’economia e la finanza tornino ad essere attività e strumenti che rispondono a principi e valori e non viceversa”. A sostenerlo è Sergio Marelli, Presidente dell’Associazione ONG Italiane, intervenuto alla Conferenza che si è tenuta il 24 giugno al Palazzo di Vetro. Una Conferenza fortemente voluta dal presidente dell'assemblea delle Nazioni Unite Miguel d'Escoto per valutare, e soprattutto evitare, gli effetti della crisi finanziaria sulle già vulnerabili economie dei paesi più poveri. Oltre 100 le Ong intervenute ad applaudire un d'Escoto “molto distante dalla solita retorica degli interventi che si tengono al Palazzo di Vetro”. Ha continuato Marelli: “Dalla crisi si esce con una profonda revisione dei comportamenti e delle logiche che hanno sin qui caratterizzato il modello di sviluppo perseguito”.

martedì 23 giugno 2009

Comunicazione e Arte dalla parte dello sviluppo

Comunicare e informare per contribuire allo sviluppo. E non solo in un senso e in forma tradizionale, ma anche buttandosi con coscienza nella rete e creando relazioni, pur sempre virtuali, ma senz'altro più personali.
Secondo un recente dossier realizzato dalla più grande Federazione italiana di Organizzazioni Non Governative (Focsiv), le ong italiane sono un po' ritardo nel cogliere le potenzialità di luoghi di incontro come Blog, Youtube, Facebook, Flickr, Second Life, etc. Strumenti che, oltre a rendere più efficace la visibilità di progetti e attività della stessa organizzazione e ad aiutarla a farsi “nuovi amici”, possono raggiungere buona parte dei Paesi in via di sviluppo e incentivarne il progresso sociale ed economico. Spiega Sergio Marelli, Direttore Generale della Focsiv: “Nell’ambito dei nostri 870 progetti di sviluppo in 82 paesi nei Sud del mondo, grazie al lavoro dei nostri mille volontari FOCSIV, non manchiamo di dedicare attenzione anche a progetti di sostegno ai mezzi di comunicazione. Le radio comunitarie ad esempio, permettono di promuovere cultura e informare le popolazioni locali giungendo anche nei villaggi più sperduti”.
È da qualche mese che ProgettoMondo Mlal non si fa sfuggire le occasioni di mettere on-line foto e video, e di cercare di allacciare nuove relazioni, confronti, stimoli e collaborazioni. Come quella con Giuseppe Stampone, artista che lavora in assoluta sinergia con gli strumenti del Web 2.0 e che vede nell'associazione una sorta di social network che, con la forza della rete, non può che espandere le proprie progettualità. Da qui il percorso “Un viaggio della speranza”, iniziato con un video-installazione come riflessione e osservazione dei fenomeni migratori nel nostro tempo. Un viaggio che dal Marocco potrebbe arriva anche in Burkina Faso dove, nonostante manchino rete idrica ed elettrica, la telefonia mobile è presente su quasi il 90 per cento del territorio. Qui l'idea sarebbe di creare degli avatar che possano rappresentare le scolaresche locali su Second Life e in questo modo rovesciare il concetto comune di centro uguale nord, e periferia uguale sud. Un modo come un altro per aprire al concetto di diversità e rafforzare l'esperienza della relazione.

giovedì 18 giugno 2009

Da Rio: alcuni dati sulla violenza sessuale sui minori

A Rio de Janeiro e nella circostante regione metropolitana si registrano molti più casi di abusi rispetto a quelli di sfruttamento sessuale, che hanno una minore visibilità e raramente vengono denunciati. Ilaria Bessone, casco bianco di ProgettoMondo Mlal a Rio, ha partecipato a una serie di incontri finalizzati a divulgare i risultati del Diagnostico Rapido Partecipativo (DRP) e a formulare il Piano Operativo Locale. Il DRP è stato realizzato intervistando - tra l'ottobre del 2008 e il maggio del 2009 - entità già esistenti sul territorio, che offrono servizi di prevenzione e/o assistenza nei casi di violenza sessuale (ong, Consigli Tutelari municipali, centri di salute, polizia).
Dai dati raccolti, è emerso che il tipo prevalente di violenza sessuale a São João è costituito da abusi, nel 55% dei casi consumati all’interno della famiglia su bambine molto giovani, tra 0 e 6 anni. Solo il 13% delle violenze sessuali sarebbe invece riconducibile a sfruttamento che, nel 71% dei casi, riguarda adolescenti tra i 13 e i 17 anni. Anche i dati relativi a Duque de Caxias rivelano una bassa visibilità dello sfruttamento sessuale (solo il 2% dei casi registrati), rispetto ai casi di abuso interno alla famiglia (64%) e esterno (34%). Carlos Nicodemos, presidente di Projeto Legal che è partner di ProgettoMondo Mlal nel progetto “La strada delle bambine”, ha evidenziato l’importanza di un intervento in un contesto in cui le denunce registrate dal numero telefonico disque 100 sono aumentate del 65% tra il primo semestre del 2008 e il primo del 2009. Se da un lato questo può essere visto come un “buon” segno (sono in aumento le persone che denunciano le violenze), dall’altro si tratta di un dato piuttosto allarmante. Per questo il nuovo progetto intende affermare i diritti dei bambini e delle bambine non solo come vittime ma come cittadini e protagonisti attivi della loro storia e della lotta alla violenza, e mobilitare l’intera società per una maggiore protezione di bambini e adolescenti. “La strada delle bambine” potrebbe contribuire in modo significativo a una fase decisiva per la lotta alla violenza e allo sfruttamento sessuale nella regione metropolitana di Rio de Janeiro.

lunedì 15 giugno 2009

Insieme alla Coalizione Italiana contro la Povertà

I diritti umani di centinaia di milioni di persone nel mondo, sono minacciati dalla crisi economica e finanziaria e dai cambiamenti climatici. È drammaticamente a rischio l’esistenza stessa di queste persone. Il prossimo Summit del G8, che sarà presieduto dall’Italia, è un’occasione storica per ripensare le regole, le priorità e la sostenibilità dello sviluppo. La Coalizione italiana contro la povertà ritiene urgente che vengano modificate le priorità, le strategie e i numeri della politica e dell’economia internazionali. La Coalizione - conosciuta anche com GCAP (GLOBAL CALL TO ACTION AGAINST POVERTY) - è sostenuta da oltre 10 milioni di cittadini italiani, raduna più di 70 organizzazioni, associazioni, sindacati e movimenti della societàcivile italiana e internazionale. Tra queste c'è anche ProgettoMondo Mlal che aderisce all’obiettivo principale della Coalizione di dar voce alle richieste e alle necessità dei Paesi del Sud del mondo, affinché queste istanze vengano riconosciute e fatte proprie dall’Unione Europea, dalla comunità internazionale e dagli 8 Paesi più ricchi del mondo, venendo inserite nei documenti finali redatti dal G8.

venerdì 12 giugno 2009

Dalle Ong italiane in Perù, un appello per riaprire il dialogo

“La confusione più totale si abbatte sull’intero Perù.[...] Circa 2 mila persone delle comunità indigene, si trovano tutt’ora (9 giugno) bloccate nella zona degli scontri senza la possibilità di ritornare alle proprie abitazioni, in una sospensione dei diritti civili inaccettabile”. A dichiararlo sono le Ong italiane che lavorano in Perù – tra cui ProgettoMondo Mlal - in un appello rivolto “alle proprie sedi in Italia, all’Assemblea delle Ong italiane, al Ministero degli Affari Esteri e al Governo Italiano perché facciano sentire la loro voce per facilitare la riapertura, fra gli interlocutori peruviani, a tutti i livelli, di tutti i possibili canali di dialogo tra le parti”.
Si legge nella comunicazione: “Il tragico bilancio di questo fine settimana in Perù è di decine di morti, centinaia di feriti, migliaia di persone che si sono trovate senza protezione, braccate dalle forze dell’ordine; le organizzazioni indigene, screditate e azzerate; i vecchi pregiudizi verso le popolazioni originarie dell’Amazzonia rinvigoriti direttamente da alti esponenti dello Stato. Un dialogo politico che, pur tra posizioni diverse e contrastanti doveva essere portato avanti il più possibile, è diventato un’azione militare, con drammatici risultati. Purtroppo, ad oggi non si registra una volontà chiara da parte del Governo, del Parlamento, dello Stato in generale di riaprire il dialogo così vitale non solo per gli indigeni, ma per la democrazia e per il Perù”.
Nel dettagliato comunicato che fa luce sulle premesse alla base di tali tragici scontri e sulla gravità degli stessi, il coordinamento delle Ong intaliane in Perù ribadisce che – oltre a chiarire la dinamica di tutti gli avvenimenti sfociati nelle terribili giornate del 5, 6 e 7 giugno - “è indispensabile da subito ripristinare i diritti alla popolazione indigena bloccata a Bagua Chica, Bagua Grande e Jaen perché possano ritornare alle loro comunità d’origine con la dovuta protezione. Senza il riconoscimento e il rispetto, innanzitutto da parte dello Stato e di tutti i cittadini, delle molteplici identità presenti in un Paese come il Perù, non sarà possibile né sviluppo né democrazia”.

Sul nostro sito il comunicato completo

giovedì 11 giugno 2009

Alberto Pizango, un uomo in pericolo

Sará curioso osservare in questi giorni come la diplomazia peruviana reagirá nei confronti dell’ambasciata e del governo nicaraguense che, secondo fonti ufficiali, stanno concedendo asilo politico a Alberto Pizango, leader di AIDESEP, l'Associazione interetnica per lo sviluppo della foresta amazzonica peruviana che rappresenta piú di mille comunitá indigene sparse in tutto il paese. Nelle scorse settimane Evo Morales reagí molto duramente sulla decisione del governo peruviano di dare asilo a tre ex ministri del precedente governo boliviano accusati, tra le altre cose, di aver ordinato l'intervento armato per sedare le manifestazioni di La Paz del 2005, provocando una sessantina di morti.
Pizango per ora è riuscito a sfuggire al mandato di cattura che lo vede accusato di aver fomentato e provocato i recenti disordini sfociati nella terribile carneficina del 5 giugno. Il bilancio dei morti rimane a 33 indigeni e 24 poliziotti. Una proporzione perlomeno curiosa, visto che le armi piú pericolose utilizzate dalla popolazione in rivolta sono state lance e machetes. Alcune sparute testimonianze parlano di ripetute raffiche di armi semiautomatiche, attacchi con elicotteri della polizia e dell’esercito, lacrimogeni, corpi carbonizzati o gettati nelle acque del fiume Utcubamba. Analizzando la storia recente sugli infausti interventi delle forze dell'ordine in Perú, si nota una certa dimestichezza e consuetudine all'esercizio di occultare cadaveri velocemente, in fosse comuni o altre metodi che prevedono l'uso di kerosene o sacchi della spazzatura.
Da piú di due mesi dalla zona settentrionale della selva amazzonica peruviana giungono notizie di blocchi e picchetti che paralizzano le vie di comunicazione e impediscono l’accesso ai principali rifornitori di carburante. Le proteste, a carattere assolutamente pacifico, sono scaturite in seguito agli innumerevoli tentativi di dialogo falliti tra AIDESEP e il governo per trovare un accordo sul famigerato decreto legislativo 1090 per la gestione delle aree forestali.
In accordo con il Trattato di Libero Commercio con gli USA, il governo attuale ha promulgato l'anno scorso una serie di decreti che di fatto liberalizzano lo sfruttamento delle risorse naturali del paese, dall’oro al legname, senza dimenticare naturalmente il petrolio. Circa 45 milioni di ettari, ovvero il 60% della foresta amazzonica peruviana, verrebbero inclusi in questo pacchetto normativo. Inutile dire che questi provvedimenti sono stati adottati senza alcuna concertazione tra il governo e le comunitá native che da secoli abitano le foreste peruviane.
É importante che la comunitá internazionale tenga gli occhi bene aperti su ció che sta avvenendo in amazzonia e accerti il reale pericolo ecologico che soggiace nei decreti legati al libero utilizzo delle foreste indigene. Va garantita ad Alberto Pizando la possibilitá di difendersi dalle pesanti accuse che pendono sul suo capo.
Il governo peruviano dovrá affrontare e risolvere numerose questioni nel corso del complesso processo democratico che recentemente ha intrapreso, a partire dalla fuga e successiva condanna del dittatore Alberto Fujimori. Sicuramente la questione delle minoranze é uno dei nodi piú difficili. In molti segmenti della societá si trasuda discriminazione e razzismo nei confronti delle popolazioni indigene delle foreste e della zona andina. Lo si percepisce continuamente, basta osservare le politiche infrastrutturali, che priorizzano le strade della costa a quelle della sierra, o le politiche scolastiche, che non tengono conto delle altre realtá linguistiche oltre allo spagnolo, piuttosto che sanitarie, con la tragedia delle decine di bambini morti di polmonite e di freddo nelle montagne e il governo che parla di vaccino contro la febbre porcina. Basterebbe semplicemente dare un occhio alla televisione, agli annunci pubblicitari per rendersi conto di come vi siano due categorie distinte di persone nel paese: una che gode di ogni privilegio e beneficio e un’altra la cui vita vale molto meno di un accordo commerciale. I nativi e i poliziotti morti in questa strage annunciata ne rappresentano solo l'ultima e piú scabrosa manifestazione.

LUCA SARTORELLI casco bianco in Perù per ProgettoMondo Mlal

mercoledì 10 giugno 2009

Il Perù che insorge a tutela dell'ambiente

Alberto Pizango, leader delle proteste degli indigeni a difesa delle foreste amazzoniche, é riuscito a sfuggire al mandato di cattura da parte del governo peruviano. Pizango é accusato di aver fomentato e provocato i disordini che venerdí 5 giugno sono sono sfociati nella terribile carneficina che, a quanto pare, ha lasciato a terra 33 indigeni e 24 poliziotti.
Da piú di due mesi blocchi e picchetti stavano paralizzando le vie di comunicazione e i distributori di carburante nel nord del Perú, per protestare contro il famigerato decreto legislativo 1090 che regolerebbe la gestione e lo sfruttamento delle foreste e del sottosuolo. In soldoni il governo di Alan Garcia, senza consultare le comunitá native che da secoli popolano un terzo del territorio del paese, con questo decreto lascia in mano alle grandi multinazionali, soprattutto nordamericane, lo sfruttamento degli idrocarburi e della immensa ricchezza forestale dell’amazzonia. Una vecchia storia giá vista nel vicino Ecuador e in tanti altri paesi a scarso reddito e abbondanti risorse naturali.
Con una spietata mossa calcolatrice, il 9 maggio di quest’anno, nonostante le forti critiche da parte di buona parte del mondo intellettuale e delle ong locali e internazionali, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza in tutte le zone della protesta, lasciando di fatto pieni poteri alle forze di polizia. I risultati non si sono lasciati attendere. Le notizie sono ancora confuse e contraddittorie, ma alcuni testimoni parlano di 200 indigeni uccisi a colpi di arma da fuoco e fatti sparite in grandi roghi o nelle acque del fiume Utcubamba, e di 24 poliziotti torturati e uccisi, 11 di questi sgozzati.
Alcuni colleghi cooperanti belgi hanno pubblicato delle foto su flickr. Sono immagini crude, come é cruda la realtá che si sta vivendo a Bagua.

LUCA SARTORELLI casco bianco in Perù nel progetto "Ricostruiamo!"

venerdì 5 giugno 2009

Aiuto pubblico allo Sviluppo: quello europeo è solo lo 0,34% del PNL

“Dei 50 miliardi di euro di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) del 2008, circa 5 miliardi sono stati destinati alla cancellazione del debito, 2 miliardi sono stati spesi per l’accoglienza degli studenti stranieri e circa 1 miliardo per l’accoglienza e il rimpatrio dei rifugiati”. È quanto emerge dal rapporto annuale di Concord sullo stato degli aiuti allo sviluppo dei Paesi dell’Unione Europea, elaborato – nella parte italiana – da Action Aid Italia e dall’Associazione delle ONG Italiane, di cui fa parte ProgettoMondo Mlal. Concord è la Confederazione Europea delle ONG di sviluppo e di emergenza che rappresenta più di 1.600 organizzazioni della società civile supportate da milioni di cittadini europei. Il rapporto è stato presentato ai Parlamentari e ai candidati alle prossime elezioni europee durante un incontro pubblico realizzato dall’Associazione ONG Italiane con il CINI (Coordinamento Italiano Network Internazionali), il Comitato Italiano Sovranità Alimentare, il Forum Permanente del Terzo Settore e la Tavola della Pace. Scrivono riguardo ai dati emersi nel rapporto: “Ne consegue che il reale APS europeo ammonta a solo allo 0,34% del PNL (Prodotto Nazionale Lordo) totale e non allo 0,40% riportato nelle statistiche ufficiali. Per quanto concerne il 2009, inoltre, il Rapporto denuncia che alcuni Governi europei (Italia, Irlanda, Estonia) hanno tagliato il budget destinato agli APS, mentre la Lettonia ha sospeso il 100% delle sue attività a sostegno dello sviluppo. Tutto questo, in un contesto in cui la crisi economica attuale vede un drammatico declino degli investimenti stranieri nei Paesi in Via di Sviluppo, del commercio e una riduzione dell’efficacia delle rimesse”.

mercoledì 3 giugno 2009

Ong venete insieme contro la criminalizzazione dei migranti

“Gli immigrati non sono per definizione “delinquenti”, ma “persone” che fuggono dai loro paesi per povertà, per cercare un futuro e una speranza per loro e le loro famiglie. Sono esseri umani e come tali uguali in dignità e in diritti a qualsiasi cittadino italiano. Sono uomini, donne e bambini, che incontriamo ogni giorno nel nostro lavoro sul campo e che vedono nel nostro paese una speranza contro il buio e la sofferenza che si sono lasciati alle spalle. In questo senso ribadiamo che è altrettanto indispensabile l’impegno per creare e favorire condizioni migliori, che consentano a queste persone di condurre una vita dignitosa nel loro paese, di avere un lavoro, di potersi curare. Un lavoro che, come Ong, ci vede impegnati in prima linea, ma che i drastici tagli alle risorse destinate dall’Italia alla cooperazione internazionale pregiudicano gravemente”. Parole di don Dante Carraro, portavoce del gruppo delle Ong Venete e direttore di Medici con l’Africa Cuamm che lancia un appello – a cui ha aderito anche ProgettoMondo Mlal – per invitare a non rimanere in silenzio di fronte alla pericolosa deriva in cui il Decreto Sicurezza sta portando il nostro Paese. «Come Ong e associazioni di volontariato impegnate nella lotta alla discriminazione e alla povertà - continua don Carraro - non possiamo, quindi, accettare norme che calpestano i valori di solidarietà e accoglienza e alimentano paura, insicurezza e razzismo all’interno del nostro paese. Oggi abbiamo paura del diverso, quando invece le diversità nel colore della pelle, nella lingua e nelle tradizioni dovrebbero essere una ricchezza per il nostro paese. Per questo lavoreremo insieme per ostacolare questi provvedimenti e per creare le condizioni di una convivenza pacifica all’interno delle nostre città e del territorio dove operiamo, affinché i cittadini italiani siano esempio di apertura e accoglienza, di aiuto reciproco e di solidarietà nel rispetto delle diversità».

lunedì 1 giugno 2009

Solidarietà dal Trentino: Nel mio paese nessuno è straniero

Sette giorni di festa in quattro comuni del Trentino in nome della solidarietà e dell'integrazione. Dal primo giugno fino a domenica 7, una settimana di festa multietnica da vivere tutti insieme, grazie alla collaborazione di tante realtà del territorio interessate a privilegiare lo scambio sulla diffidenza, la conoscenza sull’ignoranza, all’insegna dell’integrazione e dei giovani. Mezzocorona e Roverè della Luna ci hanno messo l’idea, preparando il terreno con il Progetto Telemaco. Mezzolombardo e Nave San Rocco hanno subito aderito entusiasti portando in dote le loro scuole e i loro ragazzi. ProgettoMondo Mlal ha poi aggiunto i buoni ingredienti della Solidarietà internazionale. Ne è nato un interessante percorso educativo e di sensibilizzazione, portato avanti con pazienza e convinzione nelle scuole e nelle associazioni nei primi sei mesi dell’anno, che adesso culmina in una serie di appuntamenti tra mostre fotografiche, eventi culturali, dibattiti, proiezioni, incontri e conferenze e iniziative di puro divertimento.
Per maggiori informazioni scarica la locandina dell'evento.